la Repubblica, 26 marzo 2022
I russi hanno risorse per quattro settimane
Le forze di invasione di Vladimir Putin hanno ancora 3-4 settimane di autonomia. Dopodiché non avrebbero più risorse per proseguire le ostilità in Ucraina: niente armi, poco cibo, difficoltà nel rinforzare le truppe, segnate da perdite impreviste. Il piano sul campo è, per questo, già cambiato, rispetto alle previsioni iniziali. Molto ridimensionato: il progetto è di conquistare tutto il Donbass, certo, con Mariupol che dovrebbe cadere nelle prossime 72 ore. Ma al momento l’ipotesi di prendere Kiev e il resto del Paese sembrerebbe essere tramontata. L’idea russa è invece quella di affondare, in questo mese, il più possibile nel fronte Sud, verso Odessa. E poi fermarsi per poter rivendicare le conquiste fatte nella parata del 9 maggio, quando le truppe russe sfileranno come ogni anno nella piazza Rossa di Mosca per celebrare la sconfitta nazista per mano dell’Armata rossa. «Proveranno a raccontarla come una vittoria, ma in realtà tutto questo segna il trionfo della resistenza ucraina: per questo non dobbiamo lasciare assolutamente solo il governo Zelensky». L’analisi è quella che le intelligence occidentali giovedì pomeriggio, in gran segreto, hanno articolato nel corso di un vertice che si è tenuto e a Roma, a Forte Braschi, la sede dell’Aise, il servizio di intelligence estera. Al tavolo c’era il direttore della Cia, William Burns. Accanto aveva il direttore dell’Aise, il generale Giovanni Caravelli. E i vertici dei servizi di sicurezza esterni inglese, tedesco e francese. In sostanza, mentre a Bruxelles andavano in scena il vertice Nato e quello europeo con Joe Biden, a Roma si teneva la prima riunione operativa dall’inizio di questa guerra delle forze di sicurezza. E il fatto che fosse proprio in Italia non era un caso: a scegliere la sede era stato Burns, che arrivava da un giro negli altri paesi chiave della partita ucraina (sarebbe stato in Turchia e in Israele), a conferma di come in questo momento l’alleanza atlantica, superate le perplessità emerse durante i precedenti governi, vede il nostro Paese come strategico. L’incontro delle intelligence è infatti il secondo evento cruciale – circostanza che ha fatto storcere il naso agli inglesi – che si tiene in Italia nel giro di due settimane: il 14 marzo a Roma il consigliere per la Sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, aveva incontrato l’omologo cinese Yang Jiechi. Al di là, però, del fondamentale significato politico per l’Italia e per il governo Draghi, l’incontro di Roma è stato cruciale anche per capire cosa accadrà nelle prossime settimane. Le intelligence hanno confrontato le loro informazioni in modo da avere un quadro, il più chiaro possibile, degli schieramenti sul campo. E poter fare una previsione di quello che potrebbe accadere nel breve e nel medio termine. Il punto di partenza è uno: in questa prima fase della guerra, la maggior parte delle previsioni che Putin e il suo esercito avevano fatto sono fallite. «Stanno perdendo». Pensavano a una guerra lampo, con la deposizione di Zelensky, è questo non è successo. Le truppe russe – secondo la ri costruzione che è stata fatta – sarebbero stremate, tanto da non riuscire ad avanzare. Tutte le forze russe, come d’altronde ha annunciato lo stesso capo della direzione operativa dello Stato maggiore della Difesa, Serghei Rudskoy, si concentreranno per questo sulla presa del Donbass. Il fronte di Kiev sembrerebbe ormai invece abbandonato. Perché troppo dura è stata la resistenza ucraina e perché le truppe russe rischiano di restare intrappolate dentro la città, strette dall’esercito e dai volontari di Zelensky. Certo, ogni piano può cambiare in un attimo. Ma certo è che i soldati russi sono stanchi e soprattutto pochi: la stima, molto prudenziale (troppo, secondo alcuni), messa sul tavolo dai nostri servizi di sicurezza è di tremila morti e ottomila feriti tra i russi. Ai confini non sembrano esserci nuove truppe pronte a intervenire. Al momento sul campo ci sarebbe un vantaggio ucraino di armi: secondo le stime alleate, per ogni tank russo ci sarebbero 11 armi anticarro di Kiev. Inoltre non ci sono segnali dell’utilizzo di armi batteriologiche. In queste settimane è possibile che l’unico fronte attivo per l’esercito russo sarà quello meridionale, più vicino al Mar Nero. Con l’idea – difficilissima – di una presa di Odessa. Al di là dell’analisi sul paco, l’incontro di Roma ha portato un dato politico: una risposta coordinata e unitaria da parte di tutte i Paesi occidentali. Non a caso, si è parlato anche di futuro: cosa accadrà dopo il 9 maggio, quando bisognerà sedersi ai negoziati con Putin? «È importante – è stato detto – arrivare in una situazione di forza. E per questo non possiamo lasciare solo il governo ucraino: dobbiamo portare il governo russo a un punto di rottura e il suo esercito a un esaurimento operativo che metta fine a questa aggressione». Nella discussione è stato affacciato anche il tema delle sanzioni: che fare se il conflitto, finalmente, si dovesse fermare? Presto per una risposta. Tutti i protagonisti del “tavolo di Roma” si rivedranno tra due settimane. Forse a Londra o a Parigi.