La Stampa, 23 marzo 2022
I numeri sugli italiani e i social
Tre italiani su quattro navigano sul web, secondo Audiweb, per un totale medio di 58 ore al mese. E di queste, 16 al mese sono dedicate ai social, ai quali accedono 38,5 milioni di persone ogni giorno. La ricerca commissionata da Italian Tech a SWG è al centro dello speciale Italian Tech, domani in regalo con La Stampa e Il Secolo XIX . Ma si parla anche di informazione, di grandi della tecnologia che diventano arbitri della politica, di invenzioni grandi e piccole che ci hanno cambiato la vita o che potrebbero farlo. Tutto con le splendide illustrazioni di Noma Bar.
I social
Ognuno ha la sua specializzazione: Twitter per informarsi, TikTok per divertirsi, Instagram per osservare, Facebook per rimanere in contatto con amici e conoscenti. E LinkedIn, specie tra i più giovani, per trovare un lavoro. Tutti sono diventati più popolari con la pandemia, ma TikTok più degli altri: solo nell’ultimo anno, la piattaforma di condivisione video è cresciuta del 58 % in Italia, allargando a dismisura la sua fascia di utenti, di pari passo con l’interesse di influencer e aziende. Per i più giovani, è il social da frequentare, insieme con Instagram. Per chi ha tra 50 e 70 anni, invece, il riferimento rimane Facebook, che è il social a tasso di crescita più basso (un rispettabile 19%, comunque).
Ma i social ci hanno cambiato la vita in meglio o in peggio? Dipende anche qui dall’età: Secondo la ricerca SWG-Italian Tech il giudizio è complessivamente positivo per i nati tra gli anni ’80 e gli anni 2000: il 27 per cento li considera utili, e addirittura l’11% parte della propria identità. Il dato si inverte con l’aumentare dell’età: quasi il 45 per cento dei Baby Boomer, nati tra gli anni ’50 e ’60, considera il rapporto con i social network superfluo o inutile.
L’informazione
Gli italiani si informano sui social (in video soprattutto), ma non sempre leggono quello che condividono. E se li abbandonano, spesso lo fanno per l’eccesso di notizie false o incomplete. Che, però, sono ovunque: su Wikipedia, ad esempio, che nel caso della guerra in Ucraina non si è dimostrata all’altezza del suo compito di fonte di informazioni attendibili e aggiornate. In Italia almeno, perché della pagina «Invasione russa dell’Ucraina (2022)» è esistita per tre settimane solo una bozza, mentre le edizioni in altre lingue riportavano costanti aggiornamenti. Dopo lunghe polemiche e divisioni interne tra i volontari di Wikipedia, la voce è stata finalmente messa online, ma con diverse avvertenze: è una voce «da controllare» e afflitta da «recentismo».
Un nuovo ruolo
Ma il conflitto in Ucraina ha mostrato ancora una volta che i grandi della tecnologia non sono neutrali. Oltre alle sanzioni decise dai governi, ci sono state le mosse di Amazon, Apple, Sony, Netflix, YouTube, Microsoft e tanti altri, che hanno sospeso o limitato i loro servizi a segnare il crescente distacco del regime di Putin dal resto del mondo. Mosca ha reagito lanciando o potenziando piattaforme made in Russia, primi segni di un’internet autarchica che è l’esatto contrario del principio cardine da cui è nata la Rete. Intanto i servizi ancora attivi sono stati spesso usati in modo assai diverso da quello previsto originariamente: le recensioni su Google Maps sono diventate un mezzo per aggirare la censura russa, affittare un alloggio su Airbnb (ma senza andarci) è un modo per aiutare finanziariamente gli host ucraini.
Perfino TikTok, da piattaforma per balletti, è diventata un mezzo di informazione: altro segno della capacità umana di inventare, di trovare una soluzione a un problema, di portare nel presente qualcosa che prima non c’era.
Inventare
Ce ne parlano in questo numero, Nerio Alessandri, fondatore di Technogym, e James Dyson, che tutti conoscono per gli aspirapolvere più avanzati del mondo, ma pochi per essere l’inventore di un’auto elettrica rivoluzionaria. Che non è mai nata per ragioni commerciali, come racconta in un lungo estratto in esclusiva della sua autobiografia, Invention, di prossima pubblicazione presso Rizzoli.
E ancora, c’è chi inventa un nuovo mondo: ad esempio Peter Moore, vicepresidente di Unity Technologies, un passato tra videogiochi e football. La sua tecnologia Metacast, digitalizza eventi sportivi per renderli spettacoli interattivi, un metaverso in tempo reale. Di invenzioni che hanno fatto la storia ne segnaliamo 10, ma in questo numero di Italian Tech ci sono anche 24 gadget recentissimi, raccolti tra il Ces di Las Vegas e il Mobile World Congress di Barcellona. Senza dimenticare chi pensa in modo diverso: come i visionari di Fairphone, secondo cui un telefono non nasce per essere buttato, ma aggiornato e riciclato.