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 2022  marzo 23 Mercoledì calendario

Intervista a Pierre Cosso

Si è mai sentito un sex symbol?
«No, davvero. Vivevo tutta questa cosa con molta ingenuità».
Effetti collaterali?
«Ogni tanto era difficile vivere con i paparazzi sotto casa».
Di Sophie Marceau che ricordo ha?
«Bellissimo, anche se non ci sentiamo più. È stato un periodo incredibile per noi. Eravamo dei ragazzini che avevano avuto la fortuna di girare una storia d’amore essendo innamorati: un film nella vita e la vita nel film. Una volta, durante le riprese di Cenerentola ‘80 a Roma, venne a trovarmi e andammo in piazza San Pietro per l’Angelus. Non esagero se dico che quando ci hanno riconosciuti ci trovammo metà piazza intorno: dovemmo rifugiarci in chiesa. Secondo me anche il Papa si è chiesto cosa fosse successo!».
Sono passati quarant’anni da quando Pierre Cosso rubò il cuore alle adolescenti italiane, impazzite dopo averlo visto al cinema nel Tempo delle mele 2. Chi non voleva sposare Simon Le Bon, sognava lui. Era la fine del 1982. Da allora il bell’attore francese ha trascorso metà del tempo con i piedi per terra, continuando a recitare e a cantare (con risultati alterni), e l’altra metà in mare, quasi a prenderne le distanze. Oceano dopo oceano, è diventato padre di tre figli, da tre donne diverse: Lucas, Lino e Noa, di 21, 17 e dieci anni. Dal 2020 si è dato un po’ di pace, ufficialmente per permettere al secondogenito di completare gli studi e prendere il diploma. Racconta: «Ormai sono polinesiano. Vivo a Tahiti, l’isola della mia compagna Rautea, la mamma di Noa. La barca però è sempre pronta: il mio catamarano Nusa Dua è la mia porta della libertà. A bordo siamo autonomi: per l’elettricità grazie al sole, per l’acqua dolce grazie al mare, e tutti noi in famiglia sappiamo pescare e conosciamo bene le piante».
Cosa le manca degli anni del successo al cinema?
«Di sicuro la leggerezza e quel senso di incoscienza che hai solo a vent’anni. Ricordo che a Roma giravo in scooter senza casco, tra le piazze più belle del mondo, dentro una bolla di gioia e felicità».
Nella capitale ha girato anche la miniserie «La romana», con Gina Lollobrigida.
«Con me è stata deliziosa. Una sera sul set mi ha preso la mano e mi ha detto: “Guardi, lei è bellissimo, ma si nasconde troppo. La invito a cena al Cantuccio”. Quando entrammo tutto il ristorante si alzò in piedi per lei, non certo per me: ero molto impressionato. Mi aveva fatto sognare in Notre Dame de Paris: un mito».
E della cucina italiana che cosa amava?
«Amo ancora! Gli spaghetti con le vongole, la mozzarella di bufala, la burrata. Sanno cucinare tutti benissimo. Ogni volta che vengo, riparto con qualche chilo in più».
Ha ancora molti amici?
«Sì, e di tutti gli ambienti. Luca Di Fulvio, Franca D’Amato, Sabrina Salerno...».
Con lei siete stati fidanzati.
«Sabrina è un’amica molto leale e fedele. Ammiro la vita che si è creata, e a me sembra anche più bella oggi di allora, forse perché pure la sua anima si è evoluta».
È tornato nel 2016 per «Ballando con le stelle». Disse di aver accettato per comprarsi le vele nuove del catamarano.
«Sì, è vero, quei soldi mi facevano comodo. Ma avevo accettato anche per mia mamma, che era stata ballerina. Mi faceva piacere condividere con lei quell’esperienza. Adesso ha l’Alzheimer e vive con noi in Polinesia».
E suo padre?
«È mancato due anni fa tra le mie braccia, qui a Tahiti. Per non sprofondare nel precipizio della sua mancanza mi sono attaccato alle corde della mia chitarra e ho cominciato a scrivere canzoni».
Ai tempi duettò con Nikka Costa e con Bonnie Bianco.
«Con Bonnie incidemmo Stay per Cenerentola ‘80, una canzone micidiale... Adesso, con la maturità e l’esperienza penso di essere molto migliorato nella scrittura e nella composizione. Ho appena inciso un album di brani che raccontano storie legate alla mia vita e ai personaggi che ho conosciuto: si intitola Pour un monde meilleur. Il mio gruppo si chiama Pierre Cosso &. Co., sono molto affezionato ai musicisti, tutti di Tahiti. Abbiamo già fatto dei concerti: sono stati un successo».
Ma come? Non voleva lasciarsi la fama alle spalle?
«In effetti qui mi riconoscono più come cantante che come attore. Ma è diverso: tutti si danno del tu, si sorridono, la vita è semplice».
Come è iniziato il viaggio?
«Sono partito dal porto della Grande Motte sfruttando gli Alisei il 23 novembre 2003. In realtà ero partito un mese prima, ma durante una tempesta nel Golfo del Leone ho perso l’albero e sono dovuto tornare indietro».
Una cosa impagabile della vita in barca?
«C’è una cosa bellissima che succede solo in mare: quando qualcuno sale a bordo non ti chiede mai che lavoro fai, ma da dove vieni e dove vai. Vivi il presente».
Come ha fatto con la scuola per i suoi tre figli?
«Sono stato il loro insegnante! In Francia abbiamo il Cned, il centro nazionale di apprendimento a distanza, che ti manda i programmi. Spesso navighiamo con due o tre barche dove ci sono altri ragazzini e un genitore a rotazione fa l’insegnante».
È felice?
«La felicità non è un obiettivo, ma è il viaggio. E io mi sto sempre muovendo».