il Giornale, 23 marzo 2022
Lo stadio smontabile per il Mondiale in Qatar
In attesa di sapere se i calciatori italiani calcheranno i campi di Qatar 2022, c’è un italiano che lo ha già fatto. E sono io. Ho potuto visitare in anteprima uno degli otto impianti che ospiteranno le 64 partite del mondiale, il Ras Abu Abud, che qui però preferiscono chiamare 974. Perché tanti sono i container con i quali è stato costruito. Che poi 974 è anche il prefisso telefonico internazionale dell’emirato che si protende come un pollice dalla penisola arabica, per cui lo stadio diventa anche un astutissimo caso di marketing territoriale autoavverantesi.
Il 974 è uno degli stadi più bizzarri del mondo, senza tema di smentita. Intanto perché è uno stadio temporaneo. Dopo il torneo sarà infatti smontato, e figuratevi che impressione può fare una cosa del genere a chi arriva da un Paese in cui da dieci anni una città come Roma progetta di costruire un nuovo impianto e ancora non si sa se, e dove, e quando mai. Che poi Roma fa gli stessi abitanti del Qatar, 2,8 milioni, e c’è un solo vero stadio, l’Olimpico, visto che il Flaminio è un rottame inservibile. Qui, con un campionato di livello scadente, hanno otto impianti con standard Fifa. Chi ha il pane non ha i denti. E viceversa, naturalmente.
Il Qatar si è permesso il lusso, per la rassegna sportiva che dovrebbe portarla all’attenzione del mondo, di creare dal nulla – e in pochissimi anni – un pop-up stadium nel luogo in cui sorgeva la compagnia petrolifera qatariota (a proposito: si può dire qatariota o qatarino, a piacimento) e poi di smantellarlo. I container che con l’acciaio costituiscono la struttura dell’impianto, che peraltro è stato progettato da Albert Speer, figlio e omonimo dell’architetto di Adolf Hitler, saranno poi riutilizzati in modi diversi. Alcuni saranno devoluti a Paesi in via si sviluppo per costruire impianti simili. Ideuzza: e se noi italiani facessimo domanda?
Ma non pensate che il 974 – che ospiterà sei partite del Mondiale, dei gironi e fino ai quarti – sia uno stadio giocattolo. Conterrà 46mila spettatori, avrà tutti i comfort di un teatro dei sogni e sarà lo stadio più ecosostenibile del mondo. Già l’uso dei container, colorati di rosso, di giallo e di blu a seconda della funzione dello spazio, ha permesso un risparmio del 20 per cento rispetto a quanto sarebbe costato con l’utilizzo di tecniche edilizie tradizionali. E la posizione dell’impianto, a due passi dal golfo di Doha, lo rende ventilato e fresco. E infatti è l’unico degli otto stadi della rassegna Fifa di novembre e dicembre a non aver avuto bisogno di un impianto di condizionamento.
Visitare gli stadi del Qatar fa capire l’anomalia del Mondiale più pazzo del mondo. Il primo in Medio Oriente. Il primo fuori stagione (la finale si svolgerà il 18 dicembre, e se qualche commissario tecnico sarà esonerato non potremo nemmeno dire che non mangerà il panettone). Il primo in cui un tifoso teoricamente potrebbe assistere a più di una partita al giorno. Gli stadi sono infatti tutti nel raggio di poche decine di chilometri. E alcuni sono anche serviti dalle stazioni di una metropolitana nuova di pacca e semideserta costruita su esplicita richiesta della Fifa. Insomma, uno può vedere per dire una partita alle 13 allo stadio Lusail, uscire dallo stadio, prendere la linea rossa del metrò e spostarsi a Rayyam per un altro match alle 18.
Si può pensare quel che si vuole del Mondiale in Qatar. Ma gli otto stadi sono altrettante meraviglie. Dallo stadio al-Bayt di al-Khor, a forma di tenda beduina, che ospiterà la partita inaugurale, all’iconico Lusail, in cui si alzerà la coppa, che avrà 80mila spettatori ma dopo il mondiale farà una cura dimagrante scendendo alla metà. Dal al-Thumama a Doha, dalla forma del copricapo tradizionale shashia all’al-Janoub di al-Wakrah, che è stato disegnato dalla compianta Zaha Hadid e ha la forma del dau, la tradizionale barca araba.
Gli stadi ci sono e sono bellissimi. Manchiamo noi.