Corriere della Sera, 17 marzo 2022
Il drappello di ex 5 Stelle che scambia le due Coree
A trarli in inganno, forse, vocali mancanti, un paio di consonanti raddoppiate, una pronuncia vagamente simile e un po’ di confusione generale sulla storia. E così un gruppo di senatori in prevalenza ex 5 Stelle, capitanato dal primo firmatario Elio Lannutti (già censurato per la bufala sui Savi di Sion), scambia la Corea del Sud per la Corea del Nord, una democrazia per una dittatura, Pyeongchang per Pyongyang; e dopo aver miscelato il tutto in un documento, lo spedisce al governo Draghi sotto forma di atto di sindacato ispettivo, nel quale chiede lo stop alla fornitura di armi all’Ucraina e l’annullamento delle sanzioni allo sport russo.
Nell’indignata interrogazione, il pacchetto di mischia – che, oltre a Lannutti, comprende anche l’ex ministra Barbara Lezzi e il presidente dell’Antimafia Nicola Morra – annota che «perfino la norma consolidata (anche se non scritta) che separa rigidamente la politica dallo sport è stata calpestata, portando alla decisione di escludere le squadre russe di club e nazionali, e singoli atleti, da tutte le competizioni internazionali». La prova che mostrano a mo’ di ideale pistola fumante, «tanto per mostrare l’assurdità di questa decisione», è che «l’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle Olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale grazie agli esperimenti nucleari che stava conducendo».
Le Olimpiadi invernali del 2018 si tennero sì in Corea, con la partecipazione di tutti gli stati del mondo occidentale; ma a Pyeongchang e non – come hanno scritto Lannutti e soci – a Pyongyang. Analogie e differenze: tolti i 288,80 chilometri di distanza (suvvia, neanche troppi) e due popolazioni decisamente asimettriche (Pyongyang fa più di tre milioni di abitanti, Pyeongchang appena 43 mila), Pyeongchang sta nell’occidentalissima Corea del Sud, Pyongyang è la capitale della Corea del Nord. Nella prima ci sono i McDonald’s e la Coca-Cola; nella seconda il temibilissimo dittatore Kim.
Lo «strafalcione coreano» è tale da far impallidire persino lo «scivolone cileno» sulla storica vittoria del tennis italiano in Coppa Davis. «Il boicottaggio – scrivono i senatori – non accadde nemmeno quando l’Italia andò a giocare la finale di Coppa Davis nel Cile di Pinochet fresco di golpe». Ora si potrebbe discutere di cosa intendessero per «fresco»; di certo, tra il golpe di Pinochet (1973) e la vittoria di Panatta e compagnia (1976) ci sono tre anni.
Non fosse per la sacrale cornice di Palazzo Madama, in cui è maturato il documento, sembrerebbero espedienti da vecchio film di Totò. Come La legge è legge, in cui il «Principe della risata» litigava col vicino di casa interpretato da Fernandel, che abitava però al di là del confine tra Italia e Francia; oppure Totò e Peppino divisi a Berlino, in cui Antonio La Puzza (Totò) e Peppino Pagliuca (Peppino De Filippo) faticavano a prendere confidenza con la città appena divisa dal Muro. Immaginare Lannutti a Berlino negli anni Settanta, in effetti, fa venire i brividi. Chi gli avrebbe spiegato che la Repubblica Democratica Tedesca, capitale Berlino Est, era quella non democratica delle due Germanie?