La Stampa, 17 marzo 2022
La fashion blogger Veronika temuta dal Cremlino
Il Comitato d’indagine della Federazione Russa ha iscritto nel registro degli indagati il primo nome di una persona incriminata in base alla nuova legge sulle «fake news dirette a screditare le forze armate russe». Stranamente, a meritarsi questo onore non è la redattrice del Primo canale tv Marina Ovsiannikova, balzata sotto le telecamere del telegiornale serale con il manifesto «No alla guerra». La magistratura russa ha ritenuto più pericolosa un’altra giovane bionda con un account Instagram, Veronika Belozerkovskaya, una food-fashion blogger da 900 mila follower. La sua pagina, Belonika, è piena di piatti, vestiti, gattini, paesaggi, fiori, beneficenza, e violente denunce della guerra contro l’Ucraina. Parla di vergogna per il suo Paese, dell’odio per i «cannibali con le fauci insanguinate», della disperazione per i connazionali «resi zombie dalla propaganda russa», dei bambini morti a Mariupol, della necessità di aiutare gli ucraini, e del disprezzo per quelli che «parlano di luce e di pace mentre siamo tutti all’inferno». Post che ora la giustizia russa qualifica come «diffusione di notizie palesemente menzognere sull’utilizzo delle forze armate russe nella distruzione di città e popolazione civile dell’Ucraina, bambini inclusi, nel corso della realizzazione dell’operazione militare speciale sul territorio del suddetto Stato».
Che la campagna contro i sostenitori del «suddetto Stato» sarebbe partita proprio da una blogger di Instagram, appena oscurato in Russia (ma il blocco viene aggirato facilmente dagli utenti che si sono installati un VPN), è una nuova svolta surreale di un regime ormai orwelliano. Vladimir Putin ieri in tv ha denunciato la «quinta colonna» di russi che «con la mente sono di là», cioè in quell’Occidente che secondo lui «ha come obiettivo distruggere la Russia», quei russi filoeuropei che sarebbero «pronti a vendere la madre per entrare nell’anticamera di quella che considerano una razza superiore». Parole violentissime che attingono dalla tradizione più nazionalista della Russia, e che Putin specifica non essere rivolte a chi «ha una villa a Miami, e non può vivere senza il fois gras, le ostriche o le cosiddette libertà gender». Il reato è «pensare come di là», «non essere con il popolo russo», e questa riedizione della propaganda sovietica che amava accusare i dissidenti di essersi «venduti» in cambio di prodotti alimentari dei quali i cittadini ignoravano perfino il sapore appare più tragica che comica, perché segna la calata di scure finale su tutto quello che si discosta dalla linea ufficiale.
I russi che condannano la guerra sono almeno un quarto, perfino secondo i sondaggi ufficiali, e quelle decine di migliaia di russi – secondo alcune stime, addirittura 200 mila, tra cui la blogger Belonika – che sono fuggiti nelle ultime tre settimane dimostrano che il dissenso è diffuso.
Ma Vladimir Putin parla di «unità del popolo», e per garantirla alla Duma si torna a parlare di privare della cittadinanza gli oppositori e i dissidenti, o almeno di proibire il loro rientro in patria. Putin ha definito i dissidenti «feccia e traditori», che i veri patrioti della Russia «sputeranno sul marciapiede», e resta soltanto da vedere quali forme prenderà il processo di «autopurificazione della società» che invoca. La Costituzione russa proibisce esplicitamente di togliere la cittadinanza ai russi, una punizione inflitta in epoca sovietica ai dissidenti costretti all’esilio forzato, ma i richiami al diritto appaiono ormai totalmente superati dagli eventi, e la giustizia russa fa sapere che potrebbe dichiarare Veronika Belozerkovskaya ricercata internazionale per i suoi pericolosi post su Instagram.
Il presidente della Duma Vyacheslav Volodin ha chiesto intanto una punizione esemplare per Marina Ovsiannikova, «con tutto il rigore del momento», ed è evidente che la redattrice che dopo anni di propaganda ha sfidato le bugie della televisione non si limiterà a pagare la multa di 230 euro che le è stata inflitta finora. La magistratura russa sta svolgendo verifiche per incriminarla per «discredito dei militari»: rischierebbe da un minimo di tre a un massimo di quindici anni, ma ha annunciato di non avere intenzione di fuggire dalla Russia, anche se adesso prova paura «per la mia vita, e quella dei miei due figli».