Corriere della Sera, 28 marzo 2022
I russi hanno un problema di munizioni (e non da oggi)
Secondo le valutazioni di analisti occidentali, almeno il 60 per cento delle armi e del munizionamento impiegati dalle forze russe nella loro offensiva in Ucraina ha evidenziato gravi malfunzionamenti con una grande quantità di ordigni inesplosi. Si tratta di valutazioni basate sull’esame di quanto trovato sul terreno, la cui attendibilità, quindi, è ragionevolmente elevata e che fa sorgere seri dubbi sull’efficienza della macchina militare di Mosca.
Non è però una sorpresa: senza andare troppo indietro nel tempo, una situazione analoga si presentò durante il breve conflitto tra Georgia e Russia nell’agosto del 2008. Si trattava di una situazione che presenta singolari analogie con quella che stiamo vivendo in queste settimane: due territori rivendicati dai georgiani, l’Abkhazia e l’Ossetia Meridionale, dove fin dai tempi dell’Urss erano in corso scontri interetnici, avevano proclamato la loro indipendenza; Tbilisi lanciò un’operazione militare che provocò un pesante intervento russo. Il conflitto durò solo cinque giorni e si concluse con una disfatta delle forze georgiane, ma l’analisi degli eventi evidenziò che oltre il 50 per cento del munizionamento impiegato dalle forze di Mosca non esplose, principalmente a causa del pessimo stato di manutenzione delle spolette: le esperienze del passato dovrebbero essere lezioni per il futuro, ma sembra che la logistica delle forze armate russe non ne abbia tratto il necessario giovamento.
Esiste a monte un problema generalizzato di qualità. Gli uffici progetto dell’industria russa degli armamenti dispongono di qualità eccellenti, a volte al di sopra di quanto disponibile in Occidente: purtroppo però, quando si passa dai progetti ai prototipi e da questi ai prodotti in serie vengono alla luci gravi carenze nella qualità dei materiali e in quella dei processi di fabbricazione. Per i velivoli vengono utilizzate leghe del tutto analoghe a quelle impiegate in Occidente ma di qualità così scandenti da richiedere spessori doppi, con un incremento dei pesi a scapito delle prestazioni finali.
Un’altra conseguenza di questi insoddisfacenti livelli quantitativi è la scarsa vita operativa dei prodotti: il MiG29 Fulcrum, al suo esordio alla fine degli anni Settanta, inizio degli Ottanta, era una macchina stupefacente e tutt’ora conserva una rilevante capacità operativa, ma deve cambiare i motori dopo pochissime centinaia di ore di volo, il che moltiplica i costi e la complessità della logistica e di conseguenza la sua disponibilità operativa. In estrema sintesi: senza una logistica efficiente le guerre non si vincono e questo sembra proprio il tallone d’Achille delle forze russe.