Corriere della Sera, 17 marzo 2022
La terza Coppa del mondo per Sofia Goggia
La sua terza Coppa del Mondo di discesa Sofia Goggia l’ha vinta da «sbalengata», termine «che certifica lo stato d’animo di chi è agitato e ha un mix di emozioni che fanno deviare dall’obiettivo». Alla libera delle finali di Courchevel-Meribel, dove doveva respingere il tentativo estremo di Corinne Suter di sorpassarla, è arrivata proprio così, a dispetto dei 75 punti di vantaggio: «Una brutta ultima prova, mentre Corinne era stata magistrale. Ho avvertito la tensione, martedì sera ho ritrovato l’equilibrio e ora dico che la pressione è il succo dello sport: c’è chi la regge e chi si fa schiacciare da essa. Io ho resistito». Sui social ha pubblicato una foto in cui stringe a sé il globo di cristallo: «Ti coccolo, mia terza bambina». Tre Coppe del Mondo di specialità come Federica Brignone, una in più di Isolde Kostner, la «liberista» eccellente che ha preceduto il fulmine di Bergamo.
Tutto è bene quel che finisce bene, anzi quello che nemmeno comincia. Quando Sofia è andata al cancelletto, con il pettorale n. 5, il trofeo – sequel di quelli del 2018 e del 2021 – era infatti già suo: Suter, scesa con il 3, era terza, quindi bocciata prima dall’aritmetica che le concedeva chance solo con un primo o un secondo posto. Lei non sapeva di essere una regina confermata e ha provato a mettere in pista quello che oggi può dare, «perché il fuoco lo fai con la legna che hai».
Dodicesimo posto, non un capolavoro («Non mi riconosco nella Goggia post-infortunio: ho dominato fino a gennaio, ma poi ho dovuto lottare fino all’ultimo, imparando a costruire anche da zero») nel giorno della vittoria numero 74 di Mikaela Shiffrin, felice anche perché il fidanzato, il norvegese Kilde, s’è preso la coppa della libera pur dando addio a quella generale, ormai nelle mani dello svizzero Odermatt (per inciso, sempre in discesa, l’Italia è terza con Paris). La metafora di Sofia è un treno che va a 200 orari: «Tutte noi siamo lanciate. Ma il mio convoglio s’è fermato all’improvviso: ho dovuto aggiustarlo, riavviarlo e riacciuffare le altre. Da Cortina in poi è stato logorante». È così la stagione delle delizie e delle croci («Quando dominavo sciavo in un certo modo; poi ho dovuto adottare un altro stile») ed è anche il tempo del bilancio. Vale di più l’argento olimpico o questo trofeo? «Per l’impresa in sé dico la medaglia: mi ha spinto oltre i limiti. Ma la coppa mi rammenta che, prima di farmi male, in libera ero imbattuta dal 2020».
Un’annata da sei successi, un secondo e un terzo posto, giudicata «con un 7 in pagella» (voto stretto, professoressa), si chiude con un fisico da riportare a lucido – niente superG oggi – e con riflessioni da fare «per capire come gestire meglio alcune situazioni». La terza «coppetta» finirà in libreria, dove Sofia aveva creato lo spazio per qualcosa di superiore: «Sì, avevo fatto un pensiero al trofeo assoluto. Ci riproverò. Che cosa mi manca per scavalcare Shiffrin, che si appresta a battere Vlhova pur avendo vinto meno del solito? La continuità, ma anche una tecnica più solida per compensare i momenti in cui la forma cala».
È un orizzonte da mettere nel mirino, nonostante tutto: «Non so se la stagione mi ha regalato più sicurezza, però alle sofferenze ha aggiunto le energie mentali per recuperare: ora sono in debito di forze. Magari sarò più sicura a posteriori: ho fatto cose grandissime in condizioni pessime e questo mi ricorderà chi sono».