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 2022  marzo 21 Lunedì calendario

Tutto quello che c’è da sapere sugli Ntf


Un giorno, nemmeno troppo lontano, il nostro avatar (la nostra rappresentazione virtuale) verrà invitato a una festa inesistente in una villa che non c’è, indosserà abiti firmati, che mai troveremo in un negozio reale, acquisterà opere d’arte visibili solo sullo schermo dello smartphone. Benvenuti nel Metaverso, dove tutto è impalpabile, compresi i soldi. Ma dove tutto è vero. Gli investimenti si stanno dematerializzando e il nuovo oro è totalmente digitale. La merce di scambio del momento si chiama Nft, sigla che sta per non fungible token. Si tratta di certificati di proprietà di opere digitali. Unici, insostituibili e non fungibili, a differenza delle criptovalute che si possono scambiare l’una con l’altra. Le opere possono essere creazioni artistiche fatte di pixel, canzoni, o semplicemente immagini digitali da collezionare alla stregua delle figurine Panini. Sul web è già scoppiata la mania per le illustrazioni di scimmiette o gattini con la scia arcobaleno. Disegni senza alcun valore artistico, talvolta generati automaticamente da un computer, la cui compravendita è arrivata a toccare cifre record di 7,27 milioni di dollari in un solo giorno. Gli analisti della banca d’investimento Jefferies prevedono che il valore degli Nft raddoppierà l’anno prossimo e si avvicinerà a 80 miliardi di dollari entro il 2025.
Una follia? Che senso hanno gli Nft? Non esistono certo solo per il gusto di possedere un certificato virtuale, né per scambiarsi i pezzi di una collezione. Ma sono nati (anche) per investire e guadagnare dalle vendite all’asta. Leviamoci dalla testa che si tratti di un giochino da nerd. È il business del futuro (o del presente?). La prima regola dell’economia è che un oggetto vale quanto il valore che gli diamo. Per questo gli appassionati (e gli speculatori) delle aste tradizionali sono disposti a pagare milioni di dollari per un paio di occhiali di plastica da mercatino delle pulci se li ha indossati Elton John nel suo primo concerto. Ed è esattamente così anche quando l’oggetto non si può toccare con mano ma è composto semplicemente da un codice caricato nella blockchain, il registro informatico che ne garantisce la creazione, l’identificabilità e l’unicità. Finché genera scambi, attrae l’interesse degli investitori e fa da calamita per grossi capitali, allora ha senso. Non solo, in questo periodo di mercati instabili, per molti (compresi gli oligarchi russi in cerca di una via di fuga per salvare i loro capitali) ha rappresentato un rifugio.
In quest’ottica acquista più senso la notizia di un’opera digitale battuta all’asta per 69 milioni di dollari. Si tratta di Everydays: the first 5000 days, realizzata dall’artista Beeple con 5mila micro immagini, per un totale di 21.069 per 21.069 pixel.
NON È UNA BOLLA
Sempre meno analisti pensano si tratti di una bolla. O meglio, lo sarà in parte. Probabilmente spariranno le aste sulle scimmiette, subentreranno altre mode, verrà affinata la qualità dei prodotti da scambiare, creando nuovi servizi e contenuti. Ma il meccanismo resterà e crescerà. Gli esperti sono convinti che a breve tutti si renderanno conto di come gli Nft «siano i mattoncini del metaverso», la realtà virtuale in cui ci caleremo come oggi facciano con web e social. E probabilmente, come anni fa tutti siamo corsi a registrare un nostro profilo personale su Facebook o a prenotarci un dominio sul World wide web, così avremo un nostro portafoglio e una nostra identità digitale. Per acquistare Nft di quadri, musica, abiti e case.
«Oggi tutti vogliono avere il loro Nft – spiega Andrea Pantaleo, studio legare Dla Piper -. Dopo questo picco, in cui si trova di tutto, resteranno i progetti più meritevoli. Gli Nft si evolveranno e verranno usati anche nel mondo del credito, ad esempio per la gestione di prestiti, mutui e finanziamenti».
Fra un paio di anni anche la Bce sarà pronta con l’euro digitale, del tutto smaterializzato. E se è vero che 10mila persone sono già state assunte da Meta Platform in Europa per creare il metaverso, prepariamoci a una svolta totale, in cui trascorreremo gran parte del nostro tempo in un mondo 3D su cui finora abbiamo solo fantasticato con qualche film di fantascienza.
AVATAR GRIFFATI
I big della moda hanno già intuito le potenzialità della nuova dimensione. Nike è sbarcata nel Metaverso con una collezione di sneakers virtuali che, in solo 7 minuti, sono state vendute a quasi 3 milioni di euro senza poter essere indossate nella realtà. Il brand fa sul serio e ha appena acquistato Rtfkt Studios, compagnia specializzata nella realizzazione di Nft e sneakers digitali. Dolce & Gabbana ha realizzato un’intera collezione di abiti in token e l’ha venduta per 5,6 milioni di dollari. Idem le principali maison, che offrono ai clienti tour virtuali nelle boutique, accesso alle sfilate e benefit a cui si può accedere solo attraverso l’acquisto di Nft. Molto attesa è la prima virtual Fashion Week sulla piattaforma Decentraland dal 24 al 27 marzo, a cui parteciperanno grandi marchi come Dolce&Gabbana, Cavalli, Etro, Hogan, Elie Saab, Guo Pei, Tommy Hilfiger, Jacob&Co, Vogue Arabia, Dundas, Paco Rabanne.
Anche il mondo della musica sta facendo largo uso degli Nft. La Siae qualche anno fa ha stretto una partnership con Algorand, una piattaforma blockchain che ha portato alla creazione di più di 4 milioni di Nft.
REGOLE A MAGLIE LARGHE
Lasciando da parte il fascino stile videogioco del Metaverso, c’è da chiedersi come mai gli Nft stiano spopolando. «A differenza delle criptovalute – spiega Alessandro Martinelli, partner Dla Piper – per ora gli Nft non rientrano nella dichiarazione dei redditi. C’è ancora molta confusione nel settore e serve al più presto un intervento da parte del legislatore che regoli i token e disciplini il nuovo mercato. In Italia, oggi, eventuali plusvalenze spot conseguite da persone fisiche su Nft possono essere escluse da tassazione, come avviene per quelle occasionali su Ebay, ma un intervento normativo per gli operatori professionali è ormai necessario».
«Le istituzioni europee – spiega Andrea Pantaleo – stanno lavorando a un nuovo regolamento sulle cripto attività. Ci aspettiamo una bozza finale entro la fine del mese e l’entrata in vigore per l’inizio del 2025. Nel frattempo in Italia, il ministero dell’Economia ha approvato un decreto che prevede obblighi di reportistica antiriciclaggio sull’attività di scambio che saranno operativi da metà maggio».
Ora ogni Paese fa da sé. I Paesi Bassi trattano gli Nft come bene immateriale e il loro possesso deve essere riportato nella dichiarazione dei redditi. Germania e Regno Unito ritengono che possano generare redditi tassabili, ma devono essere dichiarati solo alcuni dei redditi e delle perdite generate dal Nft. La difficoltà sta nel classificare gli Nft: sono l’equivalente di un oggetto artistico? Sono da tutelare con copyright e diritto d’autore?
IL NODO SICUREZZA
Per ora chi vuole speculare ha ampio spazio per farlo. E, come avviene nelle aste, il rischio è che si creino sistemi in cui uno stesso venditore prima quoti un suo Nft (magari realizzato in un paio d’ore dal computer di casa) ad alto prezzo e poi punti a comprarlo trasformando in criptovalute denaro che potrebbe anche avere provenienza illecita. L’acquisto a volte avviene dal venditore stesso, ovviamente con un altro account, oppure da compratori collegati al venditore originario.
CHI SI RICORDA DI SECOND LIFE?
Nel mondo dell’immobiliare sta per iniziare una nuova corsa ai «terreni». L’Nft di una mega villa da mille metri quadrati, in costruzione a Miami, è all’asta da Sotheby’s. In maniera più evoluta sta per tornare la logica di Second Life. Chi se lo ricorda il mondo virtuale nato nel 2003? All’epoca le case si compravano in Linden dollar, in parecchi ci avevano investito. Perfino l’allora ministro Antonio Di Pietro, che organizzò una conferenza in 3D, era interessato a comprare un’isola. Cosa resta di quella prova generale di Metaverso? Immense praterie digitali deserte, nulla più. E pare che alcune aree vengano utilizzate per incontri hot. Ma, se l’applicazione si adeguerà al nuovo cambiamento, potrebbe avere la sua «seconda vita».
Maria Sorbi