La Lettura, 27 marzo 2022
Per i virologi narcisi serve un vaccino
Iatrodemia, che significa? È un neologismo: «iatrogeno» si dice di un danno o di una malattia attribuibili a un intervento terapeutico. Allo stesso modo, la sovraesposizione dei medici nei talk show ha provocato un effetto opposto a quello desiderato: la perdita di fiducia nei confronti della medicina e dei suoi rappresentanti: iatrodemia, appunto.
Non sono sicuro che sia una buona idea intitolare un libro con un neologismo complesso che probabilmente farà poca strada, ma il tema del libro è estremamente importante. Iatrodemia. Vizi e virtù dei medici in tv, edito da Piemme, è un dialogo tra un medico di chiara fama, Paolo Nucci, ordinario di Oftalmologia, e uno studioso di comunicazioni, Massimo Scaglioni, ordinario di Storia ed Economia dei media. I due hanno analizzato, con i più sofisticati strumenti delle rispettive discipline, un fenomeno che ci riguarda da vicino: la medicina pop.
Il coronavirus, tra gli altri danni, ci ha fatto scoprire quanto il nostro senso civico sia nelle mani dei talk show, il genere più fatale oggi in circolazione perché ha inevitabilmente trasformato l’opinione («Il problema non è di comunicare una opinione ma di averla», diceva Giuseppe Pontiggia) in chiacchiera da bar. La televisione si è creata un formidabile meccanismo di autoassoluzione, soprattutto attraverso il regime degli opinionisti. I quali non si rifanno mai a un criterio solido, di scienza e di coscienza. No. Condannano, assolvono, disapprovano, perdonano a seconda delle circostanze. Sono moralizzatori (non moralisti) assoldati dalla televisione per giustificare tutto quello che succede in video, a volte fingendo persino di essere in disaccordo. Questo slavato opinionismo ha il solo compito di tenere deste la lagna e l’indignazione.
Nella circostanza angosciosa della pandemia, il talk ha umiliato soprattutto i virologi, gli epidemiologi, gli infettivologi (non tutti, per fortuna), insomma i medici di cui nel momento più tragico avremmo avuto più bisogno. La televisione li ha messi l’uno contro l’altro, ha solleticato il loro narcisismo, ha provocato scontri verbali, sopravvalutazioni del fenomeno, sottovalutazioni del medesimo, lunghissimi dibattiti, una sorta di suppurazione di presenzialismo. Oneri e onori pandemici.
Scrive Nucci: «La medicina è antidemocratica, non si regola con il consenso e non dipende da ciò che la maggioranza decide. Non si sceglie in maniera elettiva il miglior chirurgo e nel nostro campo dovrebbe esistere, auspicabilmente, il governo dei migliori. Si tratta di una aristocrazia della qualità e dell’esperienza, altrimenti invito chiunque a sottoporsi a un intervento di cataratta realizzato da chi è votato e non da chi è abilitato!».
Ma siamo certi che i virologi, gli epidemiologi, gli infettivologi (il reparto dei migliori?), con la loro continua presenza in televisione, con una buona dose di autocompiacimento, con le abituali polemiche e invidie accademiche abbiano svolto un buon lavoro? Litigando fra di loro, e non sempre su evidenze scientifiche, ci hanno confuso, illuso, depresso. Il coronavirus li aveva messi al centro della scena mediatica e abbiamo sperato di tutto cuore che sapessero indicarci come vincere il maligno e riportare un po’ di serenità nelle nostre vite squassate dalla pandemia. Dopo anni di oscuro lavoro negli ospedali, questi medici avevano finalmente la possibilità di farsi conoscere, di conquistare un momento di celebrità. Alcuni, invece, hanno dato la sensazione di passare più tempo in televisione che nelle corsie degli ospedali.
A furia di essere protagonisti, di contraddirsi, di accettare le regole dei talk show hanno creato confusione e sfiducia nella scienza.
Per fortuna, il libro termina con una sezione dedicata alla prevenzione e cura, una sorta di decalogo della comunicazione medica in televisione, basato sulla competenza, sul contraddittorio, sulla moderazione, sulla responsabilità. Purtroppo non esiste ancora una medicina per combattere il narcisismo e l’opportunismo. Mai, però, disperare nella scienza.