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 2022  marzo 23 Mercoledì calendario

Intervista a Carlos Alcaraz

INDIAN WELLS (USA) – In Spagna sono sollevati. Sono certi, adesso, che non si ripeterà un altro caso come quello di Carlos Boluda, giovane talento mai sbocciato, schiacciato dalla eccessiva pressione di diventare l’erede di Rafa Nadal. No, Carlos Alcaraz Garfia da Murcia, nato il 5 maggio del 2003, è un fenomeno vero e reale. Lo ha dimostrato ancora una volta di più a Indian Wells, nel Masters 1000 appena concluso, dove ha impegnato Nadal in una splendida semifinale e ci ha raccontato qualcosa di più su di sé.
Tutto nasce a Murcia, dunque.
«Nel distretto di El Palmar, per la precisione. Il mio papà è stato un buon tennista e poi ha iniziato a insegnare. Quindi è stato quasi automatico che la racchetta fosse nel mio destino».
Si racconta che sui campi del circolo lei fosse il reuccio, tanto che la chiamavano Tarzan.
«Noooo, non ricordiamolo! Lo diceva Carlos Santos Bosque, uno dei miei primi maestri. Secondo lui mi muovevo in campo come fossi in una giungla».
Magari non aveva tutti i torti… Poi sono arrivati Kiko Navarro, che è ancora nel suo team, e quindi Juan Carlos Ferrero.
«Vinsi un Atp Challenger a Villena, dove ci sono i campi della Equelite, l’Accademia di Ferrero, forse è stata lì che è scattata la scintilla».
Ha bruciato le tappe perché, come ha detto una volta la sua ex psicologa Josefina Cutillas, lei ha autocontrollo, automotivazione e l’ambizione di conquistare il mondo: il perfetto cocktail.
«Vivo per il tennis, mi guardo tutte le partite possibili e immaginabili.
Anche quelle del passato, per imparare meglio. Così spero di farmi trovare pronto».
Una racchetta 24 ore non stop. E questo inverno...
«Si riferisce al mio fisico, lo so. Beh, non avevo un corpo molto muscoloso. Poi ero anche un disastro nel mangiare, e così il mio staff ha – come dire – preso di petto la situazione».
Beh, a posteriori va detto che sembrano aver avuto ragione loro.
«Devo ammetterlo: pian piano mi hanno fatto capire cosa devo mangiare, e qual è il modo migliore per allenarmi a seconda di ogni momento. Che si tratti di tornei, preparazione o settimane di puro allenamento».
E qual è il segreto del cibo di Murcia? La paella, la sangria?
Magari il gazpacho?
«Ah ah ah: ma no. L’unico segreto del mio fisico deriva dal lavoro duro e dalla cura di ogni dettaglio, ogni santo e benedetto giorno».
Poi ci si è messo anche lo sponsor: con questa canotta con cui gioca, ricorda il primo Nadal. Il paragone viene automatico, sa?
«Sinceramente penso che sia un bene rimanere come sono adesso.
Momentaneamente non voglio più crescere di fisico, non fa bene al tennis essere troppo muscolosi.
Voglio concentrarmi sul migliorare altri fattori come velocità, agilità e potenza. Roba cruciale per il tennis».
Insomma: in questo 2022 scopriremo definitivamente la macchina Alcaraz.
«Lo spero vivamente per me. Ma so che devo lavorare molto a livello mentale. Ho bisogno di migliorare la concentrazione durante le partite, evitare crolli, non avere continui alti e bassi».
Ma il suo papà però ha smesso di darle consigli…
«In realtà lo fa ancora qualche volta, ma adesso sono io che dico a lui qualcosa».
Comunque dicono che ci sia stata un’altra mossa segreta, nel suo stile
di vita.
«Ah, sì? Qual è?».
Essendo pur sempre un teenager, è attratto dai social. Così il suo staff se n’è accorto e qualcuno è stato costretto a dormire con lei per evitare che trascorresse le notti collegato al web…
«Confesso, ma è durata solo poche notti: però sì, mi hanno reso consapevole che stare sveglio fino a tardi non mi avrebbe giovato nei tornei dove si gioca tutti i giorni. La buona giornata di un tennista comincia con una buona notte di sonno. È vero che è importante essere al meglio fisicamente e psicologicamente».
Saggio ragazzo, ora pronto per la sfida finale a Medvedev.
«A Daniil? In che senso?».
A scacchi, cosa aveva capito?
«Ah ah ah. Vero. Lui è il chess master, ma anche io sto migliorando negli scacchi: mi mettono in funzione ogni neurone del cervello, mi costringono a trovare strategie e questo ha ricadute positive anche nel tennis: mi rende più veloce nel trovare soluzioni contro gli avversari. Negli scacchi, come nel tennis, se ti perdi per un momento il gioco è finito e non lo ribalti più.
Grazie ad alfieri e cavalli osservo meglio anche i movimenti della palla in campo».
Ma qual è il sogno di Alcaraz, quello che confessa sul lettino a Isabel Balaguer, la psicologa che persegue la “mindfulness”?
«Il mio? E mica è un segreto: lo sanno tutti che voglio diventare il numero uno del mondo!».
Alla faccia della sincerità e dell’ambizione: e gli Slam?
«Ovvio! Se non li vinci mica poi diventi numero uno».