la Repubblica, 20 marzo 2022
L’attacco di Mosca al ministro della Difesa Guerini
ROMA – La Russia attacca l’Italia. A parole, non a colpi di missili come fa con l’Ucraina, ma è tutto parte del medesimo conflitto. Ci saranno «conseguenze irreversibili» nei rapporti con Roma in caso di altre sanzioni occidentali, afferma il ministero degli Esteri di Mosca, citando per nome il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, a cui rinfaccia «gli aiuti chiesti a noi al tempo del Covid» e che definisce «uno dei principali falchi e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano». Un monito subito respinto «con fermezza» dalla Farnesina, che esorta piuttosto Putin a «fermare la brutale aggressione» contro l’Ucraina, e dal premier Mario Draghi che condanna «l’odioso paragone tra invasione e pandemia». La sortita russa sembra avere un chiaro intento: provare a dividere il governo italiano e l’Ue sulle sanzioni, attaccando un Paese particolarmente dipendente dal gas di Mosca, come è il nostro. Segno che le sanzioni stanno facendo male e che la Russia teme vengano ulteriormente inasprite. È Aleksej Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, a lanciare l’improvvisa offensiva contro l’Italia. Mosca sta lavorando a una risposta alle sanzioni “illegittime” degli Stati Uniti e dell’Ue, ha dichiarato ieri il diplomatico senza fornire dettagli. Citando la dichiarazione del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire sui piani della Ue per una «guerra economica e finanziaria totale» contro la Russia, Paramonov ha quindi affermato: «Non vorremmo che la logica di Parigi trovasse seguaci in Italia, provocando conseguenze irreversibili. Non vorremmo che l’Italia, sullo sfondo dell’isteria antirussa, abbia improvvisamente dimenticato i trattati e gli accordi bilaterali, la natura speciale dei nostri legami, la ricca storia secolare di relazioni e tradizioni, l’esperienza di successo della cooperazione, il significativo capitale accumulato di fiducia reciproca. Ci aspettiamo che a Roma, come in altre capitali europee, tornino in sé, ricordino gli interessi profondi dei loro popoli, le costanti pacifiche e rispettose delle loro aspirazioni di politica estera». Infine, Paramov ha tirato in ballo il sostegno della Russia all’inizio della pandemia, «quando abbiamo fornito all’Italia un’assistenza significativa», richiesta tra gli altri «dal ministro della Difesa Guerini», descritto come «un falco» e un «ispiratore» della campagna contro la Russia all’interno del governo italiano. «Non diamo peso alla propaganda, incoraggiamo invece ogni passo politico e diplomatico che metta fine alle sofferenze del popolo ucraino, l’Italia è a fianco dell’Ucraina e continuerà ad esserlo», è la replica di Guerini. «Mosca usa come propaganda di guerra perfino il Covid», commenta il segretario del Pd Enrico Letta sull’attacco personale al suo ministro. Pur senza citare espressamente l’Italia, sul tema è intervenuto anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: «La condotta occidentale conferma che questi paesi non sono affidabili come partner economici», ha detto riferendosi alle sanzioni dell’Occidente. Anche questa un’allusione al ricatto del gas. E un altro segno che le sanzioni stanno facendo soffrire la Russia.Enrico Franceschini• ROMA – «L’attacco di Paramonov a Guerini? Forse è un modo per cercare “quinte colonne”, per dividere la maggioranza Draghi», sospetta un veterano dell’Aula come Osvaldo Napoli, appena passato con Calenda. E in effetti le minacce al ministro della Difesa pronunciate dal direttore del dipartimento europeo del governo russo – invettiva che cita solo l’Italia – piombano a Roma mentre alcuni parlamentari, grillini ed ex, invocano un’improbabile video-call di Putin alla Camera per «compensare» il collegamento di Zelensky in calendario martedì. E mentre nella maggioranza, dai massimi vertici di Lega e M5S, affiorano dubbi, da un lato, nel caso di Matteo Salvini, sull’invio di armi di difesa all’Ucraina («sono in difficoltà sul voto», ha ammesso l’altro ieri il leader del Carroccio) e dall’altro sull’aumento delle spese militari appena varato a Montecitorio, col sostegno del gruppo pentastellato. «Ma è un messaggio sbagliato», è intervenuto Giuseppe Conte, rovesciando la linea del Movimento, che infatti è pronto a prodursi in una piroetta politica ora che il decreto Ucraina approderà a Palazzo Madama. I senatori grillini si preparano a votare all’opposto rispetto a quanto fatto dai colleghi onorevoli alla Camera: se sarà presentato un altro ordine del giorno per portare le spese militari al 2% del Pil, spiega Gianluca Ferrara, capogruppo M5S nella commissione Esteri al Senato, «sarebbe inopportuno votare sì, non è il momento di mettere sul tavolo decisioni del 2014. Ora gli italiani hanno altre priorità». Una giravolta che altri senatori 5 Stelle attribuiscono al «mancato coordinamento col vertice» da parte del gruppo di Montecitorio. Certo è che l’effetto cortocircuito è lampante. E getta un altro tizzone nel braciere del Movimento. «Le spese militari? È giusto aumentarle progressivamente, c’è un programma varato nel 2014», resta convinto Luca Frusone, deputato grillino e presidente della delegazione parlamentare alla Nato. «Parlare solo di acquisto di armi è semplicistico, si tratta soprattutto di assumere nuove reclute e di proteggerci sulla cybersicurezza. Non possiamo farci trovare impreparati». Anche nella Lega, dove le truppe filo-Putin sono “in sonno” per motivi di opportunità, dopo gli anni passati a tessere lodi sperticate del capo del Cremlino, si registrano malumori e segnali. Giovedì il 40% dei deputati non si è presentato al voto sul decreto Ucraina. E ieri uno dei pochi commenti di solidarietà a Guerini pronunciati da esponenti del Carroccio, cioè da Paolo Grimoldi, presidente della delegazione italiana dell’Osce, conteneva un passaggio non marginale: il ministro della Difesa, dice Grimoldi, «fa bene il suo ruolo», ma «se l’Italia attraverso esponenti del suo governo definisce Putin con aggettivi diffamatori, diventa difficile farlo sedere al tavolo» della pace. Una solidarietà con distinguo che trapela anche dai Fratelli d’Italia, benché schierati sulla linea atlantista da Giorgia Meloni. Il capogruppo Francesco Lollobrigida respinge «al mittente affermazioni fatte da chi è impegnato in un conflitto e usa toni alti», ma allo stesso tempo ritiene «sbagliati alcuni atteggiamenti tenuti dal governo italiano, in particolare le dichiarazioni del ministro di Di Maio», che aveva definito Putin peggio di un animale. Sarebbero queste parole, dice Lollobrigida, la «miccia che rischia di innescare un conflitto dialettico tra la diplomazia». E chissà se è un caso, ma nello stesso giorno dell’attacco russo a Guerini, FdI presenta un’interrogazione al ministro della Difesa che contesta la presunta «vendita alla Russia di mezzi blindati», ai tempi del governo Renzi e delle sanzioni per l’annessione della Crimea del 2014. Nel M5S la solidarietà a Guerini arriva da un pugno di parlamentari (Federica D’Ieni e Gianluca Ferrara) ma da pochi big: solo il capogruppo Davide Crippa, a parte i colleghi di governo Luigi Di Maio e Federico D’Incà. Conte, tra mille difficoltà, prova a tenere unite le truppe, a far passare il messaggio che nel Movimento l’ala filo Mosca sia marginale, all’angolo. Bolla la richiesta di invitare Putin alla Camera come «una sciocchezza». In questa fase, dice l’ex premier, «apprezzo quelli che stanno in silenzio».Lorenzo De Cicco