la Repubblica, 27 marzo 2022
Che dice Medvedev
dalla nostra inviata MOSCA – La sua parentesi al Cremlino aveva fatto sperare in un “Reset” delle relazioni all’allora amministrazione Obama e in un Paese più moderno e liberale agli elettori russi. Tanto che dieci anni fa migliaia di moscoviti protestarono in piazza Bolotnaja quando, invece di ricandidarsi per un secondo mandato, si fece da parte per lasciare nuovamente la poltrona a Vladimir Putin e tornare a fare il premier. Primo leader a non avere legami né con il Partito comunista, né con i servizi segreti, Dmitrij Medvedev sembrava un’alternativa più democratica. Oggi vicecapo del Consiglio di sicurezza, l’ex premier e presidente usa invece parole infuocate minacciando l’uso delle armi nucleari contro l’Occidente e il ritorno della pena di morte. «Nessuno vuole una guerra, tanto meno un conflitto nucleare che è una minaccia per l’esistenza della civiltà umana in generale. Tuttavia è ovvio che la minaccia esiste sempre», ha dichiarato ieri da “ex comandante-in-capo” in un’intervista a tutto tondo a Ria Novosti. È «folle» credere, ha poi proseguito, che le sanzioni occidentali anti- russe possano influenzare il Cremlino. «Può uno di questi uomini d’affari avere il minimo grado d’influenza sulla leadership del Paese? Ve lo dico apertamente: no, in nessun modo». Medvedev ha poi lanciato un messaggio a quegli oligarchi, pochi, che hanno preso le distanze dal governo. «Non potete prendere posizione contro lo Stato in una così difficile situazione, perché è tradimento», ha detto riecheggiando le parole di Putin su “quinta colonna”, “feccia” e “traditori”. E, infine, per la seconda volta in un mese, ha ventilato la possibilità di revocare la moratoria sulla pena di morte ora che la Russia si è ritirata dal Consiglio d’Europa e dunque non deve più rispettare le convenzioni europee sui diritti umani. Nei giorni scorsi aveva anche prospettato la possibilità di tagliare le relazioni diplomatiche con l’Occidente. «Possiamo guardarci nei binocoli o nei mirini». E aveva scritto un testo su Telegram che aveva raggelato Varsavia: «Prima o poi i polacchi capiranno che l’odio verso la Russia non rafforza la società, non contribuisce al benessere o alla pace». Gli interessi dei polacchi – aveva aggiunto prendendosela con il premier Morawiecki – «sono stati sacrificati alla russofobia di questi politici mediocri e dei loro burattinai d’oltreoceano con chiari segni di follia senile».