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 2022  marzo 19 Sabato calendario

LEGA-MI DIFFICILI DA SPEZZARE – DOPO LA COLOSSALE FIGURA DI MERDA IN POLONIA SALVINI, CHE CONDANNA A PAROLE L’INVASIONE DI PUTIN, TENTENNA SULL’INVIO DI ARMI A ZELENSKY: ALLA FINE LA LEGA PARE VOTERÀ SÌ AL DECRETO, MA I MALUMORI DEI FILORUSSI DEL CARROCCIO IN PARLAMENTO AUMENTANO –  ANCHE NEL PARTITO DI  “GIUSEPPI” CONTE C'E' MARETTA. LUI PARLA DI “GENOCIDIO”, MA TRA I SUOI C’È CHI VUOLE BOICOTTARE IL COLLEGAMENTO DI ZELENSKY A MONTECITORIO: “INVITIAMO PURE PUTIN PER CONTROBILANCIARE…” -

Mentre una pattuglia di grillini ed ex grillini spinge per una mossa senza precedenti, cioè invitare in video-call alla Camera nientemeno che Vladimir Putin, per «controbilanciare » il collegamento di Volodymyr Zelensky fissato per martedì alle 11 a Montecitorio, nella Lega si moltiplicano i malumori sull'invio di armi italiane all'Ucraina, ora che il decreto è in arrivo al Senato. Il primo a parlare di «difficoltà» nel votare il provvedimento, appena licenziato dalla Camera col sostegno del Carroccio, è Matteo Salvini, che intervistato ieri da Bruno Vespa alla fiera di Verona si è detto convinto che «la soluzione non sia mandare armi».

L'ex ministro dell'Interno, ormai formato pacifista dopo gli anni passati a celebrare Putin, si dice «preoccupato dalla voglia di guerra di qualcuno». Riferito non al Cremlino, ma ai colleghi di maggioranza che sostengono gli aiuti alla resistenza di Kiev. Non è l'unico nella Lega a pensarla così. Anche Simone Pillon è dubbioso, ammette: «Concordo con Salvini. Forse più che inviare armi a una delle parti in guerra dovremmo accreditarci con entrambe per negoziare la pace. Il voto? Leggerò con attenzione il decreto e poi deciderò parlandone col capogruppo ».

Dall'entourage di Salvini spiegano che la linea non è cambiata. Che insomma alla fine, nonostante le «difficoltà», voterà sì. Altri potrebbero non seguirlo. Il deputato Vito Comencini del resto si è detto pronto a partire alla volta del Donbass. Un collega di scranno, Alex Bazzaro, ha contestato perfino le sanzioni economiche alla Russia. Non è un caso che nel voto di giovedì a Montecitorio il gruppo della Lega sia stato quello con più assenti: 37, oltre il 40% dei deputati. A riprova dei contorcimenti che agitano il sottobosco leghista, ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia, pur condannando l'aggressione russa, ha attaccato Biden per avere definito Putin un criminale di guerra. Parole bollate come «non concilianti e inopportune».

Nel Movimento, Giuseppe Conte prova a serrare le file: condanna il «genocidio» di Putin, anche se definisce «sbagliato» aumentare le spese militari in questa fase. Ma nel partito c'è maretta. Nicola Grimaldi, uno dei 4 deputati grillini che non ha votato sì al decreto Ucraina, l'altro ieri, intervistato da Repubblica , ha invocato una par condicio aggredito- aggressore, in diretta tv da Montecitorio: «Bene Zelensky in collegamento, ma invitiamo anche Putin».

Trovata appoggiata dal collega Davide Serritella, altro astenuto M5S sul decreto: «Invitare Putin alla Camera - sostiene - è una proposta di buonsenso, possiamo incalzarlo». Scaccia però l'etichetta di «putiniano», come ha fatto Gabriele Lorenzoni, pentastellato che vorrebbe sentire «la campana della Russia» perfino sul bombardamento dell'ospedale di Mariupol. Altri 5 Stelle pensano di boicottare il collegamento di Zelensky, peraltro evento storico (alla Camera era capitato due volte, con Juan Carlos e Giovanni Paolo II).

Enrica Segneri fa sapere che non ci sarà: «Non è oppurtono». Nelle chat grilline aveva contestato l'intervento del presidente ucraino anche la deputata Valentina Corneli. La seduta sarà aperta ai senatori, in testa la presidente Elisabetta Casellati. E nel M5S si chiedono se si affaccerà o no Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri, note simpatie putiniane, costretto a disdire l'accordo col parlamento russo che aveva promosso nel 2019. Disdetta con giallo, perché la mail spedita a Mosca è stata di fatto secretata.

Anche in Forza Italia c'è chi non vuole Zelensky sul maxi-schermo, come Veronica Giannone, che ha votato no al decreto Ucraina insieme al neo-azzurro Matteo Dall'Osso. Particolare: entrambi sono stati eletti col M5S. Come Gianluigi Paragone, oggi senatore di ItalExit, che dice: «In Aula né Putin, né Zelensky». È la galassia post-grillina la più combattiva: Elio Lannutti dichiara, come Putin, che per l'Ucraina guerreggiano «battaglioni neonazisti». Mentre un'altra ex M5S, Bianca Laura Granato, applaude all'iniziativa di Grimaldi: «Giusto ascoltare in Aula anche Putin, per sentire le due campane».