la Repubblica, 27 marzo 2022
Mihajlovic e il ritorno della leucemia
BOLOGNA – Si rifugia ancora nelle sicurezze del lessico famigliare. Stavolta la malattia «bastarda e subdola» Sinisa il duro non la fermerà «in scivolata come un avversario lanciato, ma giocando d’anticipo». Quasi tre anni fa, occhi umidi e voce rotta davanti alle telecamere, Mihajlovic sfidò la leucemia come fosse alla vigilia di una finale: «Rispetto la malattia, ma so che vincerò. L’affronto col petto in fuori e guardandola dritta negli occhi». Il gergo quotidiano e spaccone dello sport. “Pastorello canta quando entra nel bosco” diceva un altro guru balcanico, Aza Nikolic, considerato il padre della pallacanestro jugoslava. «Si vede che è una malattia molto coraggiosa – bulleggia oggi l’allenatore del Bologna, 53 anni – per aver ancora voglia di affrontare uno come me: io sono qua, se non le è bastata la prima lezione gliene daremo un’altra. Questa volta non piango, so cosa fare». E soprattutto lo sanno i medici del Sant’Orsola, dove verrà ricoverato da domani in una stanza “ancora più grande” già attrezzata per farlo ancora allenare a distanza. Da una settimana girava voce in città che Sinisa stesse di nuovo male e ieri ha voluto dare lui l’annuncio in una conferenza stampa convocata al volo, con la consueta encomiabile schiettezza, per spiegare che le ultime analisi hanno fatto suonare “campanelli d’allarme” e i dottori hanno deciso un percorso terapeutico per evitare la recidiva della leucemia mieloide acuta. La prima reazione del serbo era stata ottima, tanto da far spendere incautamente la parola “guarito”. Da quel 13 luglio del 2019 sono passati solo 32 mesi, non i 60 del protocollo. L’immagine di Mihajlovic in panchina a sorpresa, alla prima di campionato dopo un mese e mezzo di ospedale, aveva fatto il giro del mondo. Non aveva avuto pudore né paura, qui sì altro che chiacchiere, nel mostrarsi tanto fragile e debole, ma orgogliosamente sulla sua tolda. Al trapianto di midollo (da donatore americano) arrivò il 29 ottobre dello stesso anno, data che ora definisce il suo secondo compleanno (“Sono nato a Vukovar nel 1969 e rinato a Bologna nel 2019”) da festeggiare con tutta la squadra e gli amici. L’ultima volta c’era pure Gianni Morandi a cantare con lui Io vagabondo, la stessa intonata – più o meno – insieme a Ibrahimovic sul palco di Sanremo ‘21. Il ritorno alla vita in questi anni Sinisa lo ha celebrato con fierezza e voracità ogni giorno: un libro, le tante interviste in tv, le campagne per i malati oncologici, una nipotina e soprattutto tantissima normalità. Che per Mihajlovic significa anche provocare e polemizzare intorno ai fatti del campo e pure fuori, perché tutto quell’insolito affetto – ritornato potente ieri – l’aveva fatto sentire ancora più malato, e non vedeva l’ora di tornare a essere vivo e divisivo. Questo improvviso rientro ai box cade in un momento però diverso, sportivamente e non solo. Basti pensare che mentre in ospedale i medici si confrontavano sul da farsi, analisi in mano, i media si occupavano del confronto tra Mihajlovic e il suo presidente, l’italocanadese Joey Saputo, deluso dai risultati e indeciso sulla riconferma di un contrattone firmato fino al 2023. Tre anni fa Sinisa era al top della sua popolarità e onnipotenza sotto le Due Torri, dopo aver salvato miracolosamente in corsa la squadra issandola addirittura al decimo posto, miglior piazzamento dell’ultima grigia decade. I tifosi salirono in pellegrinaggio a pregare per lui la Madonna di San Luca, il Comune decise di conferirgli la cittadinanza onoraria, travolto anche l’ex sindaco da quell’onda emotiva impetuosa e bellissima. Poi, tutti felici del lieto ingannevole fine, allora son venuti fuori i malumori. A molti bolognesi quella cittadinanza onoraria non pareva opportuna (con tanto di raccolta firme contrarie) per l’amico del criminale di guerra Arkan. Così come l’endorsement per la Lega alle regionali 2020: dov’era la gratitudine per il sistema sanitario che lo aveva salvato? In campo le cose sono andate sempre peggio: qualità di gioco e risultati sempre più modesti, fino all’attuale anonimato del dodicesimo posto, con qualche smargiassata e polemica di troppo. Inoltre non ha mai mancato, Sinisa, di mettersi in vetrina ogni estate in attesa di una panchina migliore. E agli occhi di molti tifosi anche ciò è sembrato ingrato. «Continuate a giudicarmi sul campo» ha detto Sinisa ieri, andandosene verso la sua inattesa partita di ritorno.