Corriere della Sera, 23 marzo 2022
I cinquemila pianeti simili alla Terra
Immaginate dei pianeti che orbitano intorno al proprio sole. Pianeti potenzialmente abitabili, ma fuori dal sistema solare. E che come la Terra traggono dalla propria stella energia e luce. Ora smettete di immaginare perché questi pianeti esistono: si chiamano «esopianeti» o pianeti extrasolari. E non sono pochi. L’agenzia spaziale americana, la Nasa, ha appena certificato l’esistenza dell’esopianeta numero 5 mila. È solo un numero, si potrebbe pensare. Nulla di diverso dal 4.999 o dal 5.001. Ma in realtà è un numero che conta molto perché, fino a pochi anni fa, pensavamo di essere gli unici ad avere un sistema solare con una Terra e pochi altri pianeti che ne fanno parte (sempre lo stesso errore).
Il primo esopianeta è stato avvistato solo negli anni Novanta. «Non è solo un numero – ha detto Jessie Christiansen, scienziata responsabile per l’archivio e la ricerca degli esopianeti con la Nasa per il Science Institute del Caltech in Pasadena – ognuno di questi è un nuovo mondo, un nuovo pianeta. Sono entusiasta di ognuno di essi perché non ne sappiamo nulla». Nell’ultimo grappolo che ha permesso di raggiungere la soglia dei 5.000 ne abbiamo scoperti oltre 60, tutti insieme. Più dell’uno per cento del totale. Dunque la domanda è: cosa è cambiato dagli anni Novanta?
Abbiamo imparato cosa cercare.
«Gli esopianeti – spiega Rita Sambruna, Deputy Director della Divisione di Astrofisica del Goddard Space Flight Center, il più grande Centro scientifico della Nasa, a Greenbelt, Maryland – sono un territorio caldo di ricerca in astrofisica. E il Sacro Graal di questa mappatura è trovare un pianeta simile alla Terra e potenzialmente abitabile da vita come la nostra, a base di carbone e acqua; una delle domande fondamentali della Nasa è “Siamo soli nell’Universo?”. E per rispondere il primo passo è trovare un pianeta che abbia caratteristiche simili alla Terra».
È il dilemma di Enrico Fermi: il premio Nobel per la fisica era scettico nei confronti dell’esistenza di altre forme di intelligenza nell’Universo (ne avremmo già scoperte le tracce, era la sua argomentazione). Ma quando parliamo di tracce di vita non dobbiamo pensare necessariamente a forme di vita intelligente.
«Sappiamo già che Marte – sottolinea Sambruna – una volta ospitava acqua, per esempio. Esiste un pianeta al di fuori del sistema solare che abbia caratteristiche come la Terra? O almeno come Marte? Il problema è che a differenza dei pianeti nel sistema solare che sono vicini, gli esopianeti sono lontani e difficili da trovare. Non solo: sono anche difficili da studiare. Usando tecniche particolari, come il transito di fronte alla stella madre, che provoca una macchia nella luminosità della stella dovuta al piccolo oscuramento, ne abbiamo trovati 5.000, usando Kepler e il suo successore Tess. Con queste tecniche riusciamo a determinare la massa e la dimensione dell’esopianeta, la distanza dalla stella. Questo già ci permette di ricavare alcune informazioni: in base alla massa e la dimensione, per esempio, capiamo se il pianeta è roccioso, come la Terra; la distanza dalla stella madre ci informa se l’acqua sul pianeta può esistere in stato liquido. I pianeti piccoli e rocciosi, alla distanza “giusta” dalla stella, sono i più simili alla Terra nel senso che ci potrebbe essere acqua. E dove c’e’ acqua ci potrebbe essere vita. Con gli strumenti più avanzati, come Jwst e Roman, saremo anche in grado di studiare l’atmosfera dell’ esopianeta, cercando elementi chimici e molecole complesse che sono un passo in più nel trovare Earth 2.0, il gemello della Terra».
Come diceva Freud il primo errore che abbiamo fatto è stato pensare di essere al centro dell’Universo. Copernico e la Nasa ci hanno aiutati a capirlo.