Cos’ha messo nella valigia?
«Pochissimo, il vestito lo porta lo stilista. Due jeans, due t-shirt, una camicia bianca e una giacca nera, può sempre servire».
Da quanto non tornava negli Stati Uniti?
«Da febbraio, invitata da uno stilista a New York. Non era la città che ricordavo, mi è parsa sottotono».
Il cinema hollywoodiano ha nutrito il suo immaginario?
«Poco. Non sono cresciuta con il mito americano o dell’estero.
Cercavo una carriera nel mio Paese.
Da zia Patrizia ad andare a Hollywood, è un cerchio che si chiude».
Come è diventata la zia Patrizia, bella, depressa, in un mondo a sé?
«La mia agente mi manda al provino pensando siano poche scene, ero sul set di Lolita Lobosco. Giriamo quella dell’ospedale psichiatrico, Paolo mi sceglie. Si scopre che il ruolo era più lungo, ho dovuto incastrare i due set.
È stato un dono.
Nessuno aveva mai pensato a me per una donna con un disagio mentale, e tu non sei davvero bravo se non hai un ruolo per dimostrarlo».
Le scene di nudo?
«Sono molto timida, con l’età, ne ho 48, ho imparato a voler bene ai miei difetti. È stato difficile, ma sono stata protetta da un set blindato».
È stato più facile del set di “Eros” con Antonioni?
«Non c’è paragone. All’epoca ero giovane, fu una esperienza traumatica. Sono stata male, durante e dopo. Mi sentivo invasa, esposta. Ero acerba come attrice e non sapevo proteggermi. La recitazione era soffocata dal corpo.
Oggi ho la corteccia dell’esperienza. Ma ho grande affetto per quella ragazza e gratitudine per il maestro Antonioni, con lui ho fatto un salto professionale».
Ha lavorato con Antonio Capuano in “L’amore buio”, l’ha ritrovato come personaggio.
«L’ho subito riconosciuto leggendo la sceneggiatura».
Rispetto al Fabietto del film, quale è stata la frase che Capuano ha avuto per lei?
«Ci incontrammo per il film da Ciro a Mergellina. “Madonna e che faccio di te? Si troppo bella, troppo giovane, ma va, va”. Non era un complimento, cercava una mamma per questa ragazza e la cercava anonima. Ma il giorno dopo mi ha richiamato: “Se ti metto una parrucca e t’invecchio va buono?”
Gli ho detto di sì».
Capuano chiede a Fabietto “ma tu ce l’hai una cosa da raccontare?”. Lei ce l’ha?
«Oggi lo so, ma non mi va di condividerlo. Avevo un’urgenza di esprimermi, tirare fuori l’energia».
Ora è sul set di ‘Le indagini di Lolita Lobosco’.
«Sì, è un portafortuna, arrivato da mio marito. Aveva letto il libro e “prendiamo i diritti, questo ruolo lo faresti da dio”. Ho iniziato Lolita e mi ha chiamato Paolo, ho ricominciato ora e vado agli Oscar...»
Con Luca Zingaretti il sodalizio è sentimentale, ma anche creativo.
«Condividiamo tante cose, nel quotidiano, libri, viaggi, esperienze.
Ho imparato con gli anni, all’inizio è stato difficile, quando stai con un attore famoso tutto diventa fenomeno mediatico e poi io ero troppo immatura e fragile per chiederli consigli. Oggi abbiamo imparato la fiducia reciproca.
Abbiamo prodotto un cartoon sulle abitudini alimentari dei bambini a cui tengo moltissimo».
Quando ha capito che voleva fare l’attrice e come ha reagito la sua famiglia?
«A loro è preso un colpo. Sono cresciuta senza padre, ho perso nonno che per me era una figura molto importante, studiavo giurisprudenza ma ero in difficoltà, avevo attacchi di ansia prima degli esami. Ho incontrato un amico, che ho perso quest’anno, che in un percorso di rinascita si era iscritto a teatro e per sostenerlo sono andata con lui. È stato fatale».
Il momento più difficile e quello in cui è scattata una consapevolezza nuova?
«Quando mi sono fidanzata con mio marito, poi non ho più lavorato per tre anni. Neanche riuscivo a fare i provini, anche se venivo da parti da protagonista. Forse non c’erano i ruoli per me. Ho sofferto. Ma è servito, seguendo Luca sui set ho imparato tanto. La presa di consapevolezza è stato un processo lento. Ma sul set di Luisa Spagnoli ho capito che, anche dopo la maternità, avevo una profondità diversa, mi sentivo completa».
Le cose più folli che ha fatto?
«Le ho fatte a vent’anni. Ma dietro questo aplomb di donna matura c’è ancora una matta scocciata, lo sanno le mie figlie che dietro la severità c’è anche una madre ragazzina, che fa la bacchettona e poi le facce buffe e dice “ma stavo a scherzà....”».