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 2022  marzo 27 Domenica calendario

Carolina Crescentini si racconta

Cagna maledetta. Con Carolina Crescentini, 41 anni, non si può partire che da lì, dal marchio indimenticabile affibbiato alla sua Corinna Negri, il personaggio dell’attrice incapace e raccomandata della serie culto Boris (nata nel 2007, dopo tre stagioni e un film, nel 2021 ne è stata girata una quarta per Disney+, prossimamente online), un gioiello firmato dallo scomparso Mattia Torre che quindici anni fa rivoluzionò il linguaggio della fiction italiana. 
Sia sincera, quelle due parole associate al suo nome sono mai state un problema?
«Mai, giuro. Ne sono fiera (scoppia a ridere, ndr). Sono talmente fan di quella serie e di quel personaggio, che quell’insulto non mi irrita affatto. Anzi, mi diverte ancora oggi. Certo, a volte ci sono fan invadenti che esagerano, ma per fortuna sono dotata di autoironia e sto al gioco. Forse me lo chiede perché non sa cosa dicono all’attore che interpretava lo stagista (interpretato da Alessandro Tiberi, ndr)».
Cosa?
«Merda, come nella scena che impazza sul web. Lo fermano per strada e gli dicono così».
Nella realtà quante ne ha incontrate?
«Tante. E anche tanti cani, ovviamente. La cosa più sorprendente è che sul set, dall’inizio alla fine della lavorazione, sono queste persone a rompere più le palle. Chissà quale meccanismo scatta nelle loro teste, ma più sono incapaci e più si lamentano e creano problemi. Quelli bravi veramente lavorano e basta».
Il caso peggiore?
«Non posso nominarla, ma una volta ho lavorato con un’attrice che ha fatto saltare tutti i tempi di produzione. La troupe la detestava perché per colpa sua ogni giorno si finiva tardissimo. Non la volevano più vedere e sono stata costretta a mediare, altrimenti non se ne usciva».
Chi era?
«Per carità, come faccio? Comunque si creò una situazione assurda. Il nostro è un lavoro di squadra, e se non c’è rispetto non si va da nessuna parte. Io posso anche fare il fenomeno, ma senza i fonici, gli operatori e tutti gli altri, ogni sforzo è inutile. Ecco, quando incontri una così speri solo di non ritrovarla un’altra volta».
Da ragazza, nella sua stanza, sognava tutto questo?
«No. Volevo scrivere per il cinema, fare la sceneggiatrice o la critica. Poi per curiosità ho iniziato a studiare recitazione e mi si è aperto un mondo di emozioni». 
Certo. Che in pratica vuol dire...?
«Entrare in altre vite. Una volta sono stata un’addestratrice di delfini, un’altra ancora ho imparato ad andare a cavallo, un’altra ancora mi sono ritrovata zoppa... Quando l’avrei mai fatto?».
La cosa di cui va più fiera?
«Boris e L’industriale di Giuliano Montaldo, film del 2011, autore con il quale avevo già lavorato in I demoni di San Pietroburgo del 2007. Esperienza molto intensa. Il protagonista maschile era l’attore serbo Miki Manojlovi, bravissimo, che recitava in francese, lingua che non conosco. Ci siamo capiti meravigliosamente con un nostro linguaggio segreto. Roba da lacrime. Lo dico perché io davvero non volevo recitare, mi vergognavo. Da ragazza avevo problemi a parlare».
Cioè?
«Non pronunciavo bene certe lettere come la s e la c, cosa che unita alla mia timidezza non mi faceva mai sentire all’altezza delle situazioni. Mi salvò un logopedista, però mi è rimasta la voglia di essere sempre preparata».
Poi, chi l’ha aiutata all’inizio?
«Cathy Marchand, attrice storica del Living Theatre, che al Centro Sperimentale mi ha spinto a lasciarmi andare, e Piero Tosi, il grande costumista. Finite le mie lezioni mi faceva fare la modella dei suoi bustini settecenteschi. Una tortura: stringendoli, mi toglieva il fiato. Carolina, nel 
Gattopardo Claudia Cardinale aveva 53 cm di girovita, mi diceva».
E lei quanto misurava?
«Sessanta. Mi diceva che dovevo mangiare solo pesce e bere champagne. Vorrei fare il nome di Gabriele Muccino».
Perché?
«Con lui nel 2018 ho girato A casa tutti bene. È bravissimo a dirigere. Sa tirare fuori il meglio da ogni attore. Ci caricava come pazzi. Per me è stato una rivelazione».
Perché uno come lui è così avversato da certi ambienti del cinema?
«Facile. Ha talento, ha carattere, ha avuto successo in Italia e in America. E non frequenta certi salotti».
Perché nel 2019 con Motta si è sposata due volte?
«Lui me l’aveva chiesto spesso, ma non credevo che parlasse seriamente, finché non si è inginocchiato ed è stato impeccabile. Ci siamo sposati subito, a New York, in 24 ore. Un atto romantico di due pazzi, vestiti con i pantaloni di pelle, senza nessuno intorno e un officiante un po’ così».
Così come?
«Come uno delle Poste. La seconda cerimonia in Toscana è stata solo simbolica, ma molto sentita. Una vera festona che ha unito noi e le nostre due comunità di parenti e amici».
Poco dopo è arrivato il Covid e i vari lockdown: vi siete subito sbranati?
«Nooo... È stata tosta anche per noi, ma è andata bene. Certo, quando – lavorando alla colonna sonora del film di Claudio Copellini La terra dei figli – mi faceva sentire un violoncello drammaticissimo, gli dicevo che forse era meglio qualcosa di più leggero».
Lei canterà mai? 
«Mai. Solo sotto la doccia».
Con la tentazione di una regia come è messa?
«Ci sto pensando. Sul set chiedo tutto a tutti, voglio arrivarci preparatissima. Ma ci vuole una buona storia. Per questo spio, prendo appunti, rielaboro. Scrivo tanto. Ne avevo trovata una interessante ma poi l’autore ha fatto così tanti problemi che ho lasciato perdere. Non ci siamo capiti».
È stata fraintesa spesso?
«A volte qualcuno, dopo avermi conosciuta un po’, mi dice: ma lo sai che ero convinto che tu fossi una stronza?». 
E quando lo diventa?
«Di fronte a un’ingiustizia mi si chiude il cervello e divento pericolosa».
L’errore peggiore fatto finora?
«Scappando da storie d’amore sbagliate ho fatto soffrire».
È più coraggiosa o incosciente?
«Non lo so. Forse coraggiosa. Mi lancio in tutto, però».
La cosa più stupida che fa online?
«A volte cerco un po’ di cose su di me, ma non sono così egocentrica da perderci tanto tempo. Non sono fissata. Ultimamente ho trovato dei meme di Corinna favolosi».
La lista delle rivincite da prendere è lunga?
«No. Voglio solo tornare a viaggiare. Non ce la faccio più a stare ferma sempre nello stesso posto. Conoscere gente nuova mi spalanca il cuore».
Prossime mete?
«Vorrei vedere Vietnam e Indonesia. L’ultimo che ho fatto è stato in Australia: bellissima. La consiglio davvero a tutti. Bisogna fare attenzione ai canguri, però».
Ai canguri?
«Sì. Come si va fuori dalle città se ne incontrano tanti. Menano come fabbri».