La Stampa, 24 marzo 2022
Intervista a Giuseppe Conte
Presidente Giuseppe Conte, giusto o sbagliato mandare armi in Ucraina?«È stato giusto offrire aiuti anche militari per esercitare la legittima difesa. Diversamente avremmo abbandonato la popolazione ucraina a se stessa e alla sopraffazione di una aggressione militare del tutto ingiustificata».Ora daranno del guerrafondaio anche a lei.«Possiamo uscire dalla polemicuccia quando parliamo di temi così delicati? Sono un pacifista convinto. La decisione di appoggiare l’invio delle armi non è stata presa a cuor leggero e non cambia il fatto che continueremo a lavorare senza sosta per un una soluzione diplomatica del conflitto».Sta dicendo che investire il 2% del Pil in armi è un errore?«La soglia del 2% è frutto di un impegno preso nel 2014 che non può essere cancellato e che io stesso non ho rinnegato quando ero presidente del Consiglio. Però mi sono impegnato a rivedere i criteri di calcolo in modo da tenere conto anche dei costi politici e immateriali che comportano le nostre missioni all’estero».Glielo chiedo diversamente. Alla Camera avete votato sì all’aumento delle spese per la Difesa. Avete cambiato idea?«La questione è un’altra. In un momento come quello attuale di caro-bollette, dopo due anni di pandemia, e con la recessione che si farà sentire sulla pelle di famiglie e imprese, non si capisce per quale motivo le priorità debbano essere le spese militari».Perché c’è la guerra, per esempio.«La guerra in corso non deve suggestionarci e farci perdere lucidità: non dobbiamo cedere all’onda emotiva che sembra indurci a difenderci da una imminente aggressione russa. L’urgenza rimane invece proteggere famiglie e imprese dalla crisi».Scusi se insisto. Ma se si dovesse tornare a votare per un incremento delle spese militari che fareste?«Non potremmo assecondare un voto che individuasse come prioritario l’incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio nazionale. In questo caso il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro».Cadrebbe il governo.«Ognuno farà le sue scelte. Ma confido che anche il progetto di rafforzamento della difesa europea sia portato avanti con ponderazione, al fine di razionalizzare le spese e non moltiplicarle, e comunque attraverso uno sforzo comune europeo».Presidente, non prenda anche questo per polemicuccia, ma perché martedì, quando il presidente Zelensky ha parlato alle Camere lei non c’era?«Semplicemente perché non sono un membro del Parlamento e non ho mai seguito i lavori parlamentari. Ma ho ascoltato l’intervento del presidente Zelensky con grande attenzione, dal mio ufficio».Mancavano anche 300 parlamentari. Alcuni suoi.«Ci sono state defezioni da parte di tutte le forze politiche e questa attenzione spasmodica sul Movimento 5 Stelle mi sembra una stucchevole caccia alle streghe. Su 230 parlamentari due o tre posizioni personali di dissenso ci possono anche stare».Ci sta anche il dissenso del senatore Petrocelli? Leggo il suo tweet: M5S fuori da questo governo interventista.«Petrocelli si porrà fuori dal Movimento non per la specifica questione delle armi, che è tema che interroga profondamente le nostre coscienze, ma perché ha anticipato di non voler più accordare la fiducia a qualsiasi provvedimento adotterà il governo».Difficilmente potrà farlo dimettere dalla presidenza della commissione Esteri del Senato.«Non possiamo andare contro i regolamenti parlamentari, rimane però il fatto che non rappresenterebbe più il Movimento».Restando ai tweet. Leggo il suo di martedì: raccogliamo l’invito del presidente ucraino per la pace immediata. Magnifico. Ma perché è così difficile fare il nome di Putin?«Temo che lei sia distratto. Io l’ho condannato in decine di occasioni pubbliche. E penso che l’irragionevole determinazione di Putin sia all’origine di questa carneficina».Dunque concorda con chi dice che Putin è un dittatore?«Siamo di fronte a una deriva autocratica che ho già denunciato in passato, a cominciare dalla censura sul caso Navalny quando ero presidente del Consiglio. Sicuramente questa aggressione avrà dei contraccolpi interni molto forti anche per la popolazione russa, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista sociale. E potrebbe isolare Putin ancora di più rispetto agli apparati che l’hanno sin qui sostenuto, a cominciare dagli oligarchi».Parafrasando un libro di Masha Gessen, che cosa c’è negli occhi di Vladimir Putin?«Non so esattamente che tipo di risposta si aspetti, ma le posso dire quello che più mi ha colpito di Putin quando l’ho incontrato: la sua meticolosità».Che cosa significa?«In genere i leader, in questo tipo di incontri, tendono a stare sulle questioni di principio. Lui no. Lui è molto più specifico».Un esempio?«Il 26 dicembre 2019, Santo Stefano. Stiamo al telefono per un’ora e mezza. Putin contesta dettagliatamente tutte le violazioni ucraine degli accordi di Minsk».E lei?«Cerco di controbattere contestando le violazioni russe».Aveva capito che ci sarebbe stata la guerra?«No. Ero fiducioso che il rapporto tra lui e Zelensky portasse a una intesa che avrebbe sbloccato lo stallo».Ha paura della bomba atomica?«Si tratta di uno scenario talmente catastrofico per l’umanità che la risposta non può essere riposta in maggiori investimenti militari, secondo la logica della deterrenza della vecchia guerra fredda. Dobbiamo lavorare tutti per la de-escalation e per uno sbocco pacifico non solo di questo conflitto ma anche delle altre decine diffuse nel pianeta».La vuole l’Ucraina in Europa?«Assolutamente sì. Ma è chiaro che la procedura è complessa e richiederà del tempo. Per altro non possiamo usare due pesi e due misure perché ricordo che ci sono paesi come l’Albania, la Macedonia del Nord, la Serbia o il Montenegro che attendono da anni di entrare nell’Unione e che non hanno ottenuto risposta».La vuole anche nella Nato?«Direi che il tema non è all’ordine del giorno e, anzi, rischierebbe di allontanare il processo di pace al quale stiamo faticosamente lavorando».Che impressione le fa Salvini che dice: quando sento parlare di armi fatico ad applaudire.«Dopo tante foto inquietanti in cui lo abbiamo visto imbracciare i fucili, questa novità mi suscita un pensiero positivo: diamo il benvenuto a questa svolta».Il segretario del Pd, Enrico Letta, sostiene che in Italia ci sia un eccesso di ambiguità filo-putinista. Condivide?«Non so se sia così. Io ho visto prevalere da subito un atteggiamento chiaro di condanna».Matteo Renzi, parlando con La Stampa, ha proposto di mandare Merkel e Prodi a trattare a nome dell’Europa.«L’hanno detto in tanti. In Europa è una proposta che circola da tempo. E in Italia l’ha detto anche Di Battista».Il governo di Mosca ha minacciato l’Italia, attaccando il ministro Guerini e parlando di «conseguenze irreversibili» se aderiremo alle sanzioni. Da presidente del Consiglio come avrebbe reagito?«Avrei tirato dritto. Rispetto a chi ricatta e minaccia non si può avere alcun cedimento».Ci rinfacciano gli aiuti durante l’emergenza Covid. Il presidente del Consiglio era lei.«Le do una notizia: ho appena letto da un’agenzia di stampa della richiesta del Copasir di disporre la mia audizione».Qual è la notizia?«Ho subito chiamato il presidente del Copasir, Adolfo Urso, dichiarando di essere disponibile in ogni istante a riferire del mio operato davanti alla Commissione parlamentare. È stato fatto tutto in assoluta trasparenza».Perché chiedemmo aiuto proprio a Putin?«Fu lui a offrircelo in un momento di emergenza straordinaria».Non le sembrò sospetto?«Mi sembrò utile in un momento di grande difficoltà per il nostro Paese, alla luce della loro esperienza maturata nel campo delle pandemie».Secondo, Agostino Miozzo, ex coordinatore del comitato tecnico scientifico, il generale Kikot, che guidava la delegazione russa, si comportava come se dovesse bonificare Chernobyl.«Non conosco i dettagli dell’attività concretamente svolta perché tutto fu affidato alle autorità della difesa e alle autorità sanitarie competenti».I Servizi l’hanno già negato, ma lei è davvero convinto che quella non fu un’operazione di intelligence?«Guardi, per come è stata realizzata, non c’era nessuna possibilità che si trasformasse in un’operazione di intelligence. I nostri militari hanno sempre affiancato la missione russa».Presidente, Vladimir Putin ha deciso ieri che negozierà in rubli con chi vorrà acquistare il suo gas.«Non credo gli sarà possibile. Nei contratti internazionali di solito non è prevista questa facoltà e quindi le controparti russe si esporrebbero a violazioni contrattuali».Chi scatena una guerra può anche permettersi di rischiare queste conseguenze. Nel frattempo Draghi ha risposto che non pagherà in rubli.«È la giusta risposta per tutelare i nostri interessi da chi vorrebbe difendere indebitamente la propria moneta nazionale».Condivide la linea del presidente del Consiglio?«Su alcune cose sì, su altre no». —