La Stampa, 24 marzo 2022
Il flop di Novavax
ROMA
Doveva essere il vaccino «che piace ai No Vax», ma – a un mese esatto dal suo sbarco in Italia – Novavax è un flop totale. Appena atterrato nel nostro Paese, il generale Figliuolo ne ha distribuite un milione e 23 mila dosi, ma ad oggi ne sono state somministrate poco più di 16 mila, un misero 1,6% del totale. Il «Nuvaxovid», questo il nome commerciale del vaccino, è stato autorizzato dall’Ema per chi ha più di 18 anni. E la nostra Aifa ha specificato che le fiale vanno utilizzate esclusivamente per chi di punture non ne ha fatta nemmeno una. Condizione nella quale si trovano in questo momento 4 milioni e 39 mila over 18, che hanno girato le spalle anche all’ultimo arrivato della Novavax, società di biotecnologie americana, che ha venduto all’Italia una prima trance di un milione di dosi, per una spesa intorno ai 20 milioni. Soldi finiti al macero, vista l’accoglienza che gli irriducibili tra i No Vax hanno riservato al vaccino che si sperava avrebbe convinto chi, non si sa sulla base di quali conoscenze scientifiche, aveva detto a chiare lettere di non fidarsi dei prodotti a mRna, temendo chissà quali mutazioni genetiche, considerate fantascienza dai ricercatori più accreditati.
«Nuvaxovid» è infatti un vaccino a base di proteine, ingegnerizzato dalla sequenza del ceppo originale di Wuhan del Sars-Cov-2. Creato grazie alla tecnologia delle nanoparticelle ricombinanti, genera l’antigene derivato dalla proteina spike ed è formulato con l’adiuvante Matrix-M, brevettato da Novavax per migliorare la risposta immunitaria e stimolare alti livelli di anticorpi neutralizzanti. Dopo l’inoculazione, il sistema immunitario identifica la proteina e inizia a produrre difese naturali come anticorpi e cellule T, quelle che alzano un muro difensivo davanti all’attacco del virus anche quando gli anticorpi non ci sono più.
I risultati della sperimentazione di fase 3, quella allargata sull’uomo, hanno dato risultati comparabili a quelli dei vaccini di Pfizer e Moderna a base di mRna, mostrando un’efficacia complessiva dell’82,7%, che sfiora il 100% contro le forme gravi di malattia. Risultati che avrebbero dovuto far porgere il braccio a dubbiosi e campioni della «genetica fai da te», ma così non è stato. Ma che si tratti di Novavax o Pfizer o Moderna, oramai a fare la prima dose non si presenta più nessuno. Martedì sono stati appena 989. Il giorno prima era andata un po’ meglio: 2.037. Ma con questi ritmi è come pretendere di svuotare l’oceano con un bicchiere, visto che senza alcuna protezione dai 5 anni in su sono ancora in 6 milioni e 961 mila.
Ma anche con le terze dosi si procede a passo di lumaca. Martedì se ne sono fatte 39.200, il giorno prima poche centinaia di più. Briciole rispetto al mezzo milione e passa che ogni giorno si facevano avanti a metà gennaio. Compresi quelli poco convinti, ma che obtorto collo finivano per mostrare il braccio sapendo che senza puntura avrebbero dovuto rinunciare anche al Super Green Pass. Ovvero a ristoranti, bar e svago in generale. O allo stipendio, nel caso dei lavoratori over 50. Tutti divieti che il nuovo decreto approvato la scorsa settimana manda in soffitta a partire dal 1° aprile. E anche questo sta contribuendo non poco a tenere alla larga dagli hub vaccinali chi ci si era avvicinato più per necessità che per convinzione. Non a caso all’appello mancano circa tre milioni di italiani, che passati più di 4 mesi dalla seconda dose, potrebbero ora fare la terza ma scelgono di non presentarsi. Male per loro, visto che dopo 120 giorni con Omicron la protezione dal contagio con due sole dosi scende sotto il 40%, mentre il rischio di morte sale di cinque volte rispetto a chi il booster lo ha fatto. Male però anche per chi, pur vaccinato, rischia per negligenza altrui di ammalarsi comunque seriamente, per via di un sistema immunitario malconcio che male risponde alle stimolazioni degli stessi vaccini. Persone da proteggere facendo circolare meno virus possibile. Se i No Vax lo capissero.