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 2022  marzo 22 Martedì calendario

Intervista al figlio di Morricone che s’è detto dispiaciuto per la targa dell’Auditorium

ROMA – «Quando noi, quattro figli, siamo stati convocati in Campidoglio dopo la scomparsa di nostro padre e l’ex sindaca Virginia Raggi ci ha chiesto di dare il suo nome all’Auditorium, non siamo stati felici. Di più». Nella memoria del figlio di Ennio Morricone, Giovanni, è scolpito ogni ricordo legato al padre.
I successi e le delusioni. I premi, gli Oscar e i riconoscimenti postumi. Il racconto della vita del genitore, del suo mito, è appassionato. Ma la narrazione di Giovanni, regista e sceneggiatore, ora al lavoro a New York, si blocca quando all’orizzonte si staglia il Parco della Musica di Roma: «Papà non avrebbe nemmeno mai potuto sognarne l’intitolazione. Ma quando abbiamo visto la targa che gli hanno dedicato, il modo in cui è stata realizzata, e l’assenza del suo nome sul sito dell’Auditorium... in famiglia si è risvegliato un sentimento di dispiacere». Come raccontato ieri da Repubblica, sulla vetrina virtuale dell’Auditorium non c’è traccia dell’intitolazione a Morricone. E la targa non tiene fede a quanto specificato nella delibera con cui il Comune ne ha deciso l’apposizione.
Cosa avete pensato quando avete visto l’incisione della targa?
«Ha un titolo (“Auditorium – Parco della Musica”, ndr ) mentre il nome di mio padre è ridotto a un sottotitolo.
Lo stesso non è mai indicato online. È come se la sala Sinopoli si chiamasse “sala grande”, con il nome del maestro ridotto a sottotitolo. Non è così».
Il docufilm di GiuseppeTornatore racconta la sofferenza di suo padre per il mancato riconoscimento da parte dell’accademia del suo lavoro per il cinema.
«Ciò che si vede in Ennio è la verità.
C’è stata una resistenza storica nei confronti di papà. Oltre alle colonne sonore per il cinema, che non credo siano un prodotto di secondo livello, ha composto più di 100 brani di musica assoluta».
Che rapporto aveva con l’Accademia di Santa Cecilia?
«Mio padre negli anni ha lavorato gratis per Santa Cecilia e ha riempito
sempre il teatro con i suoi concerti.
Sono fatti».
Resta il nodo della cura della memoria.
«Indro Montanelli diceva che questo è un Paese senza memoria. Dovrebbe esserci un interesse da parte delle istituzioni a ricordare chi ha regalato alla comunità un motivo di orgoglio.
Non si tratta di nome o di status. Ma, nel caso di mio padre, della dignità della sua musica. La sua è una storia di umiltà, ha lavorato da quando aveva 14 anni. È stato un esempio, può esserlo ancora per i giovani».
Come?
«Stiamo parlando con il Comune per organizzare un evento in suo ricordo.
A patto che il Covid ce lo permetta».
E l’Auditorium? In che rapporti siete dopo la vicenda della targa?
«Subito dopo la morte di papà c’è stato un concerto fuori programma.
Si era anche parlato di un’esibizione discussa con nostro padre prima che morisse. Non si è più fatta. Poi c’era stata una richiesta da parte del ministero degli Esteri a cui Santa Cecilia ha dato seguito. In ogni caso, a prescindere da Morricone, ai grandi compositori va dato spazio per ricordare quanto ci hanno dato».
Raccontava la sofferenza di suo padre. Ha più senso distinguere la musica alta da quella più popolare?
«No. Credo che anche la musica più alta debba comunicare delle emozioni. È la missione dell’arte. Se si guarda un Picasso o un Pollock, i quadri devono comunicare qualcosa. Altrimenti non c’è condivisione. C’è un passaggio in Ennio, quando papà racconta “la vittoria sulla propria sconfitta” e il peso del senso di colpa che gli era stato fatto sentire da una certa generazione di musicisti... il riscatto è arrivato facendo della musica per il cinema un elemento necessario per i film, ma con una vita indipendente rispetto alle pellicole.
Ne parlavo con lui e mi spiegava che la musica del cinema fa parte del linguaggio contemporaneo. Mi pare che stia resistendo al tempo».
Fin qui i ricordi e le valutazioni di un figlio. Sua madre come vive questo passaggio?
«È una donna riservata. Ma ha notato tutto questo anche lei, la storia della targa e del sito. Dopo 70 anni insieme, va considerata come coautrice. Ora è l’ultima rappresentante dell’opera di nostro padre. È coscientissima tanto del suo amore per la musica assoluta che per quella per il cinema».