Avvenire, 18 marzo 2022
Caccia ai sabotatori
Sasha lo hanno preso mentre provava a nascondere decine di schede telefoniche ucraine. Nel suo anonimo appartamento da immigrato russo aveva attrezzato una postazione per restare in contatto con i suoi capi, conducendo la normale vita di un normale impiegato. Oleg invece viaggiava su un vecchio fuoristrada, di quelli che nella vasta campagna ucraina non insospettirebbero nessuno. Nel bagagliaio gli hanno trovato un puntatore laser. Secondo le forze speciali, con quell’aggeggio indicava da terra il bersaglio ai missili russi.
I “sabotatori” di Mosca sono il vero incubo della resistenza. Perché nessuno sa quanti siano e quale capacità operativa possiedano. In gran parte si tratta di agenti segreti che il Cremlino aveva dispiegato in quella che considera ancora la “piccola Russia”. «Sono ovunque, in tutti gli angoli, anche nelle regioni occidentali», ha affermato il ministro dell’Interno ucraino Denis Monastyrsky: «Sono presenti pure nelle regioni di Leopoli, Ivano- Frankivsk e Rivne». I primi dieci sono stati arrestati a Kiev sotto ai nostri occhi il 23 febbraio, il pomeriggio prima dell’invasione. Passeggiavano in tre gruppetti, distanziati tra loro, intorno Maidan, che vuol dire “piazza”, ma che oramai è universalmente riconosciuta come l’epicentro di rivolte e rivoluzioni. Quando i corpi speciali della polizia hanno caricato i russi su vecchi furgoni senza finestrini, dall’esterno tutti hanno potuto sentire le urla.
La mattina dell’attacco altri infiltrati, con indosso la divisa dell’esercito di Kiev, presero il controllo di due blindati ucraini, provando ad aprire un varco alle colonne di Mosca. Da quello che si sa, sono stati presi alcune ore dopo e fucilati sul posto. «Gli invasori russi continuano ad agire in modo insidioso nello spazio informativo: effettuano attacchi informatici, distruggono fisicamente i ritrasmettitori di segnali televisivi e radiofonici», lamenta lo Stato Maggiore delle forze armate ucraine. Intercettare gli infiltrati è complicatissimo. Le immagini che arrivano in queste ore raccontano di scantinati in cui sono nascosti computer, decine di trasmettitori criptati, telefoni cellulari con sim-card anonime. E alcune volte si tratterebbe di ucraini sul libro paga di Mosca.
Con il prolungarsi del conflitto e la distruzione di reti di comunicazioni mobile 3G e 4G, l’esercito russo vede ridotta la propria capacità di utilizzare telefoni crittografati. Il controspionaggio di Kiev, seguendo alcuni degli agenti in sonno attivati da Mosca nei giorni precedenti il conflitto, è riuscito a intercettare diverse comunicazioni, diffondendo su Internet alcune conversazioni nelle quali gli ufficiali russi ordinano di colpire anche obiettivi civili. È accaduto anche per la morte del generale russo Vitaly Gerasimov, un veterano molto rispettato: aveva preso parte alla seconda feroce guerra cecena, all’operazione militare russa in Siria e all’annessione della Crimea. In una comunicazione intercettata e diffusa dal servizio segreto ucraino (Ssu) uno 007 di Mosca da Kiev parla con il quartier generale dell’Fsb, l’agenzia di intelligence erede del Kgb. L’infiltrato chiede al suo capo se può parlare tramite il sistema crittografato «Era». Il capo risponde che «Era non funziona». I giornalisti di Bellingcat – che in passato avevano smascherato doverzi agenti segreti russi –, hanno confermato l’autenticità della registrazione e identificato la voce dell’ufficiale a Mosca.
A differenza degli altri prigionieri, le immagini dei sabotatori vengono quasi sempre mascherate. Secondo alcune fonti a Kiev questa decisione sarebbe stata presa per offrire loro una via d’uscita: avere salva la vita lavorando per Kiev e depistando i loro contatti moscoviti.