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 2022  marzo 14 Lunedì calendario

Edith Bruck parla della guerra

Edith Bruck, che sentimenti prova di fronte a questa guerra?
«Mi è toccata ogni sorte. Mio padre ha vissuto la Grande guerra, io da bambina ho vissuto la Seconda. Da quando sono al mondo non vedo che guerre. Non solo l’Ucraina, anche le altre, che sono lontane ma ci riguardano sempre da vicino, perché tutto ciò che accade nel mondo ci riguarda. Ancora questi carri armati, questi morti e questo nonsenso. Detesto ogni tipo di guerra, dovunque sia. Da sessant’anni parlo nelle scuole, parlo per far capire che è tutto sbagliato, che non ci sono guerre giuste. Il cielo – per non dire Dio – ci ha dato la parola, dunque si può parlare, riconciliarsi, ma il mondo è pieno di odio…».
L’Europa mostra solidarietà verso il popolo ucraino.
«È vero che la guerra ha risvegliato la sensibilità, e tutti giustamente stanno a fianco dell’Ucraina, non c’è mai stata una solidarietà del genere, è molto bella, ma con altri popoli non è successo, nessuno ha mosso un dito, da tempo in Europa avanza il razzismo, un’ostilità verso altri profughi. Speriamo che adesso qualcosa abbiamo imparato».
Vede analogie con quel che ha vissuto lei?
«Non voglio sentire la parola Shoah, non c’entra niente. A noi è toccata la cosa peggiore, gli ebrei sono stati perseguitati in quanto ebrei, ed è una cosa che non assomiglia a null’altro, come diceva il mio amico Primo Levi. Milioni di morti, ho visto bambini congelati per terra a centinaia… La cosa in comune è che nessuno vuol morire, ognuno si attacca a un filo d’erba pur di non morire».
Come ha reagito all’idea di Putin sull’urgenza di «denazificare» l’Ucraina?
«È un’altra follia. Ci possono essere fascisti o filonazisti in Ucraina, come dappertutto purtroppo, anche in Italia o in Francia, ma sono una minoranza. È come se qualcuno dicesse che per far fuori Forza Nuova bisogna bombardare l’Italia: una follia che nasce da una menzogna totale».
Come spiegherebbe tutto questo ai ragazzi?
«Non bisogna mentire dicendo che domani finisce tutto, ma cercare di far capire che nel buio c’è sempre un’ombra di luce. Forse non può consolare una ragazzina di oggi, ma io sono stata deportata a 13 anni, eppure vedevo sempre un gesto di comprensione, qualcuno che mi chiedeva come ti chiami, un altro che mi regalava un guanto o un po’ di marmellata. Quando è venuto qui in casa mia, Papa Francesco mi ha elencato tutte le luci che ci sono nel mio libro…».
Ci sono valori che in queste circostanze valgono più di altri?
«Cose semplici. L’umanità, la vita, il pane. I giovani faticano a capire che la cosa più preziosa è la vita: la vita e il pane ce l’abbiamo, stiamo vivendo. Ma devono anche capire da che parte stare, capire che le guerre giuste non esistono, che siamo dotati di parole, e allora parliamo, parliamo».
E invece l’odio tra le parti sembra crescere.
«Io non so cosa sia l’odio, la vendetta chiama nuova vendetta, la rivalsa una nuova rivalsa, l’odio un nuovo odio, e non si finisce più… È questo il veleno del mondo. Dobbiamo solo aiutare la pace, non c’è altro. Questo devono fare i ragazzini, andare fuori, farsi sentire, urlare che le guerre sono il fallimento umano».
La storia non è maestra di niente, come diceva Montale?
«L’uomo più uccide e più muore dentro umanamente, i massacri alimentano i massacri. Più si uccide, più si continua a uccidere e più ci si suicida. Sa cosa succedeva il 27 gennaio 1945?»
Cosa succedeva?
«Il giorno in cui Auschwitz è stata liberata, i crematori hanno preso a lavorare più di prima, e da Bergen Belsen ci hanno costretti a fare più di mille chilometri a piedi verso la Sassonia. Andavano avanti a uccidere, ammazzare ammazzare, per una spinta malefica, anche se avevano già perso. Lo stesso accade ora: non credo che Putin vinca la guerra, tutti e due perderanno, ma i suoi soldati russi sono ragazzini immotivati, non sanno cosa fare, sono affamati, si impantanano, ma lui va avanti, va avanti, non si ferma, insiste, insiste, anche se per me ha già perso».
Qualcuno parla di follia…
«C’è una schizofrenia, sono uomini che si credono onnipotenti e sono malati di morte. Putin provoca e minaccia, ma ha organizzato molto male la sua guerra, pensava che bastasse un blitz perché gli ucraini alzassero le braccia. Hitler sì che era organizzato molto bene, con scienziati, medici, ingegneri, architetti».
Lei crede nelle mediazioni?
«Non si può parlare di pace mentre si bombarda, non è trattativa, è follia. Chi urla di più ha ragione, e dietro l’urlo c’è la menzogna. E la verità?»
Che soluzione vede?
«So che Olga, che è ucraina e vive con me da anni, non sarà d’accordo, ma bisogna cedere qualcosa, lasciargli prendere le due repubbliche autoproclamate, purché finisca il massacro. Bisogna fargli credere di aver vinto perché altrimenti non lascia. Tanto, fingono tutti… quindi fingiamo… Non c’è altro».
Olga ha il marito, la figlia e due nipoti di 8 e 6 anni a Leopoli. Cosa le dice?
«Piange piange piange, stravolta, disperata. Sta tremando da mattina a sera. Tutti al suo paese soffrono, le donne cucinano per i profughi, raccolgono le bottiglie per preparare le molotov, ma io penso ai due bambini: il trauma che vivono non lo dimenticheranno».
Suo marito, il poeta Nelo Risi, cosa direbbe se fosse ancora in vita?
«Nelo era un santo agnostico. Una volta ha trovato un topolino in bagno ed è rimasto mezz’ora lì dentro per convincerlo: esci, non capisci?, devi andare di là… Discussione surreale col topino per liberarlo. Con le mosche uguale».