Corriere della Sera, 17 marzo 2022
Bianca Balti ha congelato gli ovociti
La cosa più coraggiosa che ha fatto è stata congelare i suoi ovociti. O, come lo dice lei, «svincolare il mio sogno di maternità dagli umori di una relazione». È stato difficile. Anzi: «Un’esperienza terribile. Gli ormoni, le iniezioni, gli sbalzi d’umore, i litigi e la fine della relazione coincisero tutti nell’arco di poche settimane, un anno fa». E ha avuto un prezzo: «Decine di migliaia di dollari». Ma è stato il prezzo della sua libertà: «Sentendo di aver sprecato tre dei miei ultimi anni fertili al fianco di quest’uomo, l’indipendenza di cui avevo bisogno era quella riproduttiva». Perché alla fine, «se una donna non ha bisogno di un uomo per fare un figlio, allora non ne ha bisogno proprio per nient’altro».
Bianca Balti si è raccontata con sincerità nella sua newsletter (ci si iscrive dal suo profilo Instagram). Un passo in più per lasciarsi alle spalle un amore tossico con un uomo che si autodefiniva «benestante, sportivo, con un’educazione». Talmente educato da ripeterle: «Gli uomini ti si vogliono solo scop..., non vogliono fare famiglia con una che ha due figlie da due padri diversi». Mentre lui, beh, «non avrò mai un problema a trovare una donna».
Ho avuto bisogno di ritrovare la mia indipen-denza riproduttiva Ma spero sempre di incontrare un uomo che porti ricchezza nella mia vita
L’ingenuità di Bianca è stato credere che potesse avere ragione. Che davvero «lei» non meritasse l’amore di nessuno. «Pensai di essere profondamente sbagliata, forse addirittura malata. Andavo in terapia con l’obiettivo di farmi aggiustare. Volevo guarire per diventare finalmente la donna che lo avrebbe reso felice, che avrebbe voluto come madre dei suoi figli».
La confessione
A settembre ha raccontato di essere stata violentata e di aver perso due figli
Eppure i segnali che c’era qualcosa di storto, in quella relazione, aveva cominciato a sentirli. Come quella volta che lui confessò: «Ho persino detto a mia madre che voglio avere un bambino con te». Alla madre, prima che a lei. Lei che era un mero accessorio, evidentemente, di un progetto condizionato dallo stato d’animo del momento. Un giorno: «Sei la madre migliore che abbia mai conosciuto». L’altro: «Se ti comporti così, un figlio con te non lo faccio».
Sabato festeggio il complean-no nella mia nuova casa a Los Angeles, dove vivo vicino agli amici e alla scuola pubblica frequentata da mia figlia
Quando la sentiamo al telefono da Los Angeles, dove sabato festeggerà 38 anni e il primo compleanno della casa nuova, scelta vicino ai suoi amici e alla scuola pubblica frequentata dalla secondogenita Mia, le chiediamo subito dove ha trovato il coraggio di raccontarsi senza filtri. La voce arriva limpida: «Io ho avuto molte esperienze dolorose e negative. Se rimangono lì, restano esperienze negative. Ma nel momento in cui le condivido, diventano un’arma per le altre donne, per quelle che mi piace chiamare le mie “sorelle”».
La fiducia incrollabile del potere della condivisione è la stessa che l’ha spinta, lo scorso settembre, a rivelare in un TEDx (a Perugia) tutte le volte che è «quasi morta»: a 14 anni, quando subì le prime molestie, dopo che un ragazzo le fece bere una bottiglia intera di limoncello; qualche anno dopo, a una festa, quando il ragazzo che le piaceva la prese per mano, la portò in una stanza e la violentò; entrambe le volte che ha perso i bambini che portava in grembo; quando la primogenita Matilde ha deciso di andare a vivere con il papà; al fallimento dei suoi due matrimoni; tutte le volte che ha affondato nelle sostanze il suo dolore. «Il tema era la Fenice che risorge», va avanti per telefono. «Ho accettato di farlo perché credo moltissimo nel potere della condivisione. L’universo ti manda le cose quando sei pronta. Il Ted Talk, la newsletter, sono tutti modi per comunicare che non siamo sole: se ci sentiamo sole, ci nascondiamo nella nostra vergogna. A me è servito condividere per passare dal “non riesco a perdonarmi per aver fatto tutti questi errori” al “sono successi per farne qualcosa di utile”».
Crioconservare gli ovociti è stato un gesto simbolico: la rivendicazione della sua indipendenza. Ma aggiunge: «Credo ancora di poter incontrare un uomo con cui condividere il progetto di un figlio. Sono ottimista. Soprattutto, ho avuto la mia rivelazione: non ho “bisogno” di un compagno. Ora mi sento libera di entrare in una relazione sana con un uomo che arricchirà quello che già ho. E ho già tutto: una casa, due figlie, un lavoro, gli amici. La mia vita è bellissima».