la Repubblica, 17 marzo 2022
Biografia di Nikolaj Patrushev (il suggeritore di Putin)
Il colloquio di ieri tra Nikolaj Patrushev e Jake Sullivan è tre volte degno di nota. Non solo è stato il primo scambio formale d’alto livello tra Russia e Stati Uniti dal lancio, il 24 febbraio, di quella che Mosca chiama “operazione militare speciale” in Ucraina, ma molti osservatori segnalano che non c’è mai stato vertice russo- americano, come l’incontro tra Vladimir Putin e Joe Biden a Ginevra, che non sia stato preceduto da consultazioni tra il segretario russo del Consiglio della sicurezza e il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Usa. Infine, Washington sa che riferire qualcosa a Patrushev significa riferirla a Vladimir Putin. Il leader del Cremlino e il capo del Consiglio di sicurezza non solo parlano la stessa lingua, ma si capiscono al volo. Il loro sodalizio parte da lontano. I due condividono lo stesso anno di nascita, stessa città natale, stessi studi, stesso passato nel Kgb, ma soprattutto la stessa idea di un “mondo multipolare” e la stessa idea del posto che la Russia debba occupare in questo mondo.
Classe 1951, nato a Leningrado, dal 1974 membro degli organi di sicurezza, Patrushev fa parte a tutti gli effetti della cosiddetta cerchia dei “siloviki” o “cekisti” (dal nome della prima polizia segreta Ceka): l’elite pietroburghese con un passato nell’intelligence o “nuova nobilità”, per citare il libro di Andrej Soldatov e Irina Borogan. Trascorre la sua infanzia sovietica tra gli echi del sinistro passato imperiale: vive in una kommunalka a pochi isolati dal Palazzo Jusupov, dove le guardie zariste diedero il veleno e spararono a Grigorij Rasputin. Frequenta la Scuola superiore N. 211 insieme a Boris Gryzlov, ex ministro degli Interni e deputato della Duma, e a Serghej Smirnov, a lungo vicedirettore dell’Fsb. E come Aleksandr Bortnikov, oggi a capo dell’Fsb, e suo fidato consigliere, e Serghej Naryshkin, direttore dell’Svr, i servizi di intelligence estera, si diploma in ingegneria, ma viene arruolato nel Kgb. A differenza di Putin, Bortnikov e Naryshkin, viene però mandato a studiare alla scuola di Minsk e non a quella di Mosca, ma più tardi si imbatte comunque nel cosiddetto “trio infernale”. Si dice persino che sia stato Patrushev a “scoprire” Putin: lo portò con sé quando venne nominato a capo del direttorato della Sicurezza interna della Lubjanka.
Non a caso, appena salito al potere, Putin gli ha riconosciuto il ruolo di secondo-al-comando cedendogli prima il direttorato dell’Fsb, quando nel 1999 salì al potere, e nominandolo poi segretario del Consiglio di sicurezza quando nel 2008 si avvicendò con Dmitrij Medvedev. E pur di tenerlo a sé ha fatto approvare alla Duma il cosiddetto “emendamento Patrushev” perché potesse restare in carica anche oltre il limite massimo di settant’anni. A differenza dei suoi predecessori, scrive Leonid Mlechin nella biografia “Putin, la Russia prima di tutto”, Patrushev non ha mai amato l’esercizio del potere. Mai in ritardo, dedito al lavoro, appassionato di stile libero, ma soprattutto di pallavolo (sport che pratica quattro volte a settimana con una maglietta col numero “13”), è sempre premuroso nei confronti dei suoi collaboratori. Ciò non toglie che sia a tutti gli effetti, come lo definisce l’esperto britannico Mark Galeotti, «l’uomo più temibile della Russia (con qualche esagerazione drammatica, ma non così tanto)». È il chiaro esempio, continua Galeotti, di come in Russia potere e influenza non siano sinonimi, e di come l’influenza politica possa essere più efficace del potere burocratico. «Patrushev è un falco influente, di cui Putin si fida. È di fatto un consigliere per la sicurezza nazionale che condivide, modella e interpreta la visione del mondo di Putin». È anche uno dei pochi, insieme al ministro della Difesa Serghej Shojgu e al capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov, che fosse a conoscenza della volontà del leader del Cremlino di lanciare un’offensiva in Ucraina. E persino di più: stando a fonti Usa di intelligence, sarebbe lui l’uomo che sussurra all’orecchio di Putin suggerendogli di continuare l’avanzata in Ucraina.