Robinson, 19 marzo 2022
Leggete oggi Dostoevskij
A dispetto di quanto sostenuto da occhiuti burocrati dell’Università Bicocca di Milano, l’insegnamento di Dostoevskij non solo non andrà censurato, ma semmai moltiplicato per dieci, per cento, per mille. Proprio per capire meglio i tempi oscuri che stiamo vivendo. Come indirettamente conferma un aureo libretto di László F.Földényi pubblicato anni fa dal Melangolo: Dostoevskij legge Hegel in Siberia e scoppia a piangere.
Dopo quattro anni di lavori forzati, nel 1854 lo scrittore russo viene trasferito come soldato semplice in Siberia e lì, con un amico, si trova a leggere Hegel. Quello stesso Hegel che, nelle sue lezioni sulla filosofia della storia, ha liquidato la Siberia in poche, lapidarie righe, mettendola sic et simplicter, al pari dell’Africa, «fuori della storia».
«Possiamo immaginare», scrive Földényi, «lo sbalordimento di Dostoevskij quando lesse queste righe al lume di una candela di sego. E possiamo rappresentarci la sua disperazione mentre realizzò che nella lontana Europa, per le cui idee era stato prima condannato a morte e poi esiliato, le sue pene non avevano alcun significato». Detta altrimenti: vivendo in un mondo considerato estraneo allo sviluppo storico, anche lui, di fatto, non esisteva più. Quantomeno per l’imperante sistema hegeliano: intenzionato ad indagare solo e soltanto quanto può essere normato, razionalizzato; ed espellendo, per contro, tutto ciò che segnala eccedenza, oscurità, incommensurabilità, mistero. E quindi anche, l’eventualità del “miracolo”. Guarda caso quello stesso miracolo invocato dal Dostevskij reietto della Storia. Che proprio attraversando l’inferno siberiano sperimenta sulla sua pelle la possibilità di redenzione. E si “vendica” di chi l’ha messo all’angolo, ricorda Földény, facendo parlare così il protagonista delle Memorie del sottosuolo: «…tutto si può dire della storia, tutto ciò che può venire in mente all’immaginazione più sregolata.
Una sola cosa non si può dire: che sia uno spettacolo ragionevole.
Alla prima parola vi si impiglierebbe la lingua».
Centosessanta anni dopo queste parole risuonano quanto mai attuali. Ogni tentativo messo in atto da una presunta razionalità sovrana di espungere ciò che risulta alieno e inintelleggibile, non ha – in tutta evidenza – prodotto un progresso nell’ordine mondiale. E così, chi non crede al miracolo divino, difficilmente potrà trovare rifugio in una filosofia della storia teleologicamente orientata.