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 2022  marzo 19 Sabato calendario

I 120 minuti di telefonata tra Xi e Biden


NEW YORK – Biden ha messo in guardia Xi dalle «implicazioni e le conseguenze, se la Cina fornisse supporto materiale alla Russia». Xi ha risposto che Washington e Pechino «devono assumersi la propria responsabilità internazionale e lavorare per la pace».
Lo scambio fra il capo della Casa Bianca e quello della Repubblica popolare, durato ieri due ore durante una videochiamata, non viene interpretato come una svolta per la guerra nel cuore dell’Europa. Biden spera che la “responsabilità” rivendicata da Xi significhi l’impegno a non fornire armi e soldi a Putin per massacrare i civili ucraini. Il rivale cinese però ne ha approfittato per lanciare avvertimenti su Taiwan, e ancora non è chiaro se nella sua mente prevalga la convenienza di tenere in piedi il sistema globale basato sulle regole che ha consentito al proprio paese di prosperare, oppure se la volontà di accelerare la sfida contro gli Usa sfruttando il vassallo russo sia ormai prevalente.
La conversazione è cominciata verso le nove del mattino di Washington. Due ore dopo, i primi a dare la loro versione sono stati i cinesi: «Il mondo – ha detto Xi – non è né tranquillo né stabile. La crisi ucraina non è qualcosa che avremmo voluto vedere. Conflitti e confronti non sono nell’interesse di nessuno». Fin qui tutto abbastanza ovvio, perché la Repubblica popolare ha un progetto di sviluppo, a partire dalla nuova Via della Seta, che non si giova di un conflitto nel cuore dell’Eurasia. Quindi ha aggiunto: «Dobbiamo guidare lo sviluppo delle relazioni Cina-Usa sulla strada giusta, ma anche assumerci le nostre dovute responsabilità internazionali per compiere gli sforzi per la pace e la tranquillità nel mondo». Qui le cose si complicano, perché si tratta di capire cosa intenda nella sostanza quando parla di responsabilità.
Durante le Olimpiadi di febbraio ha firmato un accordo di collaborazione con Putin «senza limiti», e da quando è cominciata l’invasione non l’ha mai chiamata col suo vero nome. Anzi, Pechino ha scelto un linguaggio ambiguo, ripetendo che la colpa della guerra ricade sulle provocazioni della Nato, colpevole di essersi allargata davanti ai confini russi, e di aver armato Kiev mentre Mosca schierava le sue forze al confine.
Una curiosa equivalenza, tra un presunto errore politico e un’invasione che sta facendo strage di civili. Ora l’intelligence americana è convinta che Putin abbia chiesto a Xi soldi e armi, per sbloccare l’offensiva impantanata, e se l’amico cinese lo accontentasse equivarrebbe a entrare in guerra al suo fianco, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe in termini di relazioni con l’intero Occidente.
Il leader di Pechino ha ribadito di essere contro le sanzioni, perché «sono le persone comuni a soffrirne. Se saranno potenziate, innescheranno anche gravi crisi nell’economia globale». Ha detto che «la priorità assoluta è continuare il dialogo e i negoziati, evitare vittime civili, prevenire crisi umanitarie, il cessate il fuoco e la fine della guerra in Ucraina», ma poi ha aggiunto che «Stati Uniti e Nato dovrebbero dialogare con la Russia per risolvere i problemi della sicurezza di Mosca e Kiev».
Poi Xi si è concentrato sui propri interessi: «Alcuni negli Usa inviano segnali sbagliati alle forze dell’indipendenza di Taiwan, il che è molto pericoloso. Se la questione non sarà gestita adeguatamente avrà un impatto sovversivo sulle relazioni tra i due Paesi».
Un paio di ore dopo la Casa Bianca ha risposto così: «La conversazione si è concentrata sull’invasione non provocata dell’Ucraina da parte della Russia. Il presidente Biden ha delineato le opinioni degli Usa e dei nostri alleati e partner. Ha dettagliato i nostri sforzi per prevenire e poi rispondere all’invasione, anche imponendo costi alla Russia». Quindi «ha descritto le implicazioni e le conseguenze se la Cina fornisse supporto materiale alla Russia, mentre conduce attacchi brutali contro città e civili ucraini. Ha sottolineato il suo sostegno a una risoluzione diplomatica della crisi». Il resto ha riguardato tensioni già esistenti: «I due leader hanno convenuto sull’importanza di mantenere aperte linee di comunicazione, per gestire la competizione tra i nostri due paesi. Il presidente ha ribadito che la politica su Taiwan non è cambiata e gli Usa continuano a opporsi a qualsiasi modifica unilaterale dello status quo».
Poco dopo la portavoce Psaki ha sintetizzato così il colloquio: «Abbiamo chiarito nei dettagli le conseguenze, senza fare richieste. Ora tocca alla Cina decidere».