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 2022  marzo 23 Mercoledì calendario

La vita di Gianni Minà in un film


Gianni Minà riprende l’auto con cui aveva scarrozzato i Beatles: ma quella sera del ‘65 al Piper c’era la folla, si rifugiarono al Club 84, in via Veneto. Alla guida e alla regìa c’è oggi la moglie Loredana Macchietti: per colonna sonora Paolo Conte e Manu Chao, la musica delle ormai scomparse linotype, momenti incredibili di tv: Ungaretti che conversa con Vinicius de Moraes, Fellini chiede di alzare la camera “così sembro più magro”, il set di C’era una volta in America. È il docufilm Una vita da giornalista che sarà presentato venerdì 25 al Festival di Bari, ovvero la capacità di Minà di stare sempre nel posto giusto, con qualche rischio. Dopo una domanda al generale dittatore Lacoste “è vero che qui scompaiono le persone?”, gli consigliano di lasciare l’Argentina, anno dei Mondiali ‘78.Macchietti divide in cento minuti la vita di un uomo nato al Nord ma con baricentro al Sud: le case dei ferrovieri nella città “grande coro di persone” (Venditti), la maglia del Grande Torino, l’abbraccio negli spogliatoi con “il gallo” Belotti. Non c’è la scontata battuta “chi è quel signore vestito di bianco in Vaticano accanto a Minà”, ma il doc cerca di spiegare il segreto che ora chiamano empatia, e ieri era amicizia, arte dell’incontro. C’è lui davanti a Enzo Ferrari che si commuove per Villeneuve, oppure accanto agli splendenti Stefania Sandrelli e Franco Califano, attore di fotoromanzi non ancora diventato “il Califfo”. Lui preso quasi in braccio da Muhammad Ali, forse l’unico a cui stelle ribelli come Mennea ragazzo del Sud senza pista e Maradona campione solo e tormentato hanno riservato le confidenze più intime e scomode.E poi, gli anni dei grandi concerti e del programma Blitz: i Rolling Stones, la casa dei Beach Boys, una visita a Dizzy Gillespie per una serie sulla storia del jazz. La sua famosa agenda che fa dire a Troisi: «Lo so, sto sotto i Fratelli Taviani, Toquinho e Little Tony». Quando De Niro sbarca a Roma chiama Minà: e anche se quella di Fiorello sembra una gag (“eravamo io…”), c’è una foto in cui a cena ci sono Gabriel García Márquez, Sergio Leone, il divo Bob, Muhammad Ali e naturalmente lui. Forse non tutti sanno che la sua è stata una lunga vita da freelance, un rapporto nervoso ma di grande amore con viale Mazzini, che fa dire a Renzo Arbore: «Siamo stati protagonisti di un rinnovamento della Rai». Facendo cose che nella tv di oggi accadono solo su mandato dello sponsor: Panatta intervistato a un cambio di campo, in evidente affanno. E dopo la vittoria «Gianni, la gente è buona e mi capisce».Passano sullo schermo i giganti portati su Rai 2 la domenica pomeriggio: Proietti, Gassman, Celentano, De André. E la lezione su Dante di Carmelo Bene a Benigni (“accento sulla sesta!”), sarebbe stata bene in qualche festa per i 700 anni. Loredana Macchietti: «Non è solo il racconto di una vita, ma anche l’evoluzione del giornalismo e del linguaggio televisivo, grazie alle musiche dell’epoca». Fuori dal docufilm Minà aggiunge: «Eravamo un ponte tra i fatti e la gente. All’inizio ho pensato che i social portassero più democrazia, ora sono pessimista. Il buon giornalismo di approfondimento vivrà nell’incrocio tra il metodo del vecchio mestiere e le nuove forme di comunicazione».Nemmeno nel film compare la famosa parete della casa romana in cui ci sono le foto di Minà con i suoi amici celebri. «Quella è zona privata», per l’elenco non basterebbe una pagina: Gorbaciov, Mina e Monica Bellucci ci sono. E naturalmente si parla dell’intervista a Fidel durata sedici ore, con Castro che esordisce dicendo: “Cercherò di sintetizzare” e risponde sui diritti umani. Venduta in tutto il mondo, finita in una battuta di Natural Born Killers (“voglio un’intervista come quella che ha fatto quell’italiano a Cuba!”) chissà perché tagliata nell’edizione italiana, provocò polemiche da prima pagina, ammirazione e invidia. I titoli di coda vanno sulla dedica ai compagni dell’adolescenza e sul premio speciale al Festival di Berlino, molti anni dopo: chissà se in Italia qualcuno ci pensa.