la Repubblica, 26 marzo 2022
Uccise la moglie, assolto
MILANO – Anche la Corte d’appello conferma: alla base dell’omicidio di Cristina Maioli, insegnante in pensione ammazzata a colpi di mattarello e di coltello a Brescia nell’ottobre del 2019 dal marito 81enne Antonio Gozzini, c’era un «delirio di gelosia». Ovvero una patologia, secondo i giudici che hanno sposato per la seconda volta la tesi difensiva. La prima sentenza, quella pronunciata dalla corte d’Assise di Brescia nel dicembre del 2020, aveva fatto discutere, tra le prese di posizione critiche delle associazioni femministe e addirittura un’ispezione annunciata dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Sentenza che è stata confermata ieri anche in appello, dove i giudici hanno ribadito il verdetto assolutorio perché Gozzini era ritenuto incapace di intendere e di volere. La Procura generale aveva sollevato forti dubbi sulla diagnosi fatta all’uomo: «La sua gelosia patologica non era mai emersa prima dell’omicidio – ha detto il procuratore generale Guido Rispoli nel richiedere la condanna a 21 anni di carcere – Se n’è parlato solo a posteriori, solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità». Nel corso del processo di primo grado, il sostituto procuratore nel chiedere l’ergastolo aveva invece detto: «Il rischio è che passi il messaggio che qualsiasi uomo geloso può essere giustificato». Nelle motivazioni della sentenza del 2020, i giudici avevano precisato che la loro intenzione non era quella di «riservare al Gozzini un salvacondotto o un trattamento indulgente», ma «semplicemente tener conto di un elementare principio di civiltà giuridica, quello secondo cui non può esservi punizione laddove l’infermità mentale abbia obnubilato nell’autore del delitto la capacità di comprendere il significato del proprio comportamento». In attesa delle motivazioni di questa nuova sentenza, esultano gli avvocati di Gozzini: «La sentenza è giusta – ha detto il difensore Jacopo Barzellotti – il movente indicato dall’accusa è totalmente destituito di fondamento. Gozzini avrebbe ucciso la moglie perché non voleva essere ricoverato e sottoposto alle cure per la sua depressione. Ma emerge dagli atti non solo che Gozzini fosse d’accordo, ma anche pronto al ricovero».