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 2022  marzo 24 Giovedì calendario

Diario Da Mariupol

Parole dall’inferno. Pensieri di chi improvvisamente si è ritrovato in un assedio militare violento, senza remore. A Mariupol le coordinate del vivere sono saltate da più di tre settimane. Non solo il benessere dell’acqua corrente, del cibo in frigorifero, del riscaldamento quando fuori si gela, di Google a cui attingere sapere. Ma lo stesso ordine del tempo. L’idea di poter fare qualcosa fra un’ora o negli anni, per vivere. Tutto saltato sotto la precarietà delle bombe. Qui abbiamo riunito i diari di due sopravvissuti all’assedio. Due che sono riusciti ad uscire. I testi vengono da 9 schermate di sms di una madre al figlio e 12 cartelle di appunti trascritte per il Corriere da un designer digitale. L’anonima «mamma» e Alex non si conoscono, ma vivevano entrambi nel centro di Mariupol.
24/2. Primo giorno di guerra e bombardamenti a 30 km da Mariupol. I bambini pattinano sul ghiaccio nella piazza del teatro.
25/2. Esodo. Dei 450 mila abitanti della città almeno 50 mila scappano.
28/2. I combattimenti si avvicinano. I ristoranti chiudono, ma c’è cibo nei supermercati.
1/3. Mariupol è circondata.
2/2. Missili colpiscono antenne telefoniche, centraline elettriche, impianti di teleriscaldamento, acquedotto. La città piomba nell’età della pietra.
Alex: Quando torneranno? Il morale si abbassa rapidamente.
3/3. Mamma: Figlio mio, ti scrivo sperando che questi sms prima o poi ti arrivino. Dicono che questi bombardamenti finiranno presto. Speriamo. La cosa peggiore è non sapere cosa sta succedendo.
4/3. Mamma: Siamo sopravvissuti alla notte. Hanno bombardato senza pietà. Fa paura morire e lasciarti solo. Grazie a Dio abbiamo la bombola del gas. Non abbiamo nient’altro.
Alex: Al mattino il bombardamento è stato il doppio più forte di quello di ieri. Nell’appartamento c’è il freddo di fuori, ma almeno non c’è vento.
6/3. Mamma: Ho paura del domani, di dormire, di non poterci nascondere dalle bombe mentre siamo in coda per l’acqua. E schifo per i predoni che hanno svaligiato tutto. Ricordi zia Nina, che ama tanto i gatti? Anche lei. Papà e altri sono andati di ronda e hanno lasciato senza pantaloni i furfanti. A sedere nudo.
5/3. Alex: sento forte l’odore della polvere da sparo. In strada ho visto il primo morto della mia vita. Ho paura, spero che la Nato ci accetti e che ci facciano uscire da qui.
6/3. Alex: il tuttofare della società della cantina ha costruito un fuoco soprelevato per cucinare in piedi. Dall’androne l’ha portato in cortile, meno fumo per le scale.
7/3 Alex: è il terzo giorno che dormiamo in cantina. Un bimbo dei vicini gioca a Witcher 3 della Nintendo. Guardarlo mi rilassa.
8/3 Alex: troppo stanchi per dormire ancora in cantina. Siamo saliti nell’appartamento al primo piano che dovrebbe essere più sicuro. Dormo sul divano con un signore di cui non conoscevo il nome. Aumenta il calore, ma il divano alle 5 si rompe. Non tengo più il conto dei bombardamenti. In cantina abbiamo festeggiato il giorno della donna. È già assurdo di suo. Così, poi.
9/3. L’ospedale di maternità viene bombardato.
Dicono che
le bombe
finiranno presto.
La cosa peggiore
è non saperlo.
Non c’è
un solo
edificio
intatto
Alex: esplosione fortissima a pochi isolati da noi. Credo di aver avuto un crollo nervoso. Mi sono messo a piangere e ho tremato per ore. Mariupol è morta. Non si riprenderà mai più.
10/3 Mamma: Ieri c’è stato un boato di una forza terribile. Le nostre finestre di cucina e la porta del balcone sono sfondate. Eravamo sdraiati sul pavimento della camera da letto. Siamo corsi in cantina, ma poi ci siamo ricordati dell’appartamento della nonna. Dalla strada abbiamo visto che non aveva più finestre. Siamo saliti da lei. Era viva, con i vicini, tutti in preda a una crisi isterica.
11/3 Alex: esaurito il Nintendo, la radio a transistor è la cosa più moderna che abbiamo. In attesa del radiogiornale hanno trasmesso «Welcome to The Jungle» dei Guns N’ Roses. Parlava di noi.
Mamma: una bomba ha colpito il palazzo davanti al nostro. La macchina ha il parabrezza sfondato. Non si può più usare. Non ci rivedremo più, figlio mio.
12/3 Mamma: Di nuovo gli aerei e bombe, bombe, bombe. Non possiamo nemmeno cucinare, siamo nel seminterrato e ci rimaniamo. Fuori è un orrore spaventoso.
Alex: Colpito il nostro palazzo. Io ero in cantina. Per fortuna non sta bruciando. Credo di aver avuto un altro crollo nervoso.
13/3. Mamma: i bambini qui sono contenti di ogni caramella o biscotto. Abbiamo molte patate crude, ma non possiamo cucinarle perché non c’è acqua. Non beviamo di mattina il succo di pesca per risparmiare. Alex: abbiamo sentito di possibili «corridoi verdi» di evacuazione. Speriamo decidano in fretta. Non resisto più.
14/3. Alex: un vicino mi ha regalato una birra in cambio dell’acqua che ha portato il papà. Penso che probabilmente sarà l’ultima.
15/3. La prima colonna di fuggiaschi viene lasciata uscire da Mariupol.
Mamma: Fa sempre più freddo. Da casa abbiamo portato nel rifugio le coperte e la mia pelliccia. Stiamo sdraiati tutti avvolti nei vestiti come cavoli. Ci siamo lavati più di due settimane fa. Dormiamo con cappelli, maglioni e calzettoni. Moriamo figlio. Abbi cura di te.
16/3. Il teatro di prosa nel cuore di Mariupol viene bombardato. Nei sotterranei, forse, c’erano mille persone.
Mamma: Hanno spostato i cannoni non lontano da casa. Gli spari nostri sono inquietanti, ma la risposta torna con le bombe. Nessuno di noi mangia abbastanza, una porzione adatta alla mia taglia è divisa per due. Tuo padre ha sempre fame…
17/3 Alex: Artyom e la fidanzata Margherita hanno visitato i genitori di lei. Sono entrambi morti. Non sanno neppure come fare un qualche funerale. Gli anziani continuano a dire che finirà e per dimostrarlo cucinano fuori tra i boati delle bombe.
18/3. Mamma: Disperazione. Una bomba ha sfondato l’appartamento. Ora i predoni ci prenderanno il cibo rimasto. Non c’è un solo edificio intatto. La città brucia. Ogni giorno, diciamo addio alla vita.
19/3. La signora e Alex riescono ad unirsi e uscire da Mariupol in un corridoio umanitario.
In città, alla fame e tra i combattimenti, restano tra le 100 e le 200 mila persone.