la Repubblica, 17 marzo 2022
Piovono lacrime sui campi da tennis
Non ci resta che (smettere di) piangere. Piovono lacrime sui campi da tennis. Singhiozza con il viso nascosto nel braccio del servizio Victoria Azarenka, bielorussa, finalista nel 2021, 33 anni a fine luglio, ex numero uno del mondo. Si blocca dopo un doppio fallo sul 2-2, si inginocchia, piange disperata, anche se la applaudono. Ha perso il primo set, perderà anche il secondo contro Elena Rybakina, russa naturalizzata kazaka. In più Vika (è il suo soprannome) si cancella da tutti gli account social dove era molto attiva. È madre di Leo, figlio nato nel 2016, per il cui affidamento ha smesso per un anno di giocare, dato che per vincere la causa in tribunale a Los Angeles contro il suo ex non poteva allontanarsi dalla California.
Azarenka è una combattiva, ha lasciato la Bielorussia a 15 anni, ma lì vive ancora la sua famiglia. Nel match d’esordio a Indian Wells ha lanciato un messaggio di pace, in chiaro contrasto con il suo governo che appoggia Putin. Ma ha un peccato, una ripetuta cordialità con il presidente Lukashenko, non proprio un democratico, che è un appassionato di tennis e l’ha ricevuta tempo fa trattenendola per sette ore a parlare di gioco.
«Mia madre credeva mi avesse sequestrata», ha scherzato lei. In più nel 2012 dopo il suo successo agli Australian Open ha ricevuto la Medaglia della Patria, una delle onorificenze più importanti, riservata fino a quel momento agli eroi di guerra più che agli atleti. Lo stress emotivo della tennista sembra dovuto alle accuse e agli insulti sui social che chiederebbero prese di posizione più nette sulla guerra. È quello che vuole anche Nigel Huddleston, sottosegretario del ministero dello sport inglese, per accettare la presenza a Wimbledon dei partecipanti russi e bielorusssi.
«Vogliamo la garanzia che non siano sostenitori di Putin». Ora il russo Medvedev che vive a Montecarlo si è già pronunciato apertamente contro la guerra. Cosa altro devono fare lui e Azarenka? Mandare a quel paese Putin? Donare armi agli ucraini? Giocano a tennis, a livello individuale, è la loro professione.
Sparano colpi con le racchette, non risulta abbiano mai fatto propaganda. Se vanno a Wimbledon è perché se lo sono meritato. Cosa vogliamo imporre: un giuramento anti-zar? La fotocopia di quello che hanno votato alle elezioni? Pretendiamo una caccia alle streghe 53 anni dopo lo sbarco sulla luna?
Diverse sono le lacrime di Naomi Osaka, giapponese di passaporto, lei si definisce «asiatica nera», che sempre a Indian Wells ha giocato (male) e ha perso con la russa Kudermetova. Naomi si è sentita offesa da alcuni insulti. «Capisco perché le sorelle Williams hanno disertato questo torneo per 14 anni». Colpa del tifo razzista. Gli altri colleghi le hanno espresso solidarietà, ma l’hanno invitata a reagire. Il francese Monfils: «Voi vedete la superstar, però ha solo 24 anni, spero trovi la pace interiore». Il britannico Murray: «Nel calcio chi batte un rigore sotto la curva avversaria viene insultato, anche se è sgradevole noi atleti dobbiamo essere capaci di gestire la situazione». Lo spagnolo Na dal: «Mi dispiace, ma niente è perfetto nella vita, bisogna sapere affrontare le avversità». Jesse Owens nel ’36 a Berlino ai Giochi di Hitler non pianse per il clima ostile nazista. Niente lacrime, solo quattro ori.