il Giornale, 21 marzo 2022
Intervista a Matteo Bocelli
«Lui mi dice sempre: ti ho trasmesso dei valori, ora è il momento di usarli». Intanto sa cantare, mica poco, e lo conferma anche nella sua prima canzone totalmente in italiano, ossia Dimmi scritta con Mahmood e Sylvia Tofany. Altrimenti Matteo Bocelli rischierebbe di apparire soprattutto il figlio del tenore italiano più popolare al mondo e di finire catalogato in fretta e furia nella (infinita) schiera di figli di papà benedetti dalla sorte.
Invece è soprattutto un figlio d’arte e basta parlargli per qualche minuto per ritrovarsi di fronte un 24enne anomalo, bello e alto come il giovane Vittorio Gassman e privo di tutti i lustrini autoreferenziali tipici di chi si affaccia al successo senza sapere quanto costi mantenerlo: «Da bambino vedevo mio padre partire per il mondo ed è era difficile capire. Ora tocca a me».
Qualcuno potrebbe dire che la sua non sia una passione autentica.
«In realtà sono nato con la musica nel cuore e a 6 anni ho iniziato a suonare il pianoforte. E, a dirla tutta, mio papà non ha mai spinto perché andassi in quella direzione. Anzi, mio fratello Amos gli diceva sempre che se Matteo vuol fare musica, fagliela fare e lasciagliela studiare».
Non a caso tra poco finirà il Conservatorio a Lucca.
«Sì tra pochi mesi, anche se ci sono tanti impegni, ad esempio tra poco parto per l’India».
A dicembre ha cantato con suo papà alla Casa Bianca.
«È un effetto strano ritrovarsi fisicamente in un luogo che si conosce sin da bambini ma soltanto grazie a tv, film, giornali. Abbiamo cantato Oh, holy night per il presidente e la First Lady. Ma c’è stato un particolare che mi ha colpito ancora di più».
Quale?
«Quando Joe Biden mi ha detto di aver apprezzato particolarmente il brano Fall on me cantato con mio papà. Mi ha detto che, vista la propria esperienza (nel 2015 ha perso il figlio Beau per un male incurabile – ndr), vedere un padre e un figlio insieme lo commuovono sempre. Mi sono commosso anche io».
Perché ha scelto di esordire in italiano proprio con Dimmi?
«Perché Mahmood mi ha fatto sentire questo brano e l’ho sentito subito mio. Lo canto con il sorriso sulle labbra ma in realtà tratta di un tema profondo, quello di condividere parte delle proprie esperienze con qualcun altro».
Quindi all’orizzonte potrebbe esserci anche un album completo.
«Penso di poterlo pubblicare in autunno. Ho scritto tanto, con tanti autori diversi, da Petrella ad Abbate e Caccamo, passando per Cheope, Gary Barlow e altri ancora. Non è facile selezionarli».
Scusi Matteo, che musica ascolta?
«Sono cresciuto ovviamente con l’opera e la musica italiana. Mi piace il pop, naturalmente, ma anche il rap di Eminem, ad esempio, e seguo molto Harry Styles, Ed Sheeran e i Coldplay».
È stato molto invidiato quando è diventato testimonial con Jennifer Lopez.
«Quando l’ho incontrata per fare le foto, non era di molte parole. Aveva tanti impegni, sembrava molto concentrata. L’ho vista e mi sono messo a suonare al pianoforte una parte della Sonata al chiaro di Luna di Beethoven. Un bel momento».
Qual è il lato bello del successo?
«Quando lo chiedono a mio papà, lui risponde che il lato più bello è di aver la possibilità di parlare e confrontarsi con le menti più eccelse e con i personaggi più significativi del nostro tempo. Spero di poterci un giorno riuscire anche io».
E il lato più «impegnativo»?
«Avere sempre più forza per non inciampare in vizi e problemi che sono dietro l’angolo».