la Repubblica, 23 marzo 2022
L’Europa che non intende smettere di lavorare con la Russia
Sono numerose le aziende italiane che, magari pur avendo bloccato i nuovi investimenti in Russia, continuano a operare nel Paese di Vladimir Putin, anche dopo l’invasione dell’Ucraina risalente a quasi un mese fa. In alcuni casi, spiegano le società, la scelta è motivata dalla necessità di tutelare i lavoratori locali o garantire servizi essenziali. Pirelli, per esempio, in passato legata alla società petrolifera russa Rosneft da rapporti di azionariato e business, ha fatto sapere che le attività delle due fabbriche di Kirov e Voronezh proseguiranno a ranghi ridotti perché «saranno progressivamente limitate a quanto necessario per garantire il finanziamento degli stipendi e dei servizi sociali per i 2.300 dipendenti ». Restando nell’industria, il gruppo di ingegneria per il settore energetico Maire Tecnimont ha spiegato che sta «ribilanciando il portafoglio ordini tra la Russia e il resto del mondo, in primis in Medio Oriente». A quanto risulta, la società ha interrotto le attività commerciali a Mosca e sta gestendo le code dei progetti esistenti, tra i quali non rientra il contratto annunciato a gennaio con Rosneft, che difficilmente a questo punto diventerà esecutivo. Buzzi Unicem, dopo la chiusura dei due stabilimenti in Ucraina, continua a operare in Russia, dove è presente con 1.387 dipendenti e due cementerie. Il gruppo farmaceutico Recordati, che conta attività operative in entrambi i Paesi in conflitto, fa sapere che «sta monitorando con attenzione l’evolversi dell’attuale crisi, avendo come priorità salvaguardare la sicurezza delle proprie persone coinvolte nell’emergenza».Nel mondo della moda, Essilor Luxottica ha ridotto le attività nel Paese, comprese quelle dei negozi: «Abbiamo temporaneamente ristretto le nostre operazioni in Russia – spiega la società di occhiali e lenti oftalmiche – considerando l’incertezza. Siamo impegnati a portare avanti le forniture mediche essenziali per la vista e a garantire servizi». Restando nel settore della moda, tra i gruppi italiani che hanno scelto di mantenere alzate le serrande in Russia, ci sono Calzedonia e Geox. Il gruppo delle calzature all’inizio di marzo ha inaugurato un nuovo punto vendita nel centro commerciale di Mosca, Vegas Crocus City. Anche la società pubblica Sogin, come svelato dal quotidiano Mf, sta continuando a lavorare in Russia per smaltire i rifiuti nucleari sovietici.Proseguono poi a operare nel Paese Intesa Sanpaolo e Unicredit, le due maggiori banche italiane, esposte con prestiti a clienti russi per un totale di quasi 20 miliardi. Il gruppo guidato da Andrea Orcel conta lì 72 sportelli e ha appena fatto sapere di avere avviato «un’urgente valutazione interna dell’impatto e delle conseguenze di un’uscita». Mentre Intesa, che pure segue da vicino la situazione senza escludere uno stop alle attività, ha 28 filiali.Quelle italiane non sono certo le uniche multinazionali che restano in Russia. Anche diverse imprese francesi, per esempio, non vogliono smobilitare. Anzi: Renault, di cui lo Stato è azionista, ha riaperto il suo stabilimento di Mosca. Il gruppo ha una quota di maggioranza nel costruttore russo Avtovaz e impiega 40 mila dipendenti. Polemiche anche per la scelta del gigante francese dell’energia TotalEnergies di mantenere le attività in Russia, dove ha un progetto con la russa Novatek per il gas naturale liquefatto, “Arctic Lng 2” nell’Artico siberiano, del valore di oltre 21 miliardi di dollari. Nell’ambito dello stesso progetto continua a operare l’italiana Saipem, che nel 2019 si era aggiudicata due contratti dal valore di 3,3 miliardi, mentre è stato “congelato” per le sanzioni il finanziamento da 500 milioni di Intesa e Cdp. Sotto pressione da giorni, poi, la francese Total ha annunciato ieri che metterà fine all’acquisto di petrolio russo entro la fine del 2022. Il colosso italiano Eni ha «sospeso la stipula di nuovi contratti per l’approvvigionamento di greggio dalla Russia», mentre Enel ha fatto sapere che nel giro di pochi mesi cesserà le attività nel Paese.