Corriere della Sera, 23 marzo 2022
Intervista a Julia, una cecchina ucraina
Zaporizhzhia Due giorni prima dell’inizio della guerra, la più famosa tiratrice scelta dell’Ucraina diceva al Corriere che «no, è impossibile». Era convinta che un’invasione su larga scala sarebbe stata ridicola. «A Kiev? Ma va. I russi non sono stati capaci di controllare un Paese piccolo come la Cecenia fino a che non l’hanno venduto ai Kadyrov, figurarsi l’Ucraina che è gigantesca. Però qui in Donbass, sì. Qui potrebbero provarci». E tu Julia, combatterai? Anche adesso che sei diventata mamma per la terza volta? Prenderai il tuo Savash calibro 300 e andrai ad ammazzare i soldati a tre chilometri di distanza?
Ad un mese esatto da quella prima telefonata, il cellulare di Julia, detta «Bilka», scoiattolo, torna a squillare. È la prima volta da tre giorni. Prima era sempre staccato.
«Cerchiamo di fare più missioni possibile, ma dobbiamo anche riposare. Ho preso servizio il secondo giorno di bombardamento. Ho sbagliato previsione, è vero. Ma resta una cosa incredibile, assurda».
Dove sono i figli? Dov’è tuo marito?
«Lui è con me, in prima linea. Combattiamo assieme. I ragazzi sono con mia madre e il bancomat. Li sento, hanno paura, ma sanno che lo stiamo facendo per loro. Sono orgogliosi».
Che guerra è, Bilka?
«Rispetto al 2014, all’epoca dell’invasione del Donbass, è proprio diversa. Non per le armi o cosa, ma per la quantità di scontri. Loro hanno tantissimi soldati. Più ne eliminiamo e più ne arrivano. Sono come gli orchi nei videogiochi dei miei figli».
E c’è anche l’aviazione.
«Già. Perché l’Europa non si rende conto? Perché non chiude i cieli? Dopo di noi, toccherà a voi. Ci sono state tantissime occasioni nelle quali avremmo avuto la possibilità di contrattaccare e invece ci fermavano dal cielo. A Mariupol, poi. Per quanto siano coraggiosi, come fanno a resistere?».
Non siete mai riusciti a rompere l’accerchiamento? Portare rifornimenti, munizioni?
«Impossibile, i russi sono troppi. Anche il sindaco è qua da noi, ormai quelli laggiù devono fare tutto da soli».
Sicura? Il sindaco di Mariupol, Vadym Boichenko, non è più in città?
«Da un bel po’, quello che scrive lo sa da altri».
E i russi? Come combattono?
Mio marito è con me in prima linea I ragazzi sono con mia madre, hanno paura, ma sanno che lo stiamo facendo per loro: sono orgogliosi
«Hai presente un gran signore dopo che è stato rapinato? Ha il cappotto, ma è strappato. Il portafoglio, ma è vuoto. Il cappello ammaccato. Ecco l’armata russa mi dà l’impressione di essere stata appena rapinata. Non hanno neanche le uniformi in ordine. Non riescono nemmeno a riparare una ruota bucata perché gli manca il camion officina e quando c’è non ha i pezzi di ricambio. Dev’esserci stato un mangia-mangia colossale. Il risultato è che i soldatini in prima linea sono demoralizzati, impauriti. Appena possono disertano. Scappano o si danno prigionieri».
Ci sono storie di carri armati consegnati a voi ucraini.
«Spesso i soldati russi usano sim ucraine rubate per chiamare a casa e la nostra intelligence li inonda di sms. Arrenditi, telefona a questo numero e organizzeremo il passaggio tra le nostre linee. Non ti verrà fatto nulla. Roba così. A volte funziona. Fanno pena poveretti. Vengono da lontano, sono tutti meravigliati delle nostre belle strade, belle case. Qualcuno credeva di doverci venire a salvare, altri non sapevano neanche di dover venire qui. Ci toccherà dare la cittadinanza a tutti loro. In Russia non possono di certo tornare».
Se sono così disastrosi perché non avete già vinto?
«Perché sono tantissimi e perché noi non abbiamo aerei. I loro movimenti sono abbastanza ripetitivi. Si mettono in colonna, con i tank e la logistica. Una coda lunga chilometri. Se li attacchi da terra mentre sono in formazione sei morto. Quando invece passano all’attacco, allora si dividono in unità più piccole e a quel punto sono più aggredibili».
Non avete armi occidentali? I Javelin anticarro farebbero strage. Anche in colonna.
«Sì, li abbiamo, ma sono utili in un combattimento ravvicinato. Quando con una squadra riesci a neutralizzare quasi tutti i mezzi prima che ti individuino e ti annientino. Quando invece hai davanti una colonna lunga chilometri devi stare al riparo. Lontano chilometri e chilometri. Sono tank, mica giocattoli. Ti servirebbe l’artiglieria, ma loro hanno gli aerei e ce la distruggono. E voi occidentali, l’aviazione, non ce la date».
Allora?
«Ci arrangiamo con i droni turchi, i Bayraktar TB2. Una meraviglia. Più volte mi è capitato di vederne uno nostro in cielo assieme a un loro caccia e dal jet non vedevano quel moscerino. Però quando sgancia il suo missile il tank è andato».
Attraversando i check point russi non si ha la sensazione di quell’armata allo sbando che descrivi.
«Ci sono due tipi di soldati tra loro. Quelli in prima linea, che sono anche di leva, e quelli delle retrovie che sono i “karivovzy” i ceceni del presidente Kadyrov. Quelli non vengono avanti, ma sono sempre ben vestiti, con le barbe pettinate. Loro formano i zagrad otriad (plotoni di tamponamento). Sparano se qualcuno retrocede. E uccidono anche i feriti. Il colpo di grazia, dicono, ma non sono sicura che qualcuno avrebbe potuto salvarsi. In sostanza i ceceni fanno da argine alle spalle dei soldati russi, con l’autorizzazione a sparare».
Mai affrontato un kadirovky?
«No. Sono ancora più indietro rispetto al nostro raggio d’azione. Noi abbiamo piani d’incursione dietro la loro prima linea per tagliare i rifornimenti. Attacchiamo le cisterne, i camion logistici, obbiettivi con una reazione meno potente. Per i carri armati ci vorrebbero proprio i jet. Voi europei siete proprio sicuri di non voler chiudere i cieli?».