ItaliaOggi, 26 marzo 2022
Quando Putin guadagnava 100 dollari al mese
Il 10 marzo 1985, Vladimir Usolzew, maggiore del Kgb, ricevette a Dresda una telefonata dal comando sovietico, da Karlhorst, presso Berlino. È morto Il presidente Konstantin Chernenko, al Cremlino arriva Michail Gorbaciov. È l’inizio della fine per l’Unione Sovietica.
Vladimir Usolzew, 37 anni, nato in Siberia, ricevette un’altra chiamata in estate. Alla sede del Kgb a Dresda, in Angelikastrasse 4, stava per giungere, Vladimir Putin, anche lui maggiore.
Usolzew ha raccontato i cinque anni che trascorsero insieme scrivania contro scrivania in Mein Kollege Putin, uscito nel 2014 (Berolina Verlag; 30 euro). Non fu un best seller, ma vale la pena leggerlo per capire Putin, invece di affidarsi ai psicologi che oggi pretendono di fare un’analisi a distanza, e spiegare che sia folle, o malato terminale.
Putin giunse nella Ddr a settembre, a 33 anni, con la moglie Ludmilla, la figlia Marjia appena nata. A Dresda nascerà l’anno dopo Katharina. Viveva in un appartamento di due stanze e mezzo, in un palazzone popolare, a cinque minuti a piedi dal posto di lavoro.
L’indennità di sede dei due Vladimir era di 1800 Ostmark, il marco della Germania comunista che valeva un decimo del Deutsche Mark capitalista. Lo stipendio base veniva pagato in patria. In più avevano 100 dollari in contanti da spendere allo shop riservato ai diplomatici a Berlino Est. Non era certo un compenso alto per un padre di famiglia con due bambine piccole. I sei agenti del Kgb a Dresda passavano il tempo sfogliando i cataloghi della vendita per corrispondenza della Otto o di Neckermann, con le offerte proibite del paradiso capitalista.
La sede del Kgb era in una villa Belle Époque, costruita nel 1909 per il direttore d’orchestra Karl Böhm. Oggi ospita la Società antroposofica. La sede della Stasi, la polizia segreta della Ddr, era a cento metri. Dresda è chiamata la Firenze sull’Elba, ma non era una buona sede per far carriera. «Noi del Kgb», ha raccontato Usolwez, «speravamo di essere destinati a Bonn o a Amburgo».
Putin si occupa di scartoffie burocratiche, e tenta di arruolare con scarsa fortuna nuovi informatori nella Repubblica Federale, dove il Kgb aveva una ventina di agenti, poco efficienti, mal pagati e che, scrive Usolwez, facevano il doppio gioco. Secondo altre fonti, Putin avrebbe aiutato anche gli ultimi terroristi della Baader-Meinhof all’ovest, e quelli che si erano rifugiati nella Ddr. Il futuro Zar era freddo e pragmatico, ma diceva una cosa e ne pensava un’altra, ricorda il collega: «E non era antisemita, come quasi tutti i colleghi al Kgb, per lui gli ebrei erano gente normale, come noi».
I sovietici erano poco amati dai tedeschi orientali, vivevano come in un ghetto. Gli ufficiali erano invidiati e odiati, i soldati con il loro soldo non potevano concedersi neppure un paio di birre o un würstel. Era Putin a portare le figlie al Kindergarten sotto casa. Andava con la famiglia alla trattoria Am Thor. oggi nella Albertplatz. Gli piaceva la birra Radesberger e correre veloce in auto. Giocava al calcio con i colleghi nella Stasi, al capo dello Jägerpark, come ala destra, e li batteva a scacchi. Riceveva dalla Stasi i dossier sui cittadini di Dresda: si lamentavano di Honecker, il capo della Ddr, ma erano per Gorbaciov.
Putin non si illuse, Gorbaciov, pensava, non fermerà la crisi dell’Urss.
Nell’estate del 1989, cominciano le fughe all’ovest dei tedeschi dell’est. In ottobre Gorbaciov è a Berlino per i 40 anni della Ddr. I berlinesi lo acclamano al grido di «Gorby salvaci», e fischiano i loro capi. A Dresda, i dimostranti assaltano la sede della Stasi, poi si dirigono sulla villa del Kgb.
Putin li affronta da solo all’ingresso: «Se fate un passo avanti, i miei uomini hanno l?ordine di sparare» minaccia in perfetto tedesco. E li blocca.
I generali dell’Armata Rossa sono pronti a intervenire per soffocare la rivoluzione pacifica con i panzer. Gorbaciov invece ordina di non intervenire.
Il 9 novembre cade il muro di Berlino. In febbraio, dopo quattro anni e mezzo, Putin torna in Russia. Ha chiesto di lavorare come tassista a Leningrado. Pochi mesi dopo diventa il braccio destro del sindaco della città, oggi San Pietroburgo.