Corriere della Sera, 18 marzo 2022
Il dizionario dello zar
«Cari cittadini russi, cari amici». Cominciò così, la guerra. Ancora prima delle bombe su Kiev. Con un discorso andato in onda la sera del 21 febbraio, nel quale Vladimir Putin spiegava le ragioni di quel che sarebbe successo a breve in Ucraina. Da allora, ci siamo dentro. Passiamo le ore a immaginare scenari di pace, a illuderci per ogni spiraglio. Poi arriva lui, Vladimir Putin. Ogni volta fa terra bruciata. Quasi sempre con le stesse parole, che non lasciano spazio alla speranza. È arrivato forse il momento di comporre un piccolo dizionario del lessico putiniano di queste ultime tre settimane. Perché ci potrebbe servire anche nel prossimo futuro, purtroppo.
Non la più minacciosa delle sue espressioni, ma una delle più importanti. Nella sua personalissima interpretazione della storia, la Grande Madre Russia è uno spazio spirituale ingiustamente spezzettato in tanti Stati diversi da Lenin e dalla rivoluzione del 1917. Per Putin, Russia e Ucraina sono lo stesso popolo, e il muro che si è innalzato tra loro è una disgrazia. Lo spazio spirituale comune è la password per giungere alla negazione di qualunque identità del popolo ucraino.
Secondo Putin, l’Ucraina è una nazione governata da nazisti, che attentano alla vita della popolazione filorussa del Donbass, quindi va denazificata. È un modo per cercare una legittimità storica all’invasione in corso. Nel 2020, è stata creata una vera e propria dottrina di Stato, che si basa su un patriottismo portato all’estremo, secondo il quale la Russia è l’unica nazione ad avere sconfitto i nazisti, dopo che le debolezze occidentali avevano consentito a Hitler una avanzata inarrestabile. Il concetto di denazificazione non significa la sconfitta di quella ideologia, ma è solo la sconfitta dei nemici della Russia, che per definizione sono tutti nazisti.
Nella cosmogonia di Putin, non esiste insulto peggiore. Quando si rivolge ai militari ucraini invitandoli a prendere il potere, perché «con voi sarebbe più facile trovare un accordo che con questa banda di tossici», pone il governo di Kiev al livello più basso della sua personalissima scala evolutiva. Il disprezzo di Putin per i tossicodipendenti si riflette sui metodi disumani usati nei loro confronti in Russia, dove l’eroina è peraltro una piaga sociale.
È uno degli insulti più comuni che riserva alle autorità ucraine, e uno dei più misconosciuti da noi. Deriva da Stepan Bandera, fondatore dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, collaborazionista, complice del massacro di migliaia di ebrei polacchi. A Putin non sfugge certamente il fatto che Bandera fu assassinato nel 1959 a Monaco di Baviera da un agente del KGB russo. Anzi.
Molti traditori si stanno mostrando. Lasciano il lavoro o sono puniti dai tribunali Così la Russia è purificata
Può sorprendere, ma è il vocabolo più utilizzato da Putin durante le apparizioni pubbliche. Dietro questa parola si cela un punto fondamentale della sua strategia. Le minoranze russe fuori dai confini nazionali diventano un pretesto per rivendicare l’unità della nazione. Difendere i russi. Anche se nessuno li minaccia. E mantenere così la Russia in uno stato di eccitazione patriottica permanente.
Putin ha definito così quel che secondo lui è accaduto nei territori secessionisti filorussi dell’est ucraino. La prima volta che Putin usò questo termine fu nel 2008 per giustificare l’intervento in Georgia al fine di «proteggere dal genocidio» la popolazione russofona dell’Ossezia del Sud. «Andiamo in soccorso dei nostri fratelli». Tale e quale. Nel 2008 e nel 2022.
L’ormai celebre «discorso della vittoria», apparso online per errore la mattina del 27 febbraio, contiene un passaggio illuminante. «Questo è un conflitto tra la Russia e l’Occidente. La Russia non ha solo lanciato una sfida, ha dimostrato che il dominio occidentale è ormai finito». Bentornata, guerra fredda.
Si tratta di un nuovo arrivo. E non riguarda l’Ucraina. Mercoledì sera Putin ha parlato delle necessità di fare pulizia in casa. Ieri mattina il suo portavoce, Dmitrij Peskov, ha rifinito il messaggio. «Molti stanno mostrando la loro essenza: sono traditori. Svaniscono dalle nostre vite. Alcuni lasciano il lavoro o si trasferiscono all’estero. Altri invece vengono puniti dai tribunali. È così che la Russia viene purificata».
I presunti traditori non sono persone. Vengono definiti come moscerini, da sputare e schiacciare come quando entrano in gola. Si chiama disumanizzazione. Putin usa questa tecnica da sempre. Già all’inizio del nuovo secolo definiva «vermi» o «agnellini» gli oligarchi ribelli. Mai esseri umani. Sono nemici. Quindi animali, o insetti.