Corriere della Sera, 14 marzo 2022
Biografia di Zaynab Dosso
L’Italia che corre veloce ha i capelli multicolor («Per il Mondiale di Belgrado sto studiando un look un po’ pazzo»), i tatuaggi («Un elefante che mi ricorda la mia terra natale, i fiori come simbolo di evoluzione, la scritta blessed sulla spalla») e le fibre nobili di Zaynab Dosso detta Za («E Dosso, mi raccomando, con l’accento sulla seconda o»), l’azzurra con l’inflessione emiliana che a Roma si allena nella corsia accanto al re di Olimpia, Marcell Jacobs. Letteralmente: «Lo stadio è il Paolo Rosi, lui ha il suo coach, Paolo Camossi, e io il mio, Giorgio Frinolli, ma ci si parla e ci si confronta in continuazione: è anche grazie alle dritte di Marcell che sono migliorata così tanto».
7”19 sui 60 metri a Lodz, in Polonia, eguagliando 39 anni dopo il primato italiano di Marisa Masullo; 7”16 per vincere gli Assoluti ad Ancona, seguiti a stretto giro dal meeting di Belgrado, sulla stessa pista del Mondiale che scatta venerdì, primo successo internazionale della carriera. Che sta succedendo Za? «Succede che Jacobs, la staffetta, Tamberi e i ragazzi della marcia in Giappone hanno dato la sveglia a tutti – spiega —. Potevo continuare a vivere l’atletica da mediocre, accontentandomi di risultatini, invece ho capito che volevo di più».
La storia di Zaynab Dosso, passaporto italiano dal 2016, comincia 22 anni fa a Man, in Costa d’Avorio. Il resto lo racconta lei dall’appartamento nel quartiere San Giovanni che divide con la collega sprinter Jo Herrera: «Papà è arrivato in Italia nel 2002, raccoglieva frutta e verdura a Napoli, poi si è spostato con un gruppo di compaesani a Reggio Emilia. Ha preso casa a Rubiera, dove oggi fa il metalmeccanico, mamma l’ha seguito e fa le pulizie, a ruota siamo venute noi quattro figlie: Fatumata, Khadija, io e Masami, la piccola. Quando papà ha chiesto la cittadinanza italiana io avevo già cominciato a fare atletica ma non potevo partecipare ai raduni federali». Decisivo l’intervento di Stefano Baldini, indimenticato oro nella maratona a Atene 2004 e a lungo responsabile dei giovani azzurri: «Stefano ha insistito: la ragazza merita. Nel frattempo mio padre aveva ottenuto il passaporto, ed eccomi qui».
Zaynab significa saggezza («È un nome del Corano che mi rispecchia molto»), una delle doti che le sono servite per fare il salto di qualità. A Rubiera era allenata dalla brava Loredana Riccardi, ma è a Roma che lo sprint è diventato realtà. «Questa non è più la vecchia atletica, i metodi sono cambiati, i programmi personalizzati, Frinolli è innovativo tanto quanto il coach di Jacobs. Con Marcell ci si punzecchia: io accelero, lui pure, ah mi copi? Le sue vittorie a Tokyo sono state un messaggio forte e chiaro. In Giappone ero riserva ma dentro di me è successa la rivoluzione».
Il cambio di marcia a gennaio («Dopo una sfilza di lavori in pista»), al raduno di Gran Canaria la conferma: «Lì ho visto che stavo proprio bene. A quel punto lo scatto c’è stato nella testa». Frinolli l’ha portata nelle Fiamme Azzurre, da lì in poi Za non si è più fermata e adesso punta dritta sul Mondiale indoor di Belgrado, dove – in vista della stagione estiva su 100, 200 e staffetta contro una concorrenza spietata – dovrà dimostrare di essere un’altra: «Non penso più in piccolo, ambisco alla finale contro americane e caraibiche. Sgomiterò per farmi notare». È Dosso la nuova Italia che avanza. Nel cuore gli idoli Didier Drogba («In Costa d’Avorio vale come il presidente della Repubblica») e Serena Williams («Una guerriera»), nei muscoli uno sprint che, nella nostra storia e nelle nostre gambe, non avevamo mai avuto.