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 2022  marzo 21 Lunedì calendario

Intervista ad Anna Ferzetti

Sta girando l’Italia con lo spettacolo Ovvi destini (che il 3 maggio approderà alla Sala Umberto di Roma). Dal 23 marzo, nella seconda stagione della fiction di Rai2 Volevo fare la rockstar sarà una vulcanica professoressa d’italiano delle scuole serali e contenderà Giuseppe Battiston a Valentina Bellé. E dal 13 aprile su Disney + nella serie di Ferzan Ozpetek Le fate ignoranti avrà il ruolo della moglie psicologa dell’astrologa Ambra Angiolini. La carriera in punta di piedi di Anna Ferzetti, 40 anni a dicembre, 18 di amore con Pierfrancesco Picchio Favino a cui ha dato le figlie Greta e Lea, ha finalmente preso il volo. L’attrice romana, figlia d’arte del grande Gabriele Ferzetti, sorriso solare ed energia contagiosa, racconta questo momento della sua vita con un’insolita voce bassa, molto sexy.
Ha preso lezioni di dizione?
«No, ho preso il Covid. Sono stata l’ultima della famiglia, ci siamo contagiati tutti e poi per fortuna siamo guariti. E io ho ancora questo tono di voce, anche se sono tornata a stare benissimo».
Cosa l’ha spinta a girare la serie Volevo fare la rockstar 2?
«La possibilità di interpretare un’antagonista che per la prima volta non è cattiva. Il mio personaggio, Silvia, è una donna positiva, diretta e ironica, che finisce per stringere un legame con la sua rivale più giovane. Non si tratta insomma della storia trita e ritrita di due femmine che si contendono un maschio e se ne fanno di tutti i colori».
Aumentano i ruoli di donne meno stereotipate?
«Proprio così, il cambiamento è in atto e non si ferma. Ma anche noi attrici abbiamo la responsabilità di sottrarci ai cliché a costo di uscire dalla nostra comfort zone e di rischiare per rappresentare una femminilità diversa, più complessa e più autentica».
Le è mai capitato di contendere un uomo a un’altra?
«Certo, al liceo. Eravamo addirittura in tre innamorate dello stesso ragazzo. Quante partite di pallamano mi sono inflitta pur di farmi notare... Ma alla fine lui ci ha snobbate tutte e ha scelto un’altra».
Dopo anni di lavoro in punta di piedi si sente finalmente realizzata come attrice?
«Sono molto contenta della mia carriera che è stata lenta ma perseverante. Credo nel mestiere, che non è mai stato un passatempo, e ho rispetto del pubblico come mi ha insegnato la mia famiglia di artisti. Sono sempre pronta a rimboccarmi la maniche e ad accettare le sfide, come la conduzione dei Nastri d’argento: sono talmente timida che credevo di non farcela, invece è andata».
Il grande successo di Picchio vi ha in qualche modo destabilizzati?
«No, lo abbiamo vissuto e lo stiamo vivendo benissimo perché in famiglia siamo molto uniti».
Qual è il segreto della longevità della vostra coppia?
«Non ci sono segreti. Ci amiamo moltissimo, condividiamo lo stesso progetto di vita, ogni tanto ci separiamo per lavoro ancora più felici poi di ritrovarci, continuiamo a preservare degli spazi solo per noi due con l’aiuto delle magnifiche nonne che ci tengono le bambine. E come il primo giorno ridiamo tanto».
Di cosa?
«Di tutto. Poco fa Picchio mi ha fatto una videochiamata con le bambine, e cosa si è inventato? Parlavano tutti a scatti, come se la connessione fosse difettosa. Mai divertiti tanto».
Domanda inevitabile: vi sposerete?
«Per il momento non è in programma, ma è come se fossimo sposati. Abbiamo creato una famiglia e ci siamo scambiati tante promesse. In futuro, chissà...».
Contenta che le vostre figlie, Greta di 16 e Lea di 10 anni, abbiano cominciato a recitare accanto a voi?
«Sì, perché impedirglielo? Da ragazzina mi sono creata un mare di problemi a lavorare con mio padre temendo che mi considerassero una raccomandata. Infatti me ne hanno dette di tutti i colori e io l’ho vissuta malissimo. Ma alla fine è solo il lavoro a definire chi siamo».
Che effetto le fanno i 40?
«Nessuno, me li sento da un pezzo forse perché ho fatto le figlie presto, a 23 e 30 anni. Sono sempre stata affidabile, responsabile e materna un po’ con tutti. Gli amici sanno che io ci sono, che non mi tiro indietro. Ma c’è una parte di me che non è ancora cresciuta e mi fa sentire ancora una ragazzina. Meno male».