Federico Rampini per il “Corriere della Sera”, 19 marzo 2022
“SI CERCA UN'INTESA CON LA CINA PER ISOLARE MOSCA” – FEDERICO RAMPINI E IL CAMBIO DI STRATEGIA DI BIDEN: “L'ARGOMENTO AMERICANO È FORTE PERCHÉ FA LEVA SULL'EQUIVALENTE FINANZIARIO DELL'ARMA NUCLEARE: LA SOVERCHIANTE EGEMONIA DEL DOLLARO. LA CINA È UNA GROSSA AZIONISTA DELL'ECONOMIA GLOBALE, HA IMMENSI INTERESSI IN OCCIDENTE, DOVE TROVA I SUOI PRINCIPALI SBOCCHI COMMERCIALI. NON HA INTERESSE AD APPIATTIRSI SULLE DISSENNATE AZIONI DI PUTIN E …” - DAGOREPORT -
C'è stata una correzione di rotta nella strategia americana verso i due grandi rivali, Russia e Cina. Ancora pochi mesi fa una corrente di realisti della geopolitica consigliava a Joe Biden di ricucire con Vladimir Putin per sottrarlo all'abbraccio cinese. La telefonata di due ore fra il presidente americano e Xi Jinping segnala l'approccio opposto: si cerca un'intesa con la Cina per isolare Mosca. La Casa Bianca non si fa troppe illusioni sull'aiuto di Pechino.
Però spera di spostare Xi su posizioni di neutralità vera, non fasulla. L'argomento americano è forte perché fa leva sull'equivalente finanziario dell'arma nucleare: la soverchiante egemonia del dollaro. Il messaggio di Biden è chiaro. La Cina è una grossa azionista dell'economia globale, ha immensi interessi in Occidente, dove trova i suoi principali sbocchi commerciali. La Pax Americana le ha consentito un trentennio di crescita spettacolare.
Ora l'economia cinese subisce uno choc energetico, un rallentamento della crescita, e una diffidenza sempre più forte presso gli occidentali. Non ha interesse ad appiattirsi sulle dissennate azioni di Putin. Le aziende cinesi subirebbero danni enormi, se i loro affari con la Russia le mettessero nel mirino delle sanzioni occidentali, escludendole dal circuito universale del dollaro.
Xi è consapevole dei rischi che corre. Compie un esercizio di equilibrismo. Cerca di non chiudersi gli accessi all'economia globale. Ma non vuole tradire Putin a cui lo lega un rapporto stretto, cementato dalla comune analisi sulla debolezza dell'Occidente. Più crescono le difficoltà dell'armata russa in Ucraina, più i media di Stato cinesi smorzano i loro appoggi a Putin: forse è un segnale che Xi si sta cautelando.
Nel frattempo la Cina persegue un ordine mondiale alternativo. A cominciare dall'architettura finanziaria. È significativo il negoziato con l'Arabia Saudita, per convincere Riad ad accettare renminbi cinesi invece dei dollari, come pagamento per le forniture di petrolio. Il cammino verso una globalizzazione sino-centrica sarà lungo. La supremazia del dollaro non è soltanto un retaggio del secolo americano, un effetto collaterale della leadership militare ed economica dell'impero calante. Dietro l'accettazione del dollaro c'è l'affidabilità di uno Stato di diritto, la certezza delle regole, l'imparzialità dei tribunali.
I valori dell'Occidente, in questo caso, hanno una funzione rassicurante per tutti gli operatori economici. Il nuovo ordine internazionale che Xi Jinping ha in mente assomiglia a quello di Putin ed è in costruzione da anni. Se partiamo dalla guerra di Cecenia o dall'invasione della Georgia nel 2008, poi l'annessione della Crimea, infine aggiungiamo la distruzione dello Stato di diritto a Hong Kong, il quadro è chiaro. L'aggressione all'Ucraina è la tappa di un'escalation che vede Mosca e Pechino allineate per cambiare le regole del gioco. Già oggi il 30% del Pil mondiale coincide con regimi autoritari: lo zoccolo duro del nuovo ordine globale è consistente. Per l'Impero celeste di cui Xi è l'erede, si tratta di ricostruire sfere d'influenza che la Cina già proiettava oltre le sue frontiere più di duemila anni fa.
Ancor prima che le Vie della Seta prendessero quel nome, una presenza cinese raggiungeva Giappone e Corea, Sud-est asiatico, Oceano Indiano e Corno d'Africa. L'equilibrismo cinese consiste nel tenere un piede nei due mondi: continuare a trarre il massimo beneficio dalla globalizzazione americano-centrica, e intanto costruire quella che la sostituirà. La brutalità di Putin rende più ardua l'acrobazia, gli aut aut americani si fanno più pressanti. Xi non vuol dare per sconfitto il suo compare e alleato. Sulle forniture di armi cinesi all'armata russa?
Dice che sono di routine, non specifiche richieste per massacrare il popolo ucraino. Sull'effetto delle sanzioni occidentali, Pechino ricorda che il regime degli ayatollah in Iran è sopravvissuto ai tentativi di strangolamento economico. L'indebolimento oggettivo di Mosca si trasforma in opportunità. La Cina ha già firmato contratti per 118 miliardi di dollari di gas, ha fatto incetta di cereali russi, e gli investitori di Shanghai si avventano su aziende russe in liquidazione. L'esodo in massa delle multinazionali occidentali da Mosca e San Pietroburgo viene considerato un'opportunità per le loro concorrenti cinesi.
È in atto una colonizzazione che non dispiace a Xi, è la rivincita sul periodo in cui l'Urss dominava e «modernizzava» i compagni maoisti. Negli scambi fra Biden e Xi affiora costantemente una richiesta cinese: l'America smetta di voler cambiare il sistema che governa Pechino. È uno dei tratti che uniscono Xi a Putin: la certezza che Washington vuole rovesciarli, aizzando «rivoluzioni arancioni» nelle loro popolazioni. Un'analisi equilibrata rivela che si tratta come minimo di esagerazione, con una punta di paranoia. Altra caratteristica che appaia i due autocrati: dopo tanti anni di accentramento del potere e culto della personalità, i due sono circondati di yesmen.
Hanno una corte che li asseconda, chi osa criticare rischia il posto o peggio. In queste circostanze, avvistare e correggere gli errori diventa più difficile. Finora Xi ha sbagliato molto meno di Putin, ma neppure il suo equilibrismo è immune da rischi. Molto dipende da noi. Xi Jinping ha creduto che un attacco nel cuore dell'Europa avrebbe messo a nudo tutte le debolezze dell'Occidente, i suoi dubbi, la sua indecisione. Finora l'Occidente gli ha dato torto, ma i bilanci si fanno nel lungo periodo. Questa leadership cinese è convinta di avere il tempo dalla sua.