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 2022  marzo 26 Sabato calendario

Le lettere d’amore di Karl Barth con la segretaria

Leggere un carteggio privato, non destinato dai suoi autori alla pubblicazione, crea sempre un certo imbarazzo: ci si sente un po’ voyeuristi. Che cosa, allora, ha indotto Fulvio Ferrario e me a curarne e tradurne una scelta e a pubblicarla in Italia? Dietro alla pubblicazione di Un amore. Lettere 1925-1935, c’è certamente l’idea che conoscere meglio la vita personale di Karl Barth e della sua «segretaria» Charlotte von Kirschbaum avrebbe potuto consentire uno sguardo diverso anche sull’opera del grande teologo protestante; ma soprattutto cercare di comprendere quale sia stato il ruolo di Charlotte von Kirschbaum nella vita e nella produzione teologica di Barth, provando a rendere giustizia a questa donna che, in condizioni spesso davvero difficili, ha messo radicalmente in gioco se stessa.
Quando Karl incontra Charlotte nel 1925, ha 39 anni, è sposato da 12 anni con Nelly Hoffmann, ha cinque figli, l’ultimo nato da pochi mesi. Charlotte, Lollo, è una giovane infermiera di 26 anni appassionata di teologia. Ben presto i due si accorgono che il sentimento di ammirazione, stima e amicizia immediatamente sbocciato tra loro è qualche cosa di diverso e più profondo. È un vero e proprio colpo di fulmine che lascia entrambi stupiti e sconcertati. Nell’ammettere il proprio sentimento per Karl, Charlotte scrive «Posso dirti soltanto una cosa, che forse non ho neppure il diritto di dire: semplicemente, dallo scorso mercoledì so di volerti bene, più di quanto io riesca a pensare. Se in precedenza non volessi saperlo o se effettivamente attraversassi questo mondo a occhi bendati, non lo so. Ma ora è così, ed è difficile». Sono entrambi consapevoli che il loro sentimento non potrà né vorrà essere clandestino, ma anche che non avrà lo sbocco che desidererebbero. Nelly è messa subito al corrente della situazione e, insieme, anche se soprattutto con la regia di Karl, i tre cercheranno per anni di trovare una soluzione che consenta loro di vivere, senza esserne sopraffatti, quella che un comune amico chiamerà «la possibilità impossibile».
Su richiesta di Barth, dapprima osteggiata da Nelly, ma poi accolta, Charlotte diviene la segretaria del teologo in un senso del tutto atipico: dal 1929 vive con la famiglia Barth, ne condivide le finanze, ma non ha uno stipendio né una posizione giuridica che la garantisca per il futuro. Charlotte punta tutto sulla relazione con Karl. Nasce così quella che i tre chiamano «comunione per necessità». Nelle lettere è dato ampio conto delle difficoltà e dei problemi che questa scelta pone a ciascuna delle tre parti in causa: le accuse reciproche, i fraintendimenti, le rivendicazioni non mancano, e logorano il quotidiano. Anche la soluzione di un divorzio, ipotizzata per un momento dalla stessa Nelly, non riesce a trovare quel consenso tra le tre parti che ne consentirebbe una realizzazione amichevole. Con tutte le difficoltà ormai note, la «comunione per necessità» prosegue.
Nelly comprende l’importanza che Lollo ha per Karl, sia sul piano personale sia su quello professionale, ma fatica ad accettare che il marito non cerchi in lei quello che trova in Charlotte; lo sforzo di Barth per assicurare alle due donne che egli intende «tenerle per mano entrambe», ciascuna per quello che è e che rappresenta per lui, non soddisfa nessuna delle due.
Va tenuto presente, inoltre, che la vicenda si svolge negli anni in cui in Germania si afferma il nazionalsocialismo, con la sua pretesa egemonica anche per quanto riguarda le questioni ecclesiastiche e il suo tentativo di omologazione delle chiese e delle facoltà teologiche. È noto l’impegno di Barth, socialista dichiarato, contro la volontà del potere di asservire la chiesa. Egli è il redattore finale della dichiarazione del Sinodo di Barmen (1934) dove, contrariamente a quanto vorrebbe il potere, si afferma senza equivoci che la chiesa sottostà unicamente alla volontà di Dio. Egli è in prima linea nell’acceso dibattito che si svolge in Germania in quegli anni. In questo impegno strenuo Charlotte lo segue incessantemente. Per diventarne la collaboratrice, la giovane lascia la professione di infermiera, frequenta un corso che le fornisce le competenze per il suo compito di segretaria, ma non si limita a un ruolo esecutivo: organizza e svolge la corrispondenza di Barth, contribuisce fattivamente al lavoro del maestro, impara il greco e il latino per poter, con vera competenza e capacità, sostenere il lavoro teologico, lo accompagna nelle conferenze, incontra insieme a lui gli studenti ed esprime a sua volta giudizi su di essi. Il loro amore e il loro lavoro comune durerà oltre trent’anni. Dalle testimonianze di amici emerge che i due lavorano in completa sintonia, in una comunione spirituale profonda, anche se l’apporto di von Kirschbaum resta prevalentemente nell’ombra. Come non si possono distinguere i colpi di scalpello di Camille Claudel da quelli di Auguste Rodin, così non si possono estrapolare gli apporti di Charlotte von Kirschbaum alla grande opera teologica di Karl Barth: ma, diversamente dalla scultrice francese, Charlotte ha goduto fino alla fine dell’amore e della vicinanza dell’uomo al quale ha dedicato la vita.
La stessa Nelly, insieme ai figli, in occasione della morte di Charlotte, avvenuta nel 1975, dopo una malattia neurodegenerativa durata oltre dieci anni, ha riconosciuto pubblicamente che, senza l’apporto di von Kirschbaum la grande opera del marito non avrebbe potuto essere portata a termine: «Ella si è dedicata a questo compito per oltre trent’anni con energia e tenacia; ha saputo con mano ferma e zelo ostinato, sorvegliare con competenza a fianco del maestro, guida e andamento della crescente gigantesca opera, tanto che Barth ha potuto lodare il suo lavoro, svolto in tutta riservatezza».
Ma appunto, in tutta riservatezza. Soltanto in anni recenti l’apporto della compagna di vita di Barth comincia a essere studiato e riconosciuto.
La lettura delle lettere suscita molte riflessioni: sulla situazione personale, sulle scelte dei tre protagonisti, sulle ragioni che spingono ciascuno di loro a motivare le decisioni assunte alla luce dell’Evangelo, dal quale si lasciano guidare, pur consapevoli della fallibilità di qualsiasi decisione umana.