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 2022  marzo 15 Martedì calendario

Ricordi di Simonetta Stefanelli

Simonetta Stefanelli ha abbandonato il cinema presto, cristallizzata per sempre nel volto bellissimo e ingenuo della sedicenne Apollonia che, nel Padrino, è la giovane sposa siciliana di Michael Corleone, seduce Al Pacino e seduce il mondo, mentre il film di Francis Ford Coppola batteva il record di incassi di Via col Vento, vinceva tre Oscar e si avviava a diventare uno dei tre film più belli della storia, stando alle principali classifiche di cinema. Oggi, è una splendida 67enne che vive in campagna fuori Roma, fa la nonna, dipinge «quadri molto allegri», scrive poesie, non rilascia interviste da decenni e fa un’eccezione solo per i 50 anni di quel capolavoro uscito il 15 marzo 1972. Nel film, la sua uccisione è la ferita che spinge il riluttante Al Pacino a tornare a New York prendere le redini della famiglia e del clan. La mezz’ora di cui Apollonia è protagonista è indimenticabile, ma, dopo, il cinema non è stato generoso con lei. Si è sposata con Michele Placido, ha cresciuto tre figli, Violante, Brenno e Michelangelo, ha divorziato, si è ritirata a vita privata. 
Quanto era consapevole di girare un film che stava facendo storia? 
«Ero completamente ignara. Non sapevo chi fossero Coppola e Al Pacino, conoscevo solo Marlon Brando, ne ero pazza. Quando mi offrirono la parte e mi dissero che il padrino era lui, pensai a uno scherzo. Né lui era sul set in Sicilia. Non mi accorsi di niente, girai per una settimana, fu una cosa lampo: io vedo Al Pacino, lo sposo, vengo uccisa. Non avevo idea di che altro ci fosse nel film». 
Come fu scelta? 
«Avevo 16 anni, stavo su un set ad Assisi e si presentò un aiuto regista di Coppola. Mi scrutò come se mi facesse le radiografie, poi disse: tu domani parti per Taormina, ne ho già parlato ai tuoi agenti e a tua mamma. Mi sono trovata su un aereo con solo le pagine del libro di Mario Puzo sul mio personaggio e che non capivo bene, perché Apollonia era un po’ smaliziata sull’amore mentre io ne ero a digiuno, non avevo mai avuto una storia. Il giorno dopo, stavo già girando l’incontro in campagna con Al Pacino». 
E Al Pacino le piacque? 
«Non mi sembrò bello, non mi fece effetto. Me lo presentarono solo il secondo giorno. Si sedette davanti a me, io tenevo gli occhi bassi, stavo zitta, lui zitto. Gli dico: tu parli italiano? E lui: una mano lava l’altra e tutte e due le mani lavano la faccia. Finita lì. Coppola, invece, era gentile, era con la famiglia, con Sofia nel passeggino, mi diceva di seguire l’istinto e non mi diede mai una riga di copione». 
Neanche per la famosa scena della prima notte di nozze? 
«Lì non c’era neppure mia mamma: ero nervosa, l’avevo mandata via. Nessuno ci aveva detto come fare. A me scivolò la bretella della sottoveste, mi si scoprì il seno e Coppola impazzì e volle fare la scena così. Poi, andai a vedere il film con la mia famiglia, pagando il biglietto, e mi vergognai da morire». 
Pagando? E i tappeti rossi? E gli Oscar? 

«Niente, non c’era neanche il mio nome sulla locandina, ci rimasi male. E non conobbi mai Brando». 
Perché dopo non fece altri film importanti? 
«Erano tempi diversi, io avevo iniziato a 13 anni, fermata per strada da uno che lavorava a Cinecittà, non avevo grandi manager o produttori e non c’erano film con bei ruoli per le donne. Ne feci altri sul filone del Padrino, ma ero una bambina. In un’intervista, mi fu chiesto che pensavo della mafia e risposi: ma la mafia non esiste! Pensi quanto ero stupida... Feci un film in costume in Spagna e qui cominciava il filone sexy, non offrivano altro a una giovane attrice». 
Nel ’74, un quotidiano la definì così: «Con Ornella Muti ed Eleonora Giorgi è una delle tre moschettiere del nuovo filone erotico del cinema italiano». 

«Non lo sapevo, che ridere... la moschettiera! Avrebbero potuto dire di peggio. E ho pure rifiutato tante cose, standoci male: avevo fatto un film così importante e non interessava a nessuno». 
Dall’America non arrivò nulla? 
«La William Morris, la più importante delle agenzie internazionali, mi offrì un contratto ma così blindato che mi fu sconsigliato di firmare». 
A un certo punto, raccontò che suo marito Michele Placido le disse che la preferiva donna di casa. 
«Violante non era ancora nata, lui apparteneva a una generazione non avvezza alla libertà delle donne. Ci eravamo conosciuti nel ‘72 sul set del Caso Pisciotta di Eriprando Visconti, eravamo giovani e innamorati. Comunque, quando i figli aumentarono, non mi sembrò che stavo lasciando un granché di carriera». 
Oggi, come vive? 
«In pace, ho un compagno. Tutti i figli fanno gli attori, sono belli, bravi. Sto scrivendo il mio primo romanzo e scrivo poesie che tengo per me. Ne ho una che sembra perfetta per questo momento. S’intitola Il matto: il cielo terso e chiaro si macchia di lingue di fuoco polvere e rimbombi... Tanti uomini senza terra... Non c’è tempo, solo vento. Parole senza senso...”». 
Perché Il padrino è ancora considerato fra i film più belli? 
«Chi lo sa... la bellezza non è mai spiegabile con le parole».