la Repubblica, 15 marzo 2022
Biografia di Yang Jiechi
Che il supercapo della diplomazia cinese, l’uomo che il presidente Xi Jinping ha designato per tracciare le linee e unire i puntini della sua politica estera – Yang Jiechi “la tigre”, come lo soprannominò Bush senior quando gli faceva da interprete in Tibet – prenda un aereo da Pechino per volare a Roma e incontrare l’americano Jake Sullivan è un segnale importante. Certo, l’incontro era in programma da mesi, per rimettere sui binari un rapporto tra le due superpotenze che è ai minimi storici, ma la crisi ucraina ha accelerato il da farsi. Soprattutto ora che la Cina è pressata proprio da Washington e dall’Occidente intero affinché prenda una posizione. Che dia un segnale, insomma, di un reale coinvolgimento che superi la linea portata avanti dal segretario generale Xi. Nonostante l’importanza dei colloqui, secondo molti analisti non si tradurranno, almeno nell’immediato, in qualcosa di concreto. Xi, e il fidato Yang lo sa, ha bisogno di tempo per – sempre che ne abbia interesse – riposizionarsi.Le posizioni sono chiare, commenta a Repubblica Shi Yinhong, professore di Relazioni internazionali all’Università Renmin di Pechino. «L’amministrazione Biden ha avvertito la Cina che qualsiasi assistenza economica sostanziale per ridurre le enormi difficoltà della Russia dovute alle sanzioni non sarà tollerata». Così come non lo sarà l’invio a Mosca di armi: indiscrezioni smentite da Pechino come «disinformazione ». «La Cina ha espresso riserve limitate, anche se crescenti, sul comportamento della Russia. Ma continua a sostenere la sua partnership strategica con Putin e si oppone alle sanzioni». E continua a fare da cassa di risonanza alla propaganda del Cremlino. «Sia Yang che Sullivan avranno le mani legate, per ora».A che gioco sta giocando Pechino? «La Cina sta mirando a un atto di bilanciamento», racconta Yun Sun, direttrice del China Programme allo Stimson Center. «Se l’Ucraina risulta essere un’opportunità per la Cina per far leva sugli Usa e forzarli ad una certa cooperazione, Pechino ci salterà su. Questo non significa che la Cina abbandonerà la Russia. Ma significa che se gli Usa sono disposti a ricambiare alcune richieste cinesi, l’interesse di Pechino nel mettere più pressione su Mosca aumenterà. La Cina potrebbe offrire sostegno in tal senso, ma aspetterà dei segnali chiari in cambio di un qualche tipo di reciprocità», sui dossier che dividono Washington da Pechino, dazi e Indo-Pacifico in primis. Le prossime mosse cinesi? Per Wang Huiyao, consigliere del governo, «Pechino ha l’intenzione di accodarsi alla mediazione. Ma non si possono solo mettere sanzioni e dire che la Cina deve fare di più: la Cina deve anche capire che cosa ci guadagna». L’uomo giusto è proprio Yang. Direttore dell’Ufficio della commissione centrale degli affari esteri e membro del Politburo, già ministro e ambasciatore a Washington, e un legame con l’America che risale agli anni ’70. Spesso molto duro (come al vertice di Anchorage di un anno fa che finì prima ancora di cominciare) sa però come parlare agli americani. Lo scorso ottobre Yang e Sullivan si chiusero per sei ore in un hotel in Svizzera: un incontro che mise le basi per la videochiamata tra Xi e Biden il mese successivo.