La Lettura, 27 marzo 2022
Vernici e luci al neon per rifare Tiziano
La passione di Palazzo Grimani per Tiziano nasce con Archinto, mostra in dodici atti (quante sono le tele esposte) di Georg Baselitz, prorogata fino a novembre, che vuole celebrare Venezia e «la sua ricca tradizione artistica»: il titolo cita l’enigmatico ritratto del cardinale Filippo Archinto che Tiziano aveva dipinto nel 1558 (oggi al Philadelphia Museum of Art). La stessa passione si alimenta con The Flaying of Marsyas, un ciclo di undici nuovi lavori dell’americana Mary Weatherford: realizzate tra gennaio e marzo 2021, le grandi tele (236,2 x 200 centimetri) si ispirano alla Punizione di Marsia (1570-1576), sempre di Tiziano, del Museo Arcivescovile di Kromeriz (Repubblica Ceca) e saranno esposte dal 20 aprile al 27 novembre al secondo piano di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa.
Il Tiziano di Baselitz e quello di Weatherford (entrambe le mostre sono prodotte da Gagosian e organizzate in collaborazione con la Direzione regionale Musei del Veneto e la Fondazione Venetian Heritage diretta da Toto Bergamo Rossi) si troveranno in qualche modo a sfidare idealmente la Biennale d’arte che apre il 23 aprile per chiudere il 27 novembre.
A fare da collante ci sono poi gli affreschi di Francesco Salviati (1510-1563) con il Mito di Marsia che decorano il soffitto del Camerino di Apollo, ulteriore legame tra Grimani e Weatherford che, spiega a «la Lettura», di Tiziano «ho tradotto il carattere violento del suo tema mitologico in forma più spontanea, alludendo al destino, all’alterigia, al rapporto tra umano e divino e utilizzando la vernice Flashe e le luci al neon per restituire l’effetto della tela antica». Attualizzando così la storia del satiro che aveva osato sfidare Apollo in una gara che opponeva il doppio flauto, in cui era maestro, alla lira suonata dal dio che, una volta vincitore, lo avrebbe scorticato appendendolo a un albero.
Si tratta di un’opera tarda di Tiziano, un’opera cruda e di violento impatto, nella quale il dolore di Marsia, scorticato vivo, viene trasposto direttamente nello stile scelto per rappresentare la scena. Il pennello stesso sembra scorticare la tela, alla scena di dolore e strazio vengono aggiunti strumenti musicali e personaggi che assistono alla punizione senza quasi avvedersene. Mida, il personaggio posto sulla destra del dipinto con fare pensieroso, è probabilmente un autoritratto di Tiziano mentre la scelta di dipingere questo frammento di mitologia greca è probabilmente derivata dalla violenta morte di Marcantonio Bragadin, militare della Repubblica di Venezia: nominato nel 1569 rettore della città di Famagosta, sull’isola di Cipro, sotto assedio dei Turchi per più di due anni, dopo la resa, Bragadin venne catturato, gli furono mozzate le orecchie, rinchiuso per dodici giorni in una gabbia lasciata al sole per poi essere scuoiato vivo il 17 agosto 1571.
Quello di Marsia è dunque un mito violento che, prima di Mary Weatherford (nata a nel 1963 a Ojai, in California, vive e lavora a Los Angeles) aveva già affascinato Guercino, Tiepolo, Raffaello, Perugino, Palma il Giovane, Mantegna (che in un suo bronzetto avrebbe avvicinato Marsia a San Sebastiano) e più recentemente Francesco Vezzoli che nel 2015 si è auto-ritratto, in un scultura di poliuretano bianco simil-marmo, come Apollo mentre scortica il satiro. Fino, più prosaicamente, ad Hannibal Lecter, il serial killer-antropofago protagonista del Silenzio degli innocenti di Jonathan Demme (1991): «Quando tornerà a Washington – dice alla giovane recluta Clarice Starling – vada alla National Gallery e guardi Apollo che scuoia Marsia di Tiziano, prima che rimandino il quadro in Cecoslovacchia. Tiziano era meraviglioso in fatto di dettagli, guardi il premuroso Pan che porta il secchio d’acqua». Hannibal non è uno storico dell’arte, ma apprezza molto (lo dichiara nel film) le Crocifissioni di Duccio da Boninsegna e La zattera della Medusa di Théodore Géricault.
Come sempre la pittura di Weatherford è radicata alla sua esperienza personale («Il mito e l’archetipo sono stati spesso l’ispirazione per i miei lavori») ed evoca una varietà di ambienti urbani e rurali attraverso la sperimentazione con la luce, il colore, la struttura, il gesto e l’interazione tra la superficie dipinta ed elementi tridimensionali. Nelle sue opere più note (La noche, 2014; Past Sunset, 2015) strati di emulsione vinilica Flashe sono applicati a spugna su pannelli di lino pesante sormontati da tubi di vetro al neon, materiale che Weatherford ha iniziato a utilizzare nel 2012 traendo ispirazione da vecchie insegne luminose ancora visibili a Bakersfield, in California, dove allora lavorava come artista ospite.
Con The Flaying of Marsyas si completa dunque quella contaminazione tra arte classica e contemporanea che caratterizza l’attuale programma espositivo di Palazzo Grimani: così il piano nobile ospita attualmente le mostre Domus Grimani, che si concentra sul ritorno delle statue classiche della collezione Grimani nel palazzo, e Archinto di Baselitz. Domus Grimani celebra il ritorno della collezione di sculture classiche che aveva lasciato il palazzo nel 1594 dopo la morte del suo proprietario, il patriarca Giovanni Grimani, per essere donata alla Repubblica di Venezia, un ritorno iniziato con le statue della Tribuna e la camera delle antichità di Giovanni e proseguito con il riallestimento della Sala del Doge. Realizzate espressamente per la Sala del Portego, collocate in cornici settecentesche a stucco, dove fino alla fine del XIX secolo campeggiavano i ritratti della famiglia Grimani, le tele di Baselitz, grazie a uno speciale accordo, rimarranno invece in comodato a lungo termine al museo per concessione dell’artista tedesco.
«Il mio incontro con la Punizione di Marsia risale al giugno 2013 – racconta Mary Weatherford —: era esposta in una delle ultime sale della straordinaria mostra dedicata a Tiziano alle Scuderie del Quirinale a Roma curata da Antonio Paolucci. Quando l’ho vista per la prima volta ero sola e il devastante peso morale di quel dipinto mi ha colpita, in quella eccezionale solitudine, con tutta la sua forza». Perché proprio un Tiziano tardo e non quello più classico e in qualche modo più solare? «I lavori del Tiziano più maturo, come la Punizione ma anche come laSepoltura di Cristo del Prado, sono radicali, la loro superficie si scinde in un’abbagliante serie di segni dipinti con le dita che letteralmente preannunciano il Modernismo». È stato amore a prima vista? «Sì, ho subito pensato che un giorno avrei costruito un’intera mostra ispirandomi alla Punizione. Poi nel gennaio 2020 ho sentito l’urgenza definitiva di produrre, lavorando su quelle nove figure tutte compresse in una stessa scena che era sì violenta, ma allo stesso tempo stranamente calma».