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 2022  marzo 15 Martedì calendario

C’è la guerra, ma Bruxelles chiede di “ridurre il debito”


Niente è ancora deciso, siamo ancora alla guerra di posizione, ma lo schieramento dei Paesi “falchi” (come sempre ispirato e guidato dalla Germania) manda un altro segnale all’Europa dopo l’ultimo board della Bce: si deve andare verso la normalizzazione delle politiche fiscali e monetarie. Che ci sia una guerra in corso, i cui effetti sull’economia europea saranno da drammatici a disastrosi pare non rilevare, almeno a leggere gli “Orientamenti sul bilancio” partoriti ieri dalla riunione dei ministri delle Finanze dell’Ue.
Per capire il livello dello scontro che sta dietro le formule tecniche basta mettere in fila le dichiarazioni ufficiali. Questo è Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, entrando all’Eurogruppo: “La Commissione aveva previsto una crescita del 4% per quest’anno a livello europeo e questi numeri non sono più realistici” e “l’incertezza totale nella quale siamo dal punto di vista economico di fronte a questa guerra rende l’idea di tornare semplicemente alle regole precedenti (quelle del Patto di Stabilità, ndr) un’idea irrealistica”. E ancora: “Lo scenario di stagflazione (alta inflazione, bassa o nulla crescita, ndr) può essere affrontato ed evitato se reagiamo in modo forte e rapido insieme, come abbiamo fatto per il Covid”. Pochi minuti e davanti ai cronisti si presenta il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner: “Questo non è il momento giusto per prendere una decisione in merito alla proroga di un altro anno della sospensione delle regole sui conti pubblici”, bisognerà aspettare almeno le previsioni di primavera di Bruxelles.
Definite le squadre, è iniziata la riunione e questo è il comunicato finale: la situazione è incerta e va monitorata, per carità, ma “i fondamentali economici dell’Eurozona sono solidi” e adesso “è necessaria una differenziazione delle strategie fiscali tra gli Stati membri”. Nel merito: “Più in particolare, nell’ottica di preservare la sostenibilità del debito, negli Stati membri con un debito pubblico elevato, concordiamo sull’opportunità di avviare un graduale aggiustamento fiscale per ridurre il proprio debito pubblico, se le condizioni lo consentono”. Non solo: “Questo aggiustamento dovrebbe essere inserito in una strategia credibile a medio termine, che continui a promuovere gli investimenti e le riforme necessarie per la doppia transizione e a migliorare la composizione delle finanze pubbliche”. Tradotto: se l’Italia e altri chiedevano la proroga della sospensione del Patto di Stabilità e un’azione comune forte per reagire al dramma in arrivo, l’Eurogruppo si chiude con un invito (all’Italia soprattutto) a tornare a una moderata austerità e con un rinvio di ogni decisione sul ruolo dell’Ue in questa nuova crisi: “Le nostre politiche fiscali devono rimanere agili e flessibili e siamo pronti ad adeguare la nostra posizione politica alle mutevoli circostanze, se necessario”.
Ovviamente, niente vieta che con le prossime stime economiche (a metà maggio) l’orientamento a Bruxelles cambi, ma questo è il secondo pizzino che i falchi del rigore mandano agli Stati periferici europei in pochi giorni: ritengono sia arrivato il momento di tornare al business as usual delle politiche economiche. Il primo pizzino, sorprendente, era arrivato dalla riunione del board della Bce di venerdì, dopo il quale Christine Lagarde aveva confermato l’avvio della fine delle politiche espansive e un possibile rialzo dei tassi a fini anti-inflattivi. Una mossa che, unita alle incertezze di politica fiscale comunitaria venute fuori a Bruxelles e al tempo che si va perdendo, può persino peggiorare una situazione già pessima.
Anche sul fronte del caro-energia non pare che ci sia unità d’intenti tra i governi dell’Ue. La richiesta italiana di porre un tetto comunitario al prezzo del gas sembra finita nel dimenticatoio, come pure l’idea di agire sulle linee guida dell’Iva (che è l’unica tassa “europea”) per attenuare l’effetto del costo di elettricità e gas su famiglie e imprese: lavorare sull’Iva, ha detto ieri il ministro tedesco Lindner, “necessita di molto tempo, quindi penso che un aiuto mirato, ad esempio sotto forma di sconto” sulla benzina “come quelli che Francia e Germania potrebbero mettere sul tavolo, sia lo strumento più agile nell’attuale crisi”. E l’Italia dovrebbe farlo magari dando un occhio al debito, che va ridotto.