Corriere della Sera, 26 marzo 2022
Gli oligarchi si allontanano
Anche gli oligarchi piangono. E sono le loro lacrime a far crescere ipotesi golpistiche e teorie cospiratorie intorno al Cremlino. «Non so più come fare a vivere» si lamenta con il Financial Times Piotr Aven, azionista di Alpha Bank, considerato parte del circolo ristretto di Vladimir Putin, che in soli otto giorni dall’inizio della guerra ha visto il suo patrimonio personale da 4,1 miliardi di euro assottigliarsi di 786 milioni. «I miei affari sono distrutti, tutto quel che ho costruito in trent’anni non esiste più».
Anche questo grido di dolore rimarrà inascoltato dal suo presidente. Putin ha tentato di mettere al riparo il popolo russo dall’effetto delle sanzioni, aumentando le pensioni e tenendo chiusa la Borsa di Mosca per settimane. Ma per i ricchi di Russia cresciuti all’ombra del suo potere, non può certo fare molto. La loro fortuna si nasconde nelle banche off shore e non solo di tutto il mondo, i loro beni si trovano a Londra, New York, in Italia, nelle località turistiche più esclusive.
L’inchiesta Ognuno per sé, quindi. L’effetto delle sanzioni sta separando dal loro nume tutelare il destino dei miliardari, che contribuiscono senz’altro alle fortune del loro Paese. Nel 2020 valevano il 35% del Pil, primo posto nel mondo per questo indicatore. Adesso c’è un numero che riassume tutte le loro pene. Le perdite di dieci soltanto di questi campioni del capitalismo russo dall’inizio delle nuove sanzioni ammontano a 85 miliardi di dollari, che al cambio attuale fanno 77 miliardi di euro, tre volte il valore di una legge di Bilancio del nostro Paese.
A fare i conti in tasca a questa porzione ben rappresentativa dei 36 imprenditori «puri» colpiti dall’Occidente, è una inchiesta condotta dal sito poligon.media, sorto sulle ceneri del giornale MBKh fondato e sponsorizzato dall’ex oligarca dissidente Mikhail Khodorkovskij. Stiamo parlando di persone che hanno accumulato fortune immense e certo non moriranno in miseria. Ma le perdite che stanno subendo non possono lasciare indifferenti neppure loro, come dimostra lo sfogo di Aven, uno dei nomi esaminati dalla testata indipendente online.
Dal 24 febbraio, primo giorno di guerra, Aleksej Mordashov, presidente di Rossiya Bank e proprietario di Severstal, colosso del settore minerario e dell’energia, ha perso 3,184 miliardi di euro, per tacere del suo yacht sequestrato in Italia. Roman Abramovich, l’oligarca più famoso del mondo anche per ragioni calcistiche, ci ha rimesso il suo Chelsea e altri quattro miliardi di euro. Il più colpito sembra essere Gennadij Timchenko, amico di vecchia data di Putin, per la comune passione del judo, e perché le sue società esportavano il petrolio da una raffineria vicino a San Pietroburgo con l’autorizzazione dell’attuale presidente, che all’inizio degli anni ’90 era il responsabile dei rapporti economici internazionali della città. Dall’inizio dell’anno, ha visto andare in fumo dieci miliardi e 371 milioni di euro, quasi metà del suo patrimonio personale, mentre le azioni della sua Novatek, esportatore privato di metano, si sono deprezzate di 4 volte il valore iniziale.
Distanze dal Cremlino Tutto si tiene. Colpita nel portafoglio, la classe dirigente dell’economia russa si allontana per forza di cose dal Cremlino. Lo dimostrano le timide prese di distanza dalla guerra del proprietario di Alpha Bank Mikhail Fridman (meno 5 miliardi) e del re dell’alluminio Oleg Deripaska, che ha visto ridursi di 6 miliardi la capitalizzazione della sua holding UC Rusal. Anche la fuga del loro padre putativo, quell’Anatolij Chubais che alla fine degli anni ’90 consegnò le più grandi aziende pubbliche ai privati, è un segno. Ma per arrivare a una vera resa dei conti, serve il potere politico che gli oligarchi non hanno, e non possono comprare. Neppure con 77 miliardi di euro.