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 2022  marzo 19 Sabato calendario

Intervista a Troy Kotsur


«La nomination? È come se avessi ricevuto una laurea ad honorem alla carriera dopo tante fatiche». In attesa di capire come andrà la sera del 27 marzo, dove I segni del cuore (CODA), della regista Sian Heder (dal 21 marzo su Sky Cinema Uno), si presenta con tre candidature (anche miglior film e migliore sceneggiatura originale), Troy Kotsur, 53enne dell’Arizona, sta facendo collezione di premi come attore non protagonista: Bafta, Saga, Spirit Awards, Critic Choice Award, solo per citarne alcuni. È la prima candidatura mai ricevuta da un attore sordo, il precedente è la vittoria di Marlee Matlin (nel film sua moglie Jackie), per Figli di un dio minore. Il film è il remake della fortunata commedia francese La famiglia Bélier.
Lì c’era Paula, genitori e fratello sordomuti, unica di casa a sentire e parlare, e dotata di un talento straordinario per il canto. Qui siamo a Gloucester, in Massachusetts, i Rossi sono pescatori e Ruby (Emilia Jones) – una CODA, ovvero Child of Deaf Adults, figlia di genitori sordi – vive lo stesso conflitto: seguire la sua passione o essere di supporto alla famiglia? Il suo più grande alleato è il padre Frank, Kotsur, che – racconta al Corriere via Zoom, supportato da un interprete che traduce le nostre domande nella lingua dei segni – ha una storia opposta.
Quale?
«Ero l’unico membro sordo della mia famiglia, ho due fratelli maggiori che sentono. Mio padre, quando ha scoperto che ero nato sordo ha imparato il linguaggio dei segni in maniera perfetta. Quando ero già grande ha avuto un incidente, è rimasto paralizzato: come famiglia abbiamo fatto di tutto per supportarlo. Un giorno mi ha detto: devi prendere la tua strada, non ti preoccupare per me, fai quello che devi. Ho pensato a lui creando il personaggio di Frank. Ma non solo».
A cosa altro?
«A me come padre, oggi. Ho una figlia di 17 anni, l’anno prossimo so che dovrò lasciarla andare. Non sono pronto, ma è giusto così».
Ne «La famiglia Bélier» gli attori recitavano la parte di sordomuti ma non lo erano.
«Sono grato ai produttori francesi di quel film, è stato un seme piantato che ha messo in moto un processo. Il successo ha spinto a osare ancora di più, e questo ha portato la regista a ricercare una maggior autenticità e la scelta di scritturare attori non udenti».
Heder, che firma anche la sceneggiatura, ha imparato il linguaggio dei segni. Come avete lavorato sul set?
«Sian è una persona di gran cuore, molto sensibile alla nostra cultura che ha voluto rispettare il più possibile. Per esempio, nell’allestimento della casa dei Rossi. Le persone che sentono si siedono una accanto all’altra, noi sordi cerchiamo di stare in circolo per comunicare meglio coi segni, così abbiamo dovuto risistemare l’arredamento. Ha accolto diversi miei suggerimenti».
Ero molto giovane quando arrivò sugli schermi «Figli
di un dio minore»
La protago-nista
era Marlee: un bellissi-mo esempio da seguire Adesso recito
accanto a lei
Lei è anche sceneggiatore e regista teatrale, con il National Theatre of the Deaf e il Deaf West Theatre di Los Angeles. Ha diretto un film, «No Ordinary Hero: The SuperDeafy Movie». Non perde occasione per scherzare (ma non troppo): ai Bafta si è candidato come James Bond sordo.
«Sì, amo le battute, i giochi di parole. Nelle scene con Marlee abbiamo anche improvvisato. Recitare con lei è stata una gioia. Quando avevo 17 anni ho visto il primo film con interprete sordo, era Figli di un dio minore e l’interprete era Marlee. Un bell’esempio, mi ha spinto a credere che un giorno ce l’avrei fatta».
Il successo de «I segni del cuore» che impatto avrà?
«La tecnologia ha migliorato tantissimo la vita delle persone sorde. All’epoca del cinema muto non c’era differenza, anche un sordo poteva godere di Charlie Chaplin, il sonoro ci ha esclusi come audience. Abbiamo dovuto lottare per avere film sottotitolati. Ora la tecnologia aiuta, e questo film sarà importante, ne sono sicuro. Anche per noi attori».
Tornando al film, chi sono i Rossi?
«Vivono dell’attività di pesca di Frank, dipendono molto dalla figlia Ruby ma quando la musica arriva nella sua vita l’equilibrio si infrange. Il padre Frank cerca di non essere egoista. Quando va a vedere le prove del concerto prende coscienza del suo talento che intuisce dalla reazione del pubblico. Capisce che è proprio brava e spingerla a rinunciare vorrebbe dire toglierle una parte importante di sé».
I Rossi hanno origini italiane.
«Bello eh. C’è una scena in cui Marlee mi chiede cosa vuoi per cena, stavamo improvvisando e io ho detto: spaghetti. È il mio cibo preferito, anche se vengo dall’Arizona».