Corriere della Sera, 19 marzo 2022
La strategia di Biden
Tre settimane di guerra, vissute all’interno dell’amministrazione Biden. Come si sono mossi gli americani? Che cosa ci dobbiamo aspettare ora dal presidente degli Stati Uniti? Qui proviamo a ricostruire le fasi essenziali, sulla base di notizie e indiscrezioni raccolte a Washington.
La prima sequenza risale all’alba del 24 febbraio, l’inizio dell’invasione. I servizi di intelligence militare seguono il blitz delle forze speciali russe che cercano di occupare l’aeroporto di Hostomel, poco lontano da Kiev. La lettura immediata è che i militari putiniani vogliano conquistare uno scalo strategico per fare affluire altre truppe. Ma, poco dopo, il Pentagono si rende conto che l’obiettivo principale di quell’azione era un altro: catturare e forse anche uccidere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Il passaggio
L’iniziativa, però, fallisce. Da quel momento il dipartimento di Stato comincia a fare pressioni su Zelensky e gli offre il famoso «passaggio» per portarlo al sicuro: a Leopoli o addirittura in Polonia. Zelensky rifiuta e, anche se lo scopriremo più avanti, cambia direzione alla guerra. I generali americani ragionano su scenari molto cupi: l’avanzata di Putin sarà travolgente, la difesa ucraina verrà spazzata via. Il 5 febbraio il capo di Stato Maggiore Mark Milley aveva dichiarato in un’audizione al Congresso: «Kiev cadrà in 72 ore se ci sarà un’invasione dei russi su larga scala». Quella previsione tiene banco al Pentagono e alla Casa Bianca per diversi giorni anche dopo il 24 febbraio.
In realtà né i generali né l’intelligence si aspettavano un’azione militare dei russi così inefficiente. E tutti sono rimasti sorpresi dalla capacità di resistenza degli ucraini. A quel punto, siamo già agli inizi di marzo, il dipartimento della Difesa comincia a rivedere gli scenari iniziali. Resta ancora prevalente la convinzione che alla fine l’armata putiniana riuscirà a conquistare la capitale e probabilmente anche l’intera Ucraina. La Casa Bianca decide di spingere soprattutto sulle sanzioni e di puntare, parole di Biden «sulla sconfitta strategica di Putin». Vale a dire: il leader russo coglierà una vittoria effimera sul campo, ma il suo sistema collasserà per effetto delle restrizioni economiche e dell’isolamento internazionale.
La svolta
Ma, a poco a poco, prende quota un’altra ipotesi: Putin non riuscirà a soggiogare tutto il Paese, anzi non sarà in grado di prendere neanche Kiev. In parallelo lievita il «fattore Zelensky»: il presidente ucraino mobilita la popolazione civile e diventa un credibile punto di riferimento per la resistenza. Cominciano ad arrivare le armi con flussi copiosi e con più rapidità.
Gli Stati Uniti spediscono il meglio dell’arsenale militare. Missili anti carro e anti aereo, strumenti ad alta tecnologia. Ma attenzione: il Pentagono fornisce solo armi per la difesa; non per organizzare un eventuale contrattacco. Sono i giorni del «pasticcio dei Mig 29», gli aerei che la Polonia vorrebbe consegnare agli ucraini, passando, però, dalla base americana di Ramstein in Germania. Biden dice di «no»: si rischia la «terza guerra mondiale».
E così eccoci all’ultima settimana. Tra sabato 12 e mercoledì 16 marzo, il presidente Usa mette in campo altri aiuti militari per 1 miliardo di dollari. Ma, ancora una volta, solo ordigni per contenere, respingere gli attacchi dei russi. Ora il punto, l’ultimo gradino dell’escalation, è capire se gli americani decideranno di dislocare anche mezzi per lanciare una controffensiva e cioè: artiglieria pesante, carri armati, blindati.
L’allarme
L’intelligence segnala con allarme crescente che Putin starebbe pensando di ricorrere alle armi chimiche o biologiche. A questo punto non viene escluso neanche il ricorso alle bombe nucleari. E qui è necessaria una precisazione: i generali americani pensano che i russi non farebbero uso di testate da distruzione planetaria. Il pericolo è che potrebbero utilizzare atomiche con un raggio d’azione ridotto. Una fonte fa un riferimento washingtoniano: «potrebbero distruggere un’area che va dal Lincoln Memorial al monumento a Washington». Vale a dire circa 1,2 chilometri. Ma è chiaro che l’impatto sarebbe comunque terrificante.
Come si muoverà ora Biden? Forse siamo nel momento cruciale della guerra. Il presidente americano ha alzato i toni, definendo Putin «un criminale di guerra». Però non fornisce agli ucraini i mezzi per provare a metterlo all’angolo. Probabilmente ritiene di poter ancora arrivare a una soluzione diplomatica, partendo da una situazione di stallo sul terreno. La speranza è che Putin si renda conto di non poter sfondare e, nello stesso tempo, di correre il rischio di una disfatta epocale. È il sentiero, molto stretto, che potrebbe portare a un compromesso.