La Lettura, 27 marzo 2022
Cronache giornalistiche di Billie Wilder
Genio, forse, si nasce, ma sicuramente Billy Wilder si diventa. Anche facendo il giornalista. È la prima «scoperta» che ci regala Inviato speciale. Cronache da Berlino e Vienna tra le due guerre (a cura di Noah Isenberg, traduzione di Alberto Pezzotta, La nave di Teseo, pp. 272, e 20), che raccoglie una buona parte degli articoli che il giovane Samuel Wilder – chiamato dalla mamma Billie in onore di Buffalo Bill – scrisse tra il settembre 1925 e il novembre 1930 (oggi, 27 marzo è il ventennale della morte, era nato nel 1906 in Polonia). La seconda «scoperta» è che la sua futura carriera cinematografica, prima come sceneggiatore poi come regista, iniziata in Germania e in Francia per proseguire dal 1934 a Hollywood, può essere considerata «un frutto del suo lavoro come giornalista nella Vienna tra le due guerre e nella Berlino della Repubblica di Weimar», come scrive il curatore del volume. E senza alcuna esagerazione perché basta leggere i suoi articoli per accorgersi che quello spirito arguto e salace, quella capacità di restituire un personaggio attraverso poche e precise battute, quello sguardo che sapeva fissarsi su un particolare per identificare da subito un carattere o un comportamento e che avrebbero reso unico il suo cinema sono già presenti qui, nei suoi scritti.
Noah Isenberg arriva a suggerire collegamenti puntuali tra ambienti o situazioni al centro dei suoi articoli e scene o personaggi che poi diventeranno film, ma anche il lettore che non conosce a menadito la sua filmografia può trovare mille spunti divertenti. A cominciare proprio dal lungo pezzo – autofiction si direbbe oggi – in cui Wilder ricorda la sua carriera di ballerino a pagamento, l’attività che gli permise, appena arrivato a Berlino, di sbarcare il lunario. Ventenne, aveva lasciato Vienna per seguire il jazzista Paul Whiteman, che aveva intervistato e che lo aveva invitato al suo concerto nella capitale tedesca. Ma poi come vivere con «la padrona di casa che spuntava dietro la porta brandendo il conto degli arretrati?». Per fortuna a Potsdamer Platz incontra un amico viennese che si ricordava della sua abilità nella danza e lo introduce nel mondo dei ballerini che accompagnano donne sole o con mariti sedentari a volteggiare sulle piste da ballo. Il resoconto di quei due mesi di lavoro sembra già il canovaccio per una commedia delle sue.
Diviso in tre parti, il volume raccoglie prima una serie di reportage dove il giornalismo s’intrecciava a riflessioni non prive di spunti caustici e invenzioni personali che variano dal resoconto di un viaggio a Venezia a quello di un volo notturno fino ai primi approcci con l’industria del cinema. La seconda parte è dedicata a interviste e ritratti di personaggi dello spettacolo ma non solo (le «dieci domande» al multimilionario Cornelius Vanderbilt jr. sono un piccolo gioiello) mentre L’arte delle recensione breve propone brevissimi articoli dedicati a film o spettacoli teatrali dove punzecchia anche Erich von Stroheim (che Wilder chiamò trent’anni dopo per il suo Viale del tramonto). Sempre però dimostrando quella piacevolezza e quell’intelligenza che poi trionferanno anche nei suoi film.