Corriere della Sera, 22 marzo 2022
Il matematico ucraino che s’è suicidato a Mosca
«Se leggete queste parole, significa che quasi di sicuro non scriverò mai più niente». La morte di un matematico ucraino è quasi una nota a margine, nel grande carnaio di questa cosiddetta operazione militare speciale che nei piani del Cremlino doveva durare appena due giorni. E alla fine, non sappiamo poi molto di una persona che ha scelto di non essere più. Ma sulle ragioni che lo hanno indotto a togliersi la vita, non ci sono dubbi. Perché è stato lui a metterle nero su bianco, con tre messaggi su Telegram che hanno il senso di un commiato, di un testamento. «Il mondo deve cercare di correggere gli errori. E non lo fa. Il mondo deve essere fatto di persone che pensano, che provano empatia verso il prossimo, che se ne sentono responsabili. E invece non è così. Il mondo dovrebbe ammettere la libertà di pensiero e di scelta. E invece la toglie in continuazione».
Konstantin Olmezov aveva 27 anni ancora da compiere. Era ucraino, nato a Donetsk. Nella capitale del Donbass si era laureato all’Università statale. Nel 2018, era stato ammesso agli studi di specializzazione del Mipt, che fino a pochi giorni fa era considerata come una specie di Harvard moscovita. «Mi ero innamorato di una scienza che in Ucraina non era rappresentata, la combinatoria additiva, e ne ero innamorato veramente, ne ero pazzo come si può esserlo con una persona».
I suoi colleghi che lo piangono sui social ne parlano come di una mente dal talento smisurato. Quando non studiava i problemi inversi che sono alla base della scienza della quale era invaghito, Konstantin scriveva poesie. Nei suoi versi, che pubblicava sul suo canale Telegram, ci sono costanti riferimenti alla luce, come elemento vitale, come «speranza nel futuro». Il buio che l’ha inghiottito è cominciato con la guerra, che non uccide solo sul campo di battaglie, ma cambia le traiettorie dei destini individuali, pone gli esseri umani davanti a scelte che nessuno dovrebbe mai essere obbligato a fare. «Il 26 febbraio ho provato a lasciare il territorio della Russia, un gesto in parte stupido, nella misura in cui non era pensato bene. Ero intenzionato a difendere il mio Paese da chi vuole togliergli il semplice diritto ad esistere. Mentre stavo salendo su un bus, sono stato arrestato, per colpa di una persona alla quale avevo raccontato dei miei piani».
Fin dall’inizio sono stato con tutta l’anima con voi, amici, anche se non sono riuscito a salvare nessuno. Vado nel nulla, ma questo nulla mi è più caro della realtà che stiamo vivendo
La sua detenzione è durata quindici giorni, durante i quali aveva anche ricevuto un invito a proseguire le sue ricerche in una università austriaca. Ma il dolore aveva già cominciato a scavare dentro di lui. «Quando mi hanno arrestato, credevo di aver perso la mia libertà per sempre. Così ho detto chiaramente a quelli dell’Fsb che mi stavano interrogando cosa penso di quel che sta succedendo. In cella ho cominciato a cercare una sola cosa, la morte. Non meno di dieci tentativi. L’unica cosa che mi era rimasta da sognare era di tornare in libertà per avere la possibilità per provarci ancora e riuscire a farlo. Perché mi abbiano liberato, non riesco ancora a capirlo».
Forse aveva cambiato idea. Il suo avvocato sostiene che aveva acquistato un biglietto aereo per la Turchia, con l’intenzione di tornare poi in Ucraina. Ma non è riuscito a partire, anche se non viene spiegato perché anche questa seconda fuga non sia andata a buon fine, se per un ripensamento o per un controllo in aeroporto. Il 20 marzo, Konstantin Olmezov si è suicidato nel suo appartamento alla periferia di Mosca. Le sue ultime parole sono queste che seguono, dedicate ai suoi amici ucraini, e lasciano intravedere un animo sensibile, incapace di sopportare questo orrore che chiamiamo guerra. «Mi fa male ogni ordigno che cade nelle strade di Kiev, non riesco più a tollerarlo. Fin dal primo giorno ad oggi sono stato con tutta l’anima con voi, anche se è chiaro che non sono riuscito a salvare nessuno. Sono un assoluto ateo. Non credo nell’inferno, vado nel nulla. Ma questo nulla mi è più caro della realtà nella quale stiamo vivendo».