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 2022  marzo 25 Venerdì calendario

In Russia tornano i film sovietici degli anni ’70

Nei multisala russi da ieri nel cartellone c’è Sluzhebniy Roman, una storia d’amore in ufficio, una deliziosa commedia sentimentale interpretata da grandi attori e accompagnata da una colonna sonora struggente. Il celebre regista Eldar Ryazanov ha messo insieme un cast di star per raccontare una storia d’amore e contemporaneamente deridere i difetti del sistema: la burocrazia, la carenza di beni di consumo, il mercato nero e il zelo degli attivisti filogovernativi. È un successo assicurato, lo è già stato: Sluzhebniy Roman è stato campione d’incassi assoluto nei cinema nell’Unione Sovietica nel 1979.
Il nuovo piano per combattere le sanzioni occidentali coinvolge anche il fronte della cultura, e mentre nelle sale russe continuano le ultime proiezioni delle pellicole delle major hollywoodiane, che hanno deciso di boicottare il mercato russo per protesta contro la guerra in Ucraina, si torna al vecchio buon cinema sovietico. Il consorzio Mosfilm ha remasterizzato una serie di vecchi film popolari – spesso conosciuti dal pubblico a memoria, battuta per battuta, dopo centinaia di passaggi televisivi – e ha proposto di colmare il vuoto con i classici. Il primo blockbuster è stato proprio il film di Ryazanov, un ritratto molto preciso della Mosca degli anni ’70, immersa in quel grigiore brezhneviano di fine impero dal quale si cercava di trovare riparo in una fuga nella vita privata. Il paradiso monotono che molti ex sovietici rimpiangono, con il cinema di quegli anni diventato una componente fondamentale della nostalgia postsovietica. Ma nelle sale torna anche la dilogia nazionalista di Brat, il fratello, due cult dei primi anni Duemila con un killer come protagonista, pieno di battute antiamericane, anticecene e soprattutto antiucraine. La battuta chiave del film, «Dove sta la forza, fratello? La forza è nella verità», viene ora rivendicata come slogan da entrambe le parti del fronte russo-ucraino, ma il film è un manifesto di nazionalismo russo.
Rinforzi ideologici cercasi, e l’ex ministro della Cultura Vladimir Medinsky – controverso storico nazionalista, che guida la delegazione russa ai negoziati con gli ucraini – ha proposto di aumentare ulteriormente la già massiccia dose di propaganda televisiva, a scapito dei programmi di intrattenimento. Si è espresso anche a favore della violazione dei diritti d’autore, in parole semplici, di tornare alla pirateria dilagante degli anni ’80-90. In attesa di capire quali film occidentali verranno rubati dai cinema russi – che rischiano comunque la chiusura per carenza di ricambi delle apparecchiature di proiezione, tutte di importazione dai “Paesi ostili” – riparte l’operazione nostalgia, e il consorzio Mosfilm ricorda di avere ancora tante cartucce degli anni ’50-80 da sparare.
Il ritorno all’Urss continua a essere rapidissimo anche nei consumi. Mentre gli assorbenti si vendono ormai sui mercatini online a prezzi decuplicati, si annuncia un’altra emergenza: il packaging. I primi tetrapak arrivati con la perestroika avevano rivoluzionato i consumi dei russi, abituati a comprare nei negozi latte spesso già scaduto nei cartoni e bottiglie, oppure prenderlo sfuso alle cisterne mobili di quello fresco. Ed è proprio questa l’opzione proposta dalla deputata Shkolkina, vicepresidente del comitato agrario della Duma: il bidone, quell’oggetto ormai dimenticato senza il quale una massaia sovietica non usciva mai di casa, di latta, o smaltato, azzurrino, verde, bianco oppure a fiorellini, con la maniglia in legno. Perché, si scopre adesso, in trent’anni la Russia postcomunista non è riuscita, a quanto pare, a imparare a produrre merci moderne, preferendo affidarsi a quelle d’importazione. Il risultato è il ritorno in un mondo arretrato, dove non esistono chip per le tessere della metropolitana, e manca il reagente (di produzione principalmente finlandese) per fare la carta. Una risma di fogli A4 ormai costa quasi quanto le azioni di Gazprom, e nelle scuole di Pietroburgo sono stati costretti ad abolire le verifiche scritte per mancanza di carta. A Ekaterinburg invece non ci sono più i nastri per gli scontrini. Non resta che aspettare il ritorno di un altro reperto archeologico dei negozi sovietici, il pallottolliere di legno.